Conosciamo il prezzo di tutto e il valore di nulla

Oscar Wilde diceva “Oggi la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di nulla”.
Questa citazione ha generato una riflessione: “Che valore hanno gli euro?” “Quanto valgono 100 euro?”  
Alla domanda quanto valgono 100 € la risposta più logica è, naturalmente, 100 €.

Tuttavia, la vera domanda da porsi è se il valore di 100 € accantonati per lo studio di un figlio, hanno lo stesso valore di 100 € spesi per acquistare le sigarette, oppure una pizza o un maglione? Probabilmente la risposta cambierebbe.
Il rapporto con il denaro da parte dei risparmiatori, cioè di tutti noi, ha portato due psicologi a vincere il premio Nobel per l’economia.
La finanza comportamentale, oggetto dei loro studi per il Nobel, deve insegnare a dare un valore alle cose e agli euro in particolare.
Nell’ultimo periodo si sente spesso parlare del Gold Basic Investment, cioè della pianificazione finanziaria fatta su obiettivi ben precisi. Nell’ambiente finanziario si fa un gran discutere di come ormai questa modalità di consulenza sia il futuro.
Oggi più che mai è attuale il fatto che non si possa più restare ancorati al vecchio concetto di investimento basato sui rendimenti, ma bisogna rivedere gli investimenti in una logica di pianificazione.

Quando si organizza un viaggio si pianificano orari, escursioni, spostamenti, facendosi aiutare di solito da un tour operator, cioè persona esperta che ci può aiutare nella scelta del “pacchetto vacanze”.
Tuttavia, questo non avviene per la pianificazione e l’organizzazione del proprio denaro, per cui spesso si usa il fai da te, anche se i risparmi sono oggettivamente più importanti di un viaggio.
Possiamo parlare per ore e trovare mille motivazioni psicologiche, abitudini, e tanto altro.
Si sono riempite pagine di giornali cercando la risposta, ma forse la cosa più importante è capire cosa vogliamo dai nostri soldi (la destinazione del viaggio), e poi affidarci a chi ci può aiutarci a costruire il nostro “pacchetto risparmio”.
Ogni euro, già accantonato, o ancora da accantonare deve avere una collocazione ben precisa, dallo studio dei figli sino alla pensione, che può essere più rosea, se abbiamo fatto una buona pianificazione.
È facile pianificare?
Assolutamente no! Abbiamo purtroppo un nemico agguerritissimo, che siamo noi, con le nostre esperienze, credenze ed emozioni che ci fanno tremare le gambe, ecco perché, in un mondo sempre più complesso, ci vuole un facilitatore, cioè chi per lavoro pianifica: un consulente a cui dovrei rivolgermi, non per il tasso che mi può dare, quello è parte del viaggio, non  per la meta, ma per i passi da fare.
Sempre usando il parallelismo con il viaggio, il tour operator ha l’impegno di portarvi a destinazione e farvi vivere nel migliore dei modi l’esperienza, ma non può certamente prevedere un temporale o altro, ma lo deve gestire nei migliore dei modi.
Allo stesso modo un consulente deve portarvi al vostro obiettivo cioè vi deve far raggiungere il vostro traguardo facendovi vivere nei migliore dei modi il viaggio, non può prevedere Corona Virus o altro, però deve saperlo affrontare.
Purtroppo sempre più spesso assistiamo a correzioni spesso insensate del mercato, per cui muoversi da soli è sempre più complesso, perciò è ormai indispensabile avere chi ci aiuta per arrivare a vivere in serenità la terza età che oggi non è più un sogno.

Come il 1973…….

Oggi sono uscito a fare una passeggiata intorno alle 13, il paesaggio abbastanza surreale, la strada vuota mi ricordava il 1973 che per chi ha qualche capello bianco come me evoca uscite con bicicletta e pattini per strada.

Mentre camminavo è arrivata una chiamata di mio figlio che lavora nel bar di un supermercato, mi dice: “papà ci hanno fatto chiudere alle 11,30 e lasciano entrare nel supermercato solo 20 persone alla volta e fuori c’è una fila lunga di gente che come 2 settimane fa esce con i carrelli stracolmi”.

Se la strada mi ricorda il 1973 questo mi ricorda il 2001 Twin Towers.

Cerchiamo di mettere tutto sotto la giusta luce, nel 2001 abbiamo assistito ad un attacco violento che ha fatto molti morti e si poteva pensare ad una escalation di guerra, oggi il panico da acquisto compulsivo mi sembra eccessivo.

Se ci mettiamo che nella serata di sabato la fuga dalla Lombardia ha dato prova dello scarso senso civico del popolo italico, e la zuppa è servita.

Corona Virus, sicuramente non va sottovalutato, ma sicuramente sarà debellato, come tutte le epidemie finirà e tra qualche anno si leggeranno solo dei numeri e delle statistiche, ma oggi sicuramente parlare di numeri con chi fugge per il panico non serve.

Scappare da una misura che potrebbe portare ad avere lo stesso dato apparso stamattina delle guarigioni in Cina aumentate del 70%, non serve ad altro se non ad aumentare i rischi di contagio.

Parlando di finanza, in settimana le principali testate sancivano il ritorno al livello pre-crisi delle borse cinesi, questo, anche grazie al fatto che i contagi diminuiscono ogni giorno per merito alle misure restrittive seguite dai cinesi.

Come affrontare questo periodo di volatilità, “calma e sangue freddo” avrebbe detto mio papà, io aggiungerei accantonamenti costanti e non rifugiarsi in liquidità perché si perde un’occasione.

Vi ho parlato dell’11 settembre 2001, quella sera feci fare ad un cliente un piano di accumulo che per i più appariva contro qualsiasi logica, ma lui ci ha creduto ed ha continuato ad accantonare anche se le borse sino al 9 marzo del 2003 sono scese, quando nel 2007 ha venduto il tutto per comprare casa piangeva dalla contentezza, aveva molto di più di quanto si aspettasse, faccio questo lavoro per quelle lacrime, e quindi quando vedo i mercati scendere vado a cercare i clienti per farli piangere di gioia.

Il mondo si riprenderà perché da questa esperienza si imparerà che la globalizzazione fa sviluppare l’epidemia in fretta, ma allo stesso modo fa sì che tutti si impegnino per trovare una soluzione, avremo un mondo più coeso che sarà più pronto a reagire nell’eventualità si presentasse un altro virus.

Non facciamo gli struzzi

Una delle certezze che ha caratterizzato la storia italiana è sicuramente la pensione. Il welfare italiano ha sempre avuto nella nostra realtà una posizione importante.

Questa situazione, la poca cultura finanziaria e la scarsa certezza nel futuro, associate ad un’elevata incertezza politica, hanno supportato il fatto una poca preoccupazione dei lavoratori italiani verso l’integrazione della propria pensione durante la vita lavorativa.

Tuttavia, negli ultimi anni purtroppo la rotta è cambiata, mettendoci di fronte ad una nuova realtà in cui la pensione non è più una certezza, specialmente nel suo ammontare oltre che nel suo essere un valore garantito a fine carriera.

Nello specifico lo stato, rendendosi conto della difficoltà nel garantire una vecchiaia dignitosa alle persone, ha deciso, con la riforma Maroni del 2005, di dare una forte incentivazione alla previdenza privata come mezzo per contrastare la povertà. In particolare, con l’entrata in vigore a livello operativo del 1° gennaio 2007, la riforma apporta novità nella tassazione, nel TFR e nei fondi.

Volendo aiutare i lettori a fare chiarezza e mettere ordine è bene sottolineare che, prima de decreto i lavoratori dipendenti potevano destinare il loro TFR nei fondi di categoria o lasciarlo in azienda, con i nuovi regolamenti invece essi possono destinare il loro trattamento di fine rapporto anche nei fondi privati, che fino ad allora non potevano essere utilizzati, ad eccezione e unicamente per i versamenti volontari, differenti dal TFR.

La domanda da porsi alla luce di questi cambiamenti è quini perché un lavoratore dovrebbe indirizzare il proprio TFR in un fondo privato o di categoria piuttosto che lasciarlo in azienda o al fondo tesoreria dell’INPS? Cosa cambia nelle due formule possibili?

La risposta è semplice e risiede in un ragionamento di carattere fiscale, nonché nella possibilità di avere un maggior controllo del proprio investimento.

In particolare, dal punto di vista fiscale, lasciare il TFR in azienda comporta, una volta entrato in pensione, il pagamento di una tassa che è legata al reddito percepito: pertanto con reddito lordo non elevato si avrà un’aliquota bassa, diciamo tra il 20 e il 25%, ma in caso di reddito alto essa può arrivare anche al 40%. Per i fondi pensione, invece, esiste un’aliquota massima del 15%, quindi già più bassa in partenza, e che può ulteriormente ridursi se si ha effettuato versamenti in un fondo per molti anni, vale la regola del più anni mantengo l’investimento e meno pago.

Rispetto alla seconda ragione invece è bene notare che accumulando il TFR in un fondo privato si può avere un maggior controllo, una trasparenza maggiore sui fondi, ed una maggior possibilità di incontrare risposte alle esigenze personali, sia in termini di controllo che rischio, specialmente grazie alla consulenza diretta di esperti del settore.

Poiché in questa questione delicata giocano un ruolo fondamentale anche le aziende, è bene osservare le cose anche dal loro punto di vista. In primo luogo, è da notare che, poiché queste entità stanno già affrontando un periodo economico non facile, può risultare ulteriormente difficile ridurre la propria liquidità di cassa per accantonare il TFR dei dipendenti. Alla luce di questo quindi è bene cercare di comprendere se e come le aziende possano avere un vantaggio nel versare il TFR. Sicuramente sì perché effettuare questa operazione diminuirebbe, o quanto meno non aumenterebbe il bilancio, non genererebbe una situazione di debito verso i dipendenti, cosa che invece il TFR rappresenta per le aziende e inoltre rappresenterebbe un costo e quindi a livello di bilancio un beneficio.

Bene, analizzato il TFR nelle sue sfaccettature, un’analisi meritano i contributi personali versati, al fine di chiarire il quadro.

Il decreto Maroni, oltre ai cambiamenti in materia di trattamento di fine rapporto, ha portato a 5164,27 euro, la cifra che può essere dedotta dall’unico o dal 730, a seconda della dichiarazione che si presenta.

Facciamo un paio di esempi. Un lavoratore dipendente oltre al TFR può inserire nel suo fondo pensione anche un contributo personale, il quale creerà un risparmio fiscale. Ad esempio, un lavoratore che ha un’aliquota Irpef (base di calcolo per le imposte) intorno al 30% (circa 30.000,00 euro lordi) versando 2000,00 € nel fondo pensione avrà un risparmio fiscale di € 600,00 (2000,00 x 30%).

Di contro un lavoratore autonomo non avrà TFR, ma si presuma possa avere un reddito più alto potendo quindi accantonare una cifra più alta, con un beneficio in dichiarazione più importante. Il versamento del contributo personale può, infatti, essere considerato come una “fattura” che abbatte l’imponibile.

Da sottolineare che anche al contributo personale si applica, a scadenza, una tassazione sui versamenti dedotti con un’aliquota massima del 15% con un minimo del 9%.

Un lavoratore autonomo con un‘ aliquota del 40% (percentuale di tassazione) che versa nel fondo per 35 anni avrà un vantaggio del 31% (40-9%) cioè ogni 1000,00 € versati generano 310,00 € di guadagno fiscale, tenendo inoltre in considerazione che il 40% lo si recupera ogni anno e il 9 % lo si paga solo a scadenza.

A questo punto sembra impossibile che siano così pochi i sottoscrittori di fondi pensione. Tuttavia, purtroppo i risparmiatori conoscono poco i fondi pensione e hanno la convinzione di perdere il possesso del loro denaro per troppo tempo, cosa non del tutto vera poiché, durante la vita del fondo, per particolari esigenze, è possibile avere degli anticipi.

In finanza come nella vita conoscere rende liberi, nel caso dei fondi pensione la libertà sta nel poter scegliere se arrivare senza copertura alla pensione o prendere provvedimenti per tempo permettendosi una maggiore tranquillità finanziaria in età avanzata.

Il mese di ottobre per il secondo anno consecutivo è stato dichiarato “Mese Del Risparmio”. Lo Stato è cosciente che per evitare un “Terremoto Sociale” deve educare i risparmiatori su come creare il loro “Secondo Pilastro”

Consulto? Google vs …..

“Se venite per avere la conferma della vostra diagnosi su google, rivolgetevi prima ad un altro esperto Yahoo”

Questo cartello trovato fuori da uno studio medico mi ha fatto prima sorridere e poi riflettere.

Una volta entrato dal medico abbiamo chiacchierato sul cartello e la sua risposta è stata 

“ Se si tratta di un dolorino o cose di questo genere vengono già con anche il nome del farmaco, quando però faccio fare gli esami per il dolorino sparisce Google ed anche il farmaco, la percezione che possa essere qualcosa di più serio li spaventa”.

Questa condizione può essere definita come “percezione del rischio” che attiva i recettori del cervello rettile che, come formulato da Paul MacLean nella sua teoria dei tre cervelli, ci mette in guardia dai rischi aumentando la nostra attenzione.

Google che sino ad un momento prima sembrava la panacea di tutti i mali, sparisce dalla nostra vista ed il medico che doveva essere il mero compilatore di ricette, diventa centrale. La sua conoscenza del paziente e delle dinamiche può essere la soluzione.

Un parallelismo con il consulente finanziario mi viene spontanea, figura spesso denominata ” medico del risparmio”.

Come i medici anche i consulenti finanziari devono tenere conto di Google e motori di ricerca vari, e spesso trovano clienti scottati dal famoso e diffuso  “fai da te”.

Cosa manca ai consulenti rispetto ai medici? Gli esami. Gli investitori non hanno la percezione, anche per la scarsa cultura finanziaria, che un esame approfondito della loro situazione possa ridurre in maniera importante il rischio, non soltanto di perdere soldi, ma quello ben più grave di non raggiungere i propri obiettivi.

Arrivare all’età della pensione, ad esempio, e non avere pianificato l’integrazione alla previdenza pubblica, può risultare drammatico per chi ne è vittima.

Si può fare una pianificazione con un motore di ricerca? Certamente si, ma c’è un rischio importante: il nostro sistema limbico, cioè il nostro cervello emotivo, il secondo cervello di MacLean.

Vi è mai capitato di avere una convinzione e vedendo un TG sentiate solo notizie che fortificano le vostre idee? A me si. Il fatto è che per natura sentiamo o percepiamo solo ciò che ci permette di cementare le nostre convinzioni e quindi di portarle avanti con forza.

Se ascoltassimo con maggiore attenzione, o meglio ancora ci confrontassimo con altre persone, potremmo migliorare la nostra percezione e quindi trovare eventuali errori o anche semplici migliorie alle nostre idee.

Nel caso di un motore di ricerca, questo restituisce solo quello che gli viene chiesto senza le fondamentali domande di controllo che servono a dare il giusto focus alle cose, vale quanto una anamnesi fatta su Google o Yahoo senza l’ausilio del medico.

Per fare una corretta pianificazione bisognerebbe usare il terzo cervello quello razionale, che MacLean chiama neo-corteccia. 

Specialmente per chi è già stato investitore e ha avuto gioie o dolori, la pianificazione fatta da una terza persona può evitare che le emozioni ci portino a fare errori comportamentali.

Purtroppo spesso ci accorgiamo degli errori a posteriori, ma potrebbe essere tardi.

La prima cosa per non fare errori è pianificare. In allegato un piccolo schema per cominciare.

Questo è solo l’inizio. Non esitare a contattarmi se vuoi approfondire la tua pianificazione.

Imparare dai saggi. Come investire in maniera razionale.

Sergio Rota 20 Luglio 2017

Fin dagli inizi dell’esistenza umana il sapere è stato tramandato dai soggetti più anziani alle nuove generazioni. Gli agricoltori ci hanno insegnato che la neve dell’inverno rende fertile il terreno, che in primavera si pianta e che nelle altre due stagioni si raccoglie e si prepara il terreno per l’inverno. Una conoscenza intramontabile, nonché un dato di fatto, le stagioni sono 4 e hanno sempre la stessa cadenza.

L’inverno meteorologico può essere tranquillamente paragonato ai cali di mercato, momenti in cui il terreno si riposa e prende forza per una nuova stagione e l’economia prende fiato per una nuova espansione, una considerazione che viene condivisa da tutti gli investitori nei momenti di calma.

Quindi, la domanda che mi pongo è :” perché allora ad ogni stormir di fronde tutti fuggono dal mercato, magari ai minimi, e se chiedi loro di investire storcono il naso?”

La risposta è semplice: la paura di perdere tutto attanaglia ed oscura la mente, fa perdere la razionalità che invece si palesa nei momenti di calma dei mercati.

Diamo un’occhiata a questo grafico di BlackRock Bloomberg che mostra i vari stati d’animo degli investitori rapportati ai vari momenti dell’andamento dei cicli di mercato.

Nei mercati solitamente l’investitore vuole entrare nei momenti di euforia ed uscire nei momenti in cui è terrorizzato o si sente sconfitto, facendo esattamente il contrario di ciò che dice la logica.

Come fare allora per non incappare in questo errore?

Ci sono due parole magiche: Diversificare e Pianificare.

Diversificare. Facendo sempre tesoro dell’esperienza degli agricoltori, notiamo che non esiste un agricoltore che nel suo orto pianta solo un tipo di verdura, infatti vi troveremo svariate tipologie di ortaggi perché secondo voi? La risposta è semplice: se la stagione andrà male per i pomodori, l’agricoltore potrà magiare le zucchine o altre tipologie di verdure.

La stessa cosa va fatta con i nostri soldi: la scelta ottimale sarebbe utilizzare strumenti diversi per ridurre il rischio di perdere e per difendere il nostro portafoglio dalle oscillazioni di mercato, dai tassi bassi o da entrambi.

Una corretta diversificazione deve riguardare non solo il tipo di strumenti ma anche la durata degli stessi. Strumenti a breve termine, ad esempio i Bot e strumenti di lungo termine, ad esempio un fondo pensione, hanno durate e logiche di investimento diverse che rende diversa la loro modalità di utilizzo.

Dobbiamo inoltre vedere il posizionamento geografico. Se investo tutto nel mercato europeo e questo va bene ho fatto centro, ma se va male? Dividere in varie aree geografiche mi tutela da questo rischio, se va male l’Europa magari trarrò utili dai paesi emergenti o dall’America.

Pianificare. La tattica di Cristoforo Colombo di partire con le caravelle all’avventura, non è strategia più indicata per pianificare il nostro viaggio nel mondo dei mercati e della nostra vita.

Rispetto al viaggio della vita l’ importante è dividere il nostro denaro in base all’utilizzo ad esso designato. La domanda da porsi è : a cosa devono essere destinati i miei soldi? Facciamo un esempio: se devo comprare la macchina tra 6 mesi userò uno strumento di breve termine per parcheggiare il denaro in attesa di spenderlo, quindi da questo denaro mi aspetterò un ritorno minimo. Se viceversa devo accantonare denaro per 20 anni per l’università di mio figlio non userò lo stesso strumento, altrimenti il risultato che avrò non sarà in linea con durata e aspettative.

La cosa più difficile, probabilmente, è dare un nome ed un cognome al proprio denaro, ma è quello che bisogna imparare a fare.

In Italia da quando gli investitori hanno avuto accesso a tutti gli strumenti finanziari che oggi conosciamo, hanno commesso una serie di errori: uno su tutti ha visto l’utilizzo delle azioni nella stessa modalità con cui trattavano i Bot, uscendone scottati.

Concludendo il nostro orto degli investimenti deve avere molte varietà di ortaggi, che non maturano nello stesso periodo e che servono per preparare piatti diversi a seconda di ciò che vogliamo mangiare.