Per descrivere le situazioni macroeconomiche che si sono configurate in questo 2022 non dico che dovremmo scrivere una nuova Divina Commedia, ma sicuramente ci sarebbe bisogno di un bel tomo. Come tutti i libri che si rispettino e che abbiano un riassunto sulla quarta di copertina, l’obiettivo di oggi è quello di ricapitolare quelli che sono i fatti più importanti e salienti di questo anno ormai giunto al termine. 

È fondamentale iniziare dal conflitto russo/ucraino scoppiato in febbraio: uno scontro che ha creato ripercussioni sociali pesanti e situazioni politiche altrettanto impegnative e che anche dal punto di vista economico ha creato non pochi sconquassi. La cosa che più ci colpisce è il discorso energetico, infatti tra chiusure di oleodotti-gasdotti e battibecchi politici sull’energia ci siamo trovati ad avere un aumento notevole del costo del gas naturale e di tutte le fonti di energia che servono per riscaldarci e per i nostri fabbisogni quotidiani. L’aumento del costo dell’energia ha ripercussioni sia sulla vita delle famiglie sia sulle imprese: se da una parte si riversa nel costo delle bollette, dall’altra si comporta allo stesso modo sulle valutazioni delle aziende. Il costo esagerato dell’energia potrebbe influire sulla produzione, e quindi sulle aspettative di risultato finanziario delle aziende, creando variazioni pesanti di prezzo sui mercati. Come tutte le crisi passate anche questa ha un’altra faccia: da una parte abbiamo avuto un aumento del costo energetico, dall’altra però abbiamo assistito a un’accelerazione delle strategie Green. Un passo importante, se non verso la liberazione, quanto meno verso la diminuzione della dipendenza dal petrolio e dal carbone; per non parlare delle notizie importanti che si sono diffuse sull’uso dell’idrogeno, sul nucleare di ultima generazione, sullo sfruttamento dell’eolico sino ad arrivare ai pannelli fotovoltaici installati direttamente sui balconi di casa.

La seconda situazione importante per questo 2022 si è rivelato l’aumento dei tassi di interesse, praticamente a tutte le latitudini. Le Banche Centrali hanno dichiarato guerra all’inflazione (di cui scriverò qui di seguito) aumentando rapidamente i tassi di riferimento. La prima evidente ripercussione di questo aumento l’abbiamo vissuta sui valori obbligazionari. I corsi delle obbligazioni sono scesi pesantemente, così come i valori dei titoli di Stato: vi siete mai chiesti il perché? Un’obbligazione emessa quattro anni fa che distribuisce una cedola del 2 per cento è appetibile se i titoli emessi oggi hanno una cedola dell’1 per cento e quindi il suo corso (prezzo) sale per chi la vuole acquistare: pago un po’ di più per avere una cedola più alta. Se viceversa i titoli oggi offrono il 3 per cento il corso scende: se vendo devo pagare perché qualcuno compri il mio tasso più basso. Se decidessimo di tenere il titolo in portafoglio vedremmo comunque una diminuzione del suo valore. Mantenere il titolo sino alla scadenza fa recuperare il capitale iniziale, rispettare la duration dei fondi obbligazionari ne riduce la possibilità di perdita.

La terza situazione da analizzare riguarda l’inflazione. Da dieci anni le Banche Centrali tentano di stimolare l’inflazione definita buona, cioè quella che permette l’aumento dei prezzi, ma anche l’aumento dei salari e quindi una situazione positiva per tutta la filiera. L’inflazione che si è paventata da inizio anno è stata molto più alta di quella buona: analizziamo insieme le cause di tutto. 

Marzo 2020: Emergenza Covid, fabbriche chiuse con zero produzione, cassa integrazione e aiuti spot che arrivano sui conti delle famiglie che, essendo chiuse in casa, non possono spendere immediatamente. Poi, con le successive riaperture post emergenza Covid, tutti volevano comprare, ma le fabbriche si sono trovate in difficoltà per la mancanza di materie prime. Il risultato che ne è scaturito è stato un aumento della domanda con lo svuotamento dei magazzini e a seguire poi la carenza delle materie prime (un esempio per tutti: i microchip per le automobili, con tempi di consegna prolungati a volte oltre i sei mesi). Tutta questa situazione ha portato a uno shock di domanda, cioè quando molti chiedono e pochi offrono; la conseguenza è che chi offre la cifra più alta si aggiudica il prodotto, così aumentano i prezzi e quindi l’inflazione.

Passiamo poi alla Cina: l’economia della potenza asiatica rappresenta la seconda economia mondiale, a poca distanza dalla vetta. Quest’anno anche loro però hanno dovuto affrontare qualche problema. Il Governo cinese ha istituito chiusure più o meno lunghe in molte regioni, perseguendo una politica Covid Zero, che ha influito notevolmente sull’economia. Le fabbriche chiuse, i porti con migliaia di navi pronte a scaricare e che non potevano attraccare per mancanza di personale, i capitani dei rimorchiatori che, chiusi in casa insieme al resto della popolazione, non potevano lavorare… Tutti fattori, questi, che hanno bloccato l’economia, portando il PIL reale a un risultato inferiore rispetto alle aspettative. Oltre alle chiusure causa Covid, anche i timori sull’immobiliare cinese hanno avuto ripercussioni: nelle ultime settimane il governo centrale ha comunque rassicurato un po’ i mercati, annunciando sostegni al settore. I mesi appena trascorsi ci hanno fatto vedere che, nel momento in cui le politiche Covid Zero si allentano, i mercati reagiscono in maniera sempre molto positiva. 

E dunque in tutto questo bailamme come ci si deve comportare? Cosa succederà da qui in avanti? La risposta alla prima domanda è sempre la stessa: nei momenti di burrasca bisogna mantenere gli investimenti tenendo la barra a dritta e al massimo, se si dispone di liquidità, fare versamenti aggiuntivi. Potrà sembrare il suono di un disco rotto, ma è un disco che si basa sull’esperienza: da sempre dopo una flessione di mercato si ha una ripresa; più la molla è compressa, più forte sarà il rimbalzo. “Ma questa volta è diverso!” è l’obiezione che alcune volte mi capita di sentire. Qualcuno di voi pensa di tornare al cellulare senza fotocamera? Non credo. Se il mondo progredisce, anche l’economia lo farà e di conseguenza i nostri denari; l’unica cosa da fare è avere pazienza e cogliere le occasioni. Per rispondere alla seconda domanda mi rifaccio invece a quello che affermano molti economisti: è più facile sapere dove i mercati saranno tra dieci anni piuttosto che tra sei mesi. Quello che succede in questi mesi influenzerà le scelte per i prossimi dieci anni. Se continuerà la guerra energetica si avrà un’accelerazione della green energy: seguire i trend può quindi fare la differenza in un’ottica di ripresa di valore. Ho già cominciato da anni a impostare i portafogli in un’ottica green e nel 2023 se possibile daremo una accelerata.

Auguro a tutti Voi di passare le festività con le persone più care e che il 2023 sia per tutti noi un anno con meno preoccupazioni e più momenti sereni.

PS. Se vuoi approfondire questi e altri temi iscriviti al mio gruppo Facebook e se già sei iscritto invita un tuo amico a farlo. E se vuoi leggere il mio libro “La Finanza dei Pomodori”

Tags:

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *