A novembre dello scorso anno, sempre tra queste pagine, mi domandavo: per ora in Germania … e quando da noi? Nell’articolo così intitolato commentavo il fatto che le banche tedesche avessero appena aumentato i costi sui conti correnti per far fronte all’ondata di liquidità sui conti stessi. Questo perché si tratta, di fatto, di una giacenza infruttifera oltre che per gli istituti anche per i clienti stessi, e quindi un costo.
Oggi anche in Italia si cominciano ad avere segnali sempre più importanti di una guerra al contante e alla liquidità. Nel mese di maggio Fineco Bank ha dichiarato che chiuderà tutti i conti con giacenza sopra i 100.000,00 € in mancanza di investimenti. Dal 1° luglio invece ING ha dichiarato la chiusura di tutti i suoi sessantatrè (63) sportelli ATM presenti sul territorio nazionale.
Perché tutto questo? Il denaro sui conti, come ho detto, non rende agli istituti di credito e ai clienti e le operazioni di sportello bancario sono un costo per le banche: ecco perché gli istituti stessi spingono affinché un numero sempre maggiore di operazioni sia fatta usando la tecnologia.
In un articolo apparso su Milano Finanza lo scorso 29 giugno si legge che in base a un report di Temenos, gruppo svizzero che lavora con 3.000 istituti e 1,2 miliardi di clienti, il 65 per cento dei manager bancari è convinto che entro il 2026 le filiali saranno morte. Intelligenza artificiale e cloud uccideranno infatti il sistema bancario tradizionale: quante operazioni già oggi si svolgono attraverso l’online o la firma su supporto tecnologico?A questa tendenza dobbiamo aggiungere le fusioni, i prepensionamenti, i famosi scivoli, la poca formazione dei neo inseriti e la frittata è fatta: ne scrivevo qualche tempo fa qui.
Sempre meno competenze e sempre più pressioni commerciali per vendere prodotti bancari: in tutto questo il cliente è solo una figura marginale e non quello che dovrebbe essere, cioè il centro del sistema. In tutto questo bailamme il cliente si ritrova quindi con sempre meno possibilità di ottenere una consulenza da parte della propria banca. A fronte di questa realtà, che per quanto triste sia non è altro che un segno dell’evoluzione dei tempi, la domanda sorge spontanea: quando si tratta di gestire il proprio patrimonio, qualsiasi siano le nostre possibilità e le nostre ambizioni, è ancora possibile restare senza un consulente finanziario?
Proprio oggi parlavo con una persona che mi ha candidamente confessato che, non avendo mai avuto grandi disponibilità, pensava di non essere cliente ideale per un consulente. Sono convinto invece, come ho già tra l’altro più volte scritto qui e altrove, che il consulente finanziario serva tanto a chi ha denaro quanto a chi deve formare un patrimonio: cambia solo l’approccio.
Sto seguendo un master in Finanza Comportamentale, perché è ormai indubbio che, in futuro, saranno sempre più i nostri atteggiamenti e non i Mercati a fare la differenza per i nostri risultati. Il consulente si sta trasformando sempre più in psicologo e confessore del cliente. Negli Anni ’50 del secolo scorso le tre figure chiave del Paese erano il banchiere, il sindaco e il prete: oggi abbiamo perso quasi del tutto questi riferimenti e il consulente può in parte ovviare a questa perdita.
Anche se non ce ne rendiamo conto, ogni giorno che passa la nostra vita cambia, così come cambiano le abitudini e i modi di vivere: adattarsi è un must. Pensare che le banche che stanno andando incontro a una rivoluzione possano essere le stesse vecchie banche che ci accompagnano da anni è un’utopia. La banca, come nei Paesi anglosassoni, sarà un fornitore di servizi, mentre per i nostri risparmi avremo sicuramente un consulente.
Se vuoi essere sorpreso dal treno dei cambiamenti che passa resta dove sei, se vuoi far parte del cambiamento…
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