Non sopravvivono i più forti, bensì coloro che si adattano meglio al cambiamento: questo costituisce il fulcro centrale della teoria di Darwin.

Come di consueto, i primi mesi dell’anno sono caratterizzati dagli incontri con le case di investimento e i gestori dei fondi, e quest’anno non fa eccezione. Recentemente ho partecipato alla presentazione di una rinomata società finanziaria che ha condiviso il  rapporto Einaudi sulla conoscenza in materia di  finanza degli italiani. Emergono dati interessanti: il 38% degli italiani conosce l’inflazione, l’altra faccia della medaglia ci dice che il restante 62% ne è all’oscuro.

Durante l’incontro sono stati esaminati anche i dati storici relativi alle diverse classi di investimento, da qui si è partiti per confrontare i rendimenti medi degli investitori italiani con quelli dei loro omologhi europei. Ciò che mi ha colpito maggiormente è la disparità nei rendimenti reali tra gli italiani e gli altri investitori europei.

L’indagine Einaudi rileva che gli italiani, di fronte all’incertezza, tendono a preferire i buoni del tesoro o a lasciare liquidità sui conti correnti, questo atteggiamento può essere in parte attribuito dalla mancanza di consapevolezza sull’inflazione. 

Tuttavia, questa tendenza può essere motivo di riflessione amara: il popolo che ha visto il maggior numero di cambi di governo negli ultimi trent’anni che è anche quello che si lamenta maggiormente dei suoi governanti è quello che finanzia in maniera corposa il proprio governo attraverso l’acquisto di titoli di Stato, un circolo vizioso che contribuisce ad aumentare l’incertezza finanziaria.

La situazione più preoccupante è che gli investitori italiani non hanno nemmeno raggiunto il rendimento medio delle obbligazioni negli ultimi 10 anni, se teniamo conto che oggi le obbligazioni offrono dei buoni rendimenti, ma negli ultimi 10 anni prima del 2023 i rendimenti erano prossimi allo zero un dato sconcertante. 

Negli ultimi 10 anni, anche con rendimenti modesti, le obbligazioni hanno garantito circa l’1,3% annuo agli investitori, mentre il mercato azionario ha offerto il 187%, corrispondente al 18% annuo, il 41% degli italiani intervistati ha dichiarato che è rimasto liquido sul conto corrente, ciò ha causato agli italiani non solo la perdita del rendimento a due cifre delle azioni, ma anche quello dei fondi obbligazionari.

Se ancora persisteva qualche dubbio sull’evoluzione degli investitori italiani, è giunto il momento di dissiparlo. La storia ci insegna che chi non si è adeguato al cambiamento è scomparso, per evitare tale destino, gli investitori italiani devono evolversi, che non vuol dire investire solo nel mercato azionario, ma pianificare i propri investimenti tenendo conto di tutti gli asset, dalla liquidità sino all’azionario secondo i sacri crismi della diversificazione. 

Sebbene non ci sia un rischio di estinzione fisica, è evidente che gli investitori  stranieri sono e saranno sempre più ricchi, infatti il fatto che siano più evoluti li ha messi in grado di ottenere buona parte di quel famoso 187% di rendimento che noi abbiamo lasciato per strada. Questo è un classico esempio di come la cultura, finanziaria in questo caso, sia un veicolo per un maggior benessere.

Nei prossimi mesi riprenderò i miei seminari finanziari, sia online che di persona, e spero di vederti partecipe. Insieme possiamo evitare l’estinzione finanziaria.

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