“Emergenza Covid-19: gli Italiani tra fragilità e resilienza finanziaria”: questo il titolo della ricerca commissionata lo scorso anno da Comitato per la Programmazione e il Coordinamento delle Attività di Educazione finanziaria (Comitato Edufin) alla società di ricerche e analisi di mercato Doxa.

Nel leggere l’analisi mi ha colpito una cosa in particolare: e cioè che, in momenti di contrazione, una maggiore conoscenza finanziaria e il grado di alfabetizzazione di colui che prende le decisioni migliorano la resilienza delle famiglie attraverso scelte più consapevoli.

La ricerca articolata e molto ben fatta ha evidenziato anche la diseguaglianza tra Nord e Sud Italia e la diversità di resilienza tra una famiglia in cui il decisore ha una preparazione universitaria rispetto a quella in cui il decisore ha una formazione di livello inferiore.

Questi risultati confermano quanto ho scritto anche di recente sul rapporto tra benessere e cultura: io stesso evidenziavo come le ricerche in merito abbiano messo in luce che una maggiore alfabetizzazione ha come diretta conseguenza un maggiore stato di benessere. Benessere che non va inteso solo come quantità di denaro posseduto, ma anche come stile di vita e qualità dei rapporti sociali.

Dalla ricerca di Doxa per Edufin emerge inoltre che gli Italiani hanno leggermente migliorato le loro conoscenze finanziarie dal 2017, data dell’ultima rilevazione, ma hanno leggermente peggiorato il loro comportamento finanziario. Mi sono chiesto come sia possibile che un miglioramento delle conoscenze non abbia portato in dote anche un miglioramento dei comportamenti.

Daniel Kahneman ha rivoluzionato l’approccio alla Finanza avvicinando sempre di più il mondo del denaro a quello della psicologia: grazie a lui, la Finanza comportamentale è diventata centrale nel mondo degli investitori. Oggi sappiamo infatti che non basta sapere cosa sia un’obbligazione per fare le scelte giuste: i comportamenti infatti sono la vera cartina di tornasole dei risultati degli investitori.

Conoscere a menadito tutti gli strumenti finanziari e non sapere come sistemarli nel nostro progetto di investimento è lo stesso che conoscere il motore di una macchina, saperla guidare, ma non saper leggere le cartine: il rischio di non arrivare da nessuna parte è molto alto.

Nel mio Metodo SFIDE, la I sta per Informazione e Incontri: cioè la conoscenza trasmessa ai miei clienti attraverso momenti di aggregazione e formazione continua, grazie ai webinar online e ai seminari in presenza, che io ritengo fondamentali nel nostro lavoro sui loro investimenti. La E invece sta proprio per Educazione finanziaria, che da ormai quindici anni caratterizza il mio lavoro di consulente: prima con il progetto “Io non ci sto” (che sanciva la volontà di non essere più l’ultima Nazione europea per conoscenze finanziarie) e ora con il progetto di divulgazione “Parla di finanza come mangi”, che ha l’obiettivo di comunicare in modo semplice, diretto e comprensibile i concetti finanziari.

Annamaria Lusardi del Comitato Edufin ha recentemente dichiarato “È sempre l’ora dell’educazione finanziaria! Non è una risposta alla crisi, ma al mondo che cambia. La crisi ha reso l’educazione finanziaria più urgente perché ha reso chiari e visibili a tutti i costi di non avere conoscenze finanziarie di base”. 

Si parla troppo economichese: in questo modo quello che si ottiene è l’allontanamento delle persone dagli investimenti e una asimmetria informativa. Banche e consulenti non possono nascondersi dietro l’io l’avevo detto. Sarebbe come se andassimo in Lapponia a fare un discorso in dialetto bergamasco: quanti ci capirebbero?

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