Uno dei peggiori investimenti in Italia è la “ Cultura”, che si ripercuote sul numero dei NEET. “Persone, soprattutto di giovane età, che non hanno né cercano un impiego e non frequentano una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale.

Leggendo qua e la, mi sono balzati agli occhi due articoli che trattano argomenti correlati e che mi hanno fatto riflettere molto. Il primo affrontava il tema dell’istruzione in Italia. Metteva in evidenza il fatto che dopo gli anni della scuola primaria dove il nostro grado di educazione è in linea con quello dei principali paesi OCSE, già dai 15 anni le cose si complicano. Se poi spostiamo la nostra visuale sul mondo universitario e oltre, scopriamo che l’Italia è uno dei paesi con la popolazione adulta meno istruita. Nell’articolo apparso il 27 settembre 2019 a firma Gavosto/Molina su “Lavoce.info” si sottolinea come questa situazione sia figlia di due problematiche evidenti, cioè la poca richiesta di istruzione e la scarsa offerta. Se poi aggiungiamo la pochezza degli investimenti pubblici nell’istruzione, infatti siamo al di sotto della media europea, il gioco è fatto. Questa scarsità di investimenti dimostra la poca lungimiranza della nostra politica nei confronti delle nuove generazioni. Qualche giorno dopo RAI News ha pubblicato un articolo che parla di NEET. Tu dirai : NEET che ….?? Questa sigla è l’acronimo in Inglese, piuttosto complicato, che identifica “ I Giovani che non lavorano, non studiano, non sono interessati ne a formarsi ne ad un’occupazione duratura”. Un fenomeno che riguarda tutta l’Europa, ma nel nostro paese si accentua e raggiunge punte vicine al 40% nelle regioni meno sviluppate del meridione di Italia. Mi sembrava il caso di approfondire i due argomenti che se pure correlati, in alcuni aspetti fanno a pugni tra loro. Infatti l’assurdo è che la probabilità di trovare lavoro in Italia per un laureato tra 25 e 64 anni, statistiche alla mano, è di 10 punti percentuali superiore rispetto ad un diplomato e il suo reddito poi è addirittura maggiore del 50%. Se spostiamo poi il focus sul mondo degli investimenti, sempre le statistiche ci dicono che più l’investitore ha cultura e di tipo finanziario nello specifico e maggiore è la probabilità che questi ottenga risultati migliori dai propri risparmi. Questo fa si che un risparmiatore/investitore evoluto possa liberare risorse che a loro volta saranno il volano per accrescere produttività e ricchezza per tutti. Sostenere che la cultura sia solo un costo è un errore madornale, ma bensì un investimento per il futuro, lo dimostrano i dati riportati dalla regione Emilia Romagna sul loro portale di statistica, che evidenziano come il progetto “Io sono Cultura” abbia portato il PIL regionale ad aumentare nel 2018 rispetto al 2017 del 4,5%. “ IGNORARE E’ UTILE ” non mi sembra uno slogan di cui andare particolarmente fieri. Visto che ormai viviamo nel mondo delle immagini, quale scegli per te o per i tuoi figli?

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