C’è la possibilità che l’aereo che prenderemo nei prossimi giorni cada? E che probabilità abbiamo che cada? Sono due domande lecite. Alla prima si risponde “sì”, alla seconda che la probabilità di morire per un incidente aereo è 1 si 11 milioni.

La probabilità è un parametro che possiamo misurare, la possibilità invece no. Purtroppo molto spesso ci basiamo sulla possibilità che le cose accadano, piuttosto che sulla probabilità. Un investitore chiede: “C’è la possibilità che il mio investimento scenda?” E basa la sua scelta su questo.

Non esiste nessun investimento che non abbia la possibilità di scendere. Un titolo di Stato disinvestito in un momento sbagliato potrebbe avere un controvalore inferiore: anche in questo caso la nostra pancia, cioè le nostre emozioni, ci fregano.

Nel momento in cui il 98 per cento dei clienti dell’azienda A ha dichiarato di essere soddisfatto del servizio, le nostre sensazioni diventano positive: se lo dice il 98 per cento vuol dire che è un’azienda affidabile. Viceversa, se alla domanda “che probabilità ho che il mio investimento scenda del 10 per cento?” la risposta fosse il 2 per cento, la sensazione che ne ricaviamo è quella di insicurezza.

Sui mercati esiste la Teoria del Cigno nero, cioè che un evento inaspettato possa creare una perdita sul valore dei titoli. Il cigno nero spesso viene teorizzato a posteriori, si dice cioè che l’evento che ha creato il cigno nero era prevedibile. Certamente a posteriori è molto più facile, ma prima che il fatto accada? La teoria sviluppata da Nassim Nicholas Taleb spiega che è data un’importanza sproporzionata a questi eventi, che sono molto rari e difficili da prevedere, tanto che non si riesce, proprio per la loro rarità, a calcolarne scientificamente la probabilità.

La paura che un evento accada può portarci a non fare scelte: il timore che una situazione avversa si possa presentare è sufficiente per non farci scegliere, anche se la probabilità che questo avvenga può essere insignificante, ancor di più se ne sappiamo poco; viceversa se abbiamo confidenza con una cosa, la probabilità che avvenga non ci spaventa: conosciamo la guida e sappiamo che è statisticamente elevata la possibilità di avere incidenti, ma non ce ne curiamo.

Spesso i consulenti finanziari usano parametri oggettivi per valutare il portafoglio dei clienti: ad esempio il VAR, che definisce quello che è il rischio di un portafoglio; la deviazione standard, che stabilisce come il portafoglio si comporta nel tempo; l’Indice di Sharpe e altri parametri. Tutti strumenti che stabiliscono il rischio di un portafoglio. Tutti questi strumenti sono inutili per il risparmiatore, che dà maggior risalto alla possibilità piuttosto che alla probabilità, perché non conosce e perciò è spaventato.

Questa dissonanza tra dati oggettivi e sensazioni quindi come può essere colmata? La conoscenza approfondita del cliente e delle sue emozioni diventa perciò fondamentale nelle scelte di investimento.

Il cliente che non fornisce al consulente finanziario tutte le informazioni relativamente ai propri obiettivi, denari e depositi, si comporta alla stregua del malato che si reca dal medico e omette di indicare i sintomi che sente.

Se vuoi sempre essere sicuro sullo stato di salute del tuo portafogli…

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