A volte nel mondo finanziario si presentano situazioni che, come l’araba fenice, riemergono dalle loro stesse ceneri. Sulla stampa specializzata, infatti, si ritorna a parlare di dividendi, e in special modo di quelli americani a cui qualcuno aveva fatto il funerale non molto tempo fa. I dividendi rappresentano quella parte di denaro che le aziende, una volta chiuso il bilancio, decidono di ridistribuire come “premio” per le azioni possedute. I dividendi sono tipici di imprese strutturate, un po’ come dire old economy, e pertanto erano stati dichiarati finiti sull’onda del nuovo che avanza. Le nuove aziende tecnologiche, infatti, non sono molto avvezze ai dividendi, ma preferiscono una crescita del valore senza ridistribuire gli utili.
Gli Italiani da sempre hanno puntato a un introito attraverso la cedola dei BTP, che hanno dato loro rendimenti spesso interessanti, per avere liquidità da spendere ricavata dai loro investimenti. Acquistare titoli di Stato – come ripeto spesso – vuol dire però investire in un debito, mentre diverso è investire in un mercato azionario. Ancora oggi che i rendimenti sui titoli di Stato sono molto bassi, i risparmiatori non rivolgono il loro interesse verso coloro che generano ricchezza e lavoro, cioè i mercati delle imprese. C’è un fenomeno che mi fa sorridere: da una parte gli Italiani acquistano obbligazioni, per la cedola e per non “rischiare il capitale” con l’azionario, e dall’altra strizzano l’occhio alle Criptovalute, che hanno avuto dalla loro nascita (2008) ben tre cali dell’80 per cento. Immaginate di aver investito 100.000,00 € e trovarvene 20.000,00 €… Come sempre un po’ di adrenalina tiene vivi.
Torniamo ai nostri dividendi: un giardinetto – termine romantico per definire un dossier con un certo numero di azioni, di titoli con dividendo – paga percentualmente di più di un BTP e oscilla meno di una Criptovaluta. Come sempre non dobbiamo prendere e invertire completamente la rotta: niente testa coda con tanto di freno a mano anni ’80, ma una parte di portafoglio potrebbe essere inserita in una logica di questo genere.
Ma questo mi vuol dire di investire in azioni? Come sempre le mie comunicazioni non sono bianco o nero, oppure compra A piuttosto che B, ma vogliono stimolare riflessioni. Avere oggi titoli che rendono lo zero virgola per paura delle oscillazioni può essere integrato: un bel 50 e 50, ad esempio, con un po’ di titoli a cedola per avere una cedola da dividendo più alta. Il prezzo da pagare è avere un po’ di oscillazioni.
Anche questa è Educazione Finanziaria. L’altro giorno ho trascorso due ore a spiegare la bontà o meno di investire in un titolo con cedola al 20 per cento. Sì, non ho bevuto: chi non vorrebbe una cedola così? Purtroppo dobbiamo sempre vedere pro e contro di un’operazione. Se un rendimento così alto si porta dietro il fatto di investire in Turchia in lire turche, forse il 20 per cento mi sembra meno appetibile: rischio, cambio e via discorrendo minano la bontà dell’operazione. Da una parte la paura delle oscillazioni mi porta ad accettare bassi rendimenti, dall’altra la voglia di guadagnare mi porta a non vedere altri rischi, ma entrambi sono facce della stessa medaglia: mancanza di cultura finanziaria e mancanza di pianificazione.
Un po’ di BTP, un po’ di azioni con dividendo e un po’ di lire Turche possono anche convivere tra loro, in seno a una pianificazione con accettazione di tutte le variabili dal basso rendimento all’alta volatilità: basta sapere che cosa si fa.
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