Qual è il nostro capitale più importante? Il Numero Uno

Un paio di settimane fa ho ricevuto la telefonata di un caro amico: “Mio figlio ha cominciato a lavorare – mi ha detto -. Deve iniziare ad accantonare il TFR! Te lo passo, così ne potete parlare insieme e puoi spiegargli come deve muoversi.

Queste sono le telefonate che, quando le ricevo, mi fanno più piacere, e in questo caso in particolareper due motivi: per prima cosa, sono certo che accantonare il Trattamento di Fine Rapporto sarà un grande vantaggio per questo ragazzo (basta leggere la mia Guida alla Previdenza: la puoi scaricare anche tu qui). In secondo luogo, la In-Formazione fatta durante i miei Seminari, a cui il mio amico ha partecipato, ha in questo caso evidentemente funzionato: e per me questa è davvero la soddisfazione personale e professionale più grande. La I di Informazione e la F di Formazione sononon a caso parte integrante del mio Metodo SFIDE.

C’è però una cosa che mi ha fatto riflettere: se il mio amico non avesse consigliato al figlio di chiamarmi, e ci avesse messo in contatto, questo giovane l’avrebbe fatto di sua spontanea volontà?

La mente mi ha allora portato a ricordare molti di quei ragazzi, incontrati nel corso degli anni, chealla mia domanda su come pensassero di gestire i propri risparmi per il futuro mi hanno spesso risposto che loro, di soldi da investire, non ne avevano proprio. Questa che io chiamo “Sindrome di Calimero” mette i più giovani nella condizione di pensare che un consulente finanziario sia utile solo quando si abbia acquisito un certo patrimonio e non prima. Lasciatemi dire una volta per tutteche non c’è nulla di più sbagliato.

Qual è stato il nostro respiro più importante? Il primo. E il passo più importante che abbiamo fatto? Il primo. E la parola più importante che abbiamo detto? La prima. Qual è la moneta più importanteanche per un arci-pluri-multi miliardario come Zio Paperone? La Numero Uno. Tanto che Zio Paperone, che nuota ogni giorno con la sua pelandrana seminuova del 1963 in un mare di monete nuove di zecca, tiene la sua prima monetina da un centesimo soltanto – però guadagnata col sudore della fronte – sotto a una teca di vetro retta da un piedistallo, la estrae unicamente per lucidarla e coccolarla, ed è convinto che da lei e da lei soltanto può trarre tutta quanta la sua fortuna: quella fortuna che lo vede buttarsi in nuove avventure finanziarie con risultati sempre milionari.

Perché discriminare il nostro primo euro accantonato, magari faticosamente, col nostro primo lavoro da adulti, e non farlo seguire con competenza da un consulente? Un Consulente finanziario con la C maiuscola si occupa prima delle persone – dei loro bisogni, dei loro obiettivi e dei loro sogni – e poi del denaro: perché quest’ultimo, come sono spesso ripetere, è un mezzo e non il fine

Il modo corretto per un giovane di approcciarsi al denaro? È lo stesso modo che va bene per ogni altra età: e cioè informarsi, formarsi e rivolgersi a chi sa trattare il denaro di mestiere. Ecco perché è importante che anche un giovane, per quanto giovane, sia seguito da un consulente finanziario: se aspettassi di formare il capitale prima di parlare con qualcuno che mi possa consigliare, farei molta più fatica a formare quel capitale che mi servirà ad affrontare senza preoccupazioni la mia vita.

Quando ero giovane, come tutti i ragazzi, non disdegnavo qualche “sgasata” in automobile: quando però ho avuto i miei figli, il piede sull’acceleratore si è improvvisamente alleggerito, perché sapevo di avere da quel momento una grande responsabilità. Così come ci procura molta più adrenalina fare un investimento in bitcoin piuttosto che pensare a un fondo pensione: nella scala delle prioritàdella nostra esistenza, però, l’investimento speculativo deve avere una parte marginale, perché non sarebbe pensabile andare a tavoletta per tutta la vita.

Un bel viaggio, una bella casa, una bella auto, una pensione serena sono tutti obiettivi che possono essere perseguiti partendo dalla nostra personalissima Numero Uno: e questo non senza una adeguata pianificazione finanziaria.

Da parte mia voglio dedicare tempo ai giovani che vogliono pianificare il loro futuro: prenota una consulenza gratuita via zoom con me, una mezz’ora dove potrai farmi domande e dove ti aiuterò a capire come si creano e si pianificano le proprie risorse finanziarie.

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Cinque buoni motivi per scegliere un Consulente finanziario

Agitando Le Mani, Stretta Di Mano

La scorsa settimana un cliente mi ha mandato un messaggio: “Sergio, per favore, mi aiuti? Come sai mia madre è venuta a mancare. Aveva i suoi risparmi in banca: con mia sorella abbiamo preso un appuntamento con loro, ma ci siamo trovati faccia a faccia con un incompetente! A differenza tua, che mi dai sempre risposte, questo personaggio non ha saputo rispondere a metà delle mie domande! E calcola che sapeva di cosa andavamo a parlare”.

Mi sono mosso immediatamente per aiutarlo, e una volta chiarite le cose gli ho chiesto di dirmi come vedeva il nostro rapporto professionale. Di seguito la sua risposta.

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Il giorno che ho deciso di lasciare la banca tradizionale per essere seguito da te devo dire che avevo mille dubbi: avevo paura di perdere il contatto con il mio denaro perché la mia banca non era più sotto casa.

Durante il periodo iniziale della nostra collaborazione ho tenuto aperto entrambi i rapporti, per avere una via di fuga. Dopo poco tempo però mi sono reso conto che c’era una differenza sostanziale tra come mi tratti tu e come ero trattato nell’altra banca.

Se dovessi evidenziare le differenze più importanti direi:

1. Le domande: mi hai chiesto più tu della mia famiglia nel primo incontro che l’altra banca in vent’anni, e mi rendo conto che ogni volta che ci vediamo mi chiedi direttamente o indirettamente altre informazioni.

2. Le informazioni: leggo regolarmente i tuoi post e i tuoi articoli, mi è anche capitato di chiamarti perché avevo letto una cosa e tu mi hai dato risposte e chiarimenti. Ho apprezzato molto quando lo scorso anno facevi i video in piena pandemia, ti ho chiamato e ti ho ringraziato perché mi hai fatto calare l’ansia.

3. Con te mi sento tranquillo: sai dove voglio arrivare e perché risparmio, infatti me lo ricordi tutte le volte, e ogni tanto mi hai anche bacchettato perché mi facevo attrarre dalle sirene, la storia di Ulisse me l’hai ripetuta un sacco di volte! (ride, N.d.S.)

4. Mi hai aiutato anche nella scelta delle assicurazioni, dandomi consigli anche sulla RC auto nonostante tu non ti occupi di queste assicurazioni: quando ho un problema io ti “sfrutto”, ovviamente in senso buono, perché stimo molto la tua opinione.

5. Oggi mi sento molto più preparato sugli investimenti, e lo devo a te.

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Le sue parole mi hanno confermato che quello che faccio tutti i giorni per informare e formare è la strada giusta per fare il bene dei miei clienti, e mi conforta il fatto che molte delle cose che ha evidenziato rientrano nel mio Metodo di lavoro SFIDE.

Resto sempre dell’avviso che la persona è il fine e il denaro il mezzo: partire dagli obiettivi delle persone è ciò che contraddistingue un consulente da un venditore di percentuali. Non posso cambiare l’andamento del mercato, ma posso far si che l’andamento del mercato non possa cambiare gli obiettivi.

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La sfida del futuro? Non essere più Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Da un’indagine del 2016 effettuata dalla Consob, la Commissione nazionale per le Società e la Borsa, emergeva che solo il 6 per cento degli Italiani aveva una chiara visione del concetto di diversificazione del portafoglio. 

Gli investitori del nostro Paese, infatti, spesso associano la diversificazione con il dividere i propri risparmi in più banche. E non è tutto: associano a questa distonia anche un altro errore, cioè il presentare due immagini di sé come investitori, a seconda di quello che si vuole ottenere dall’intermediario.

Così accade che nella banca A io possa presentare una posizione di risparmiatore conservativo con avversione al rischio e nella banca B invece pormi come un investitore più avvezzo al rischio. Parlerò di obbligazioni e titoli di Stato nella prima banca, ritenendoli sicuri per le cedole o il rimborso, e nella seconda di fondi che ritengo rischiosi perché a valore variabile. Spesso i fondi sono obbligazionari, e quindi contengono probabilmente gli stessi titoli della banca A. La ciliegina sulla torta è confrontare i due portafogli come se avessero le stesse logiche.

Nel suo libro “La collina dei ciliegi. Dalla crisi dei mutui subprime al lockdown” l’economista Ruggero Bertelli parla di distorsione cognitiva: la tendenza cioè a suddividere il denaro disponibile in una serie di conti separati, secondo una contabilità mentale soggettiva.

L’investitore, insomma, si comporta come Dr. Jekyll e Mr. Hyde, a seconda del conto mentale in cui mette il proprio risparmio: conto le cui logiche molto spesso derivano dal consiglio di persone di cui ci si fida, cioè parenti e amici di cui apprezza la prossimità, ma non calcola la competenza. Solo una volta stabilita questa logica si rivolge al consulente, che ritiene unicamente un mero venditore di strumenti da acquistare.

Tutti questi errori sono tipici non solo dei risparmiatori italiani, ma anche di molti imprenditori che spesso forniscono informazioni incomplete alle banche, con l’illusione di ricavarne un qualche vantaggio. Un’asimmetria informativa, questa, che porta le banche a erogare meno prestiti.

L’asimmetria informativa si ritorce così contro gli investitori stessi: se si appoggiassero infatti a un esperto del settore e gli fornissero tutte le informazioni necessarie in maniera completa, avrebbero una consulenza non solo migliore, ma soprattutto in linea con le proprie esigenze e sicuramente più performante.

Nel mondo anglosassone, anche grazie a una cultura finanziaria evoluta, il risparmiatore si rivolge per il proprio denaro a un consulente: non è contemplato il concetto di “banca sotto casa”, che per l’investitore italiano è invece la più logica delle scelte.

Migliorare il rapporto, la conoscenza e anche la fiducia degli investitori nella Finanza è sicuramente un compito dei consulenti: per questo, dopo anni di esperienza e di studio, ho ideato un metodo che possa aiutarli. Si tratta del metodo SFIDE, un acronimo accattivante e grintoso che sta per Semplicità, Formazione e Fiducia, Informazione e Incontri, Disponibilità, Educazione finanziaria: tutte componenti per me fondamentali per ottenere i migliori risultati possibili quando si parla di investimenti. 

Le sfide sono quelle che voglio vincere con i miei clienti per dar loro la miglior consulenza attraverso la conoscenza sempre più approfondita delle loro esigenze finanziarie e dei loro sogni e allo stesso tempo dar loro la giusta formazione per evitare gli errori cognitivi dettati dalla poca educazione finanziaria.

Vuoi conoscere meglio il mio metodo?

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L’inganno dei tre cervelli

Una moderna teoria, nata nel 1972 da Paul Donald MacLean, suddivide il nostro cervello in tre parti: rettile, libico e neocorteccia. Questa teoria ipotizza che la parte rettile del nostro cervello contenga i nostri istinti atavici, la parte limbica le emozioni e la neocorteccia la parte che dovrebbe essere predisposta ai calcoli e alla razionalità.

Nella nostra vita da investitori dobbiamo fare a pugni con i nostri tre cervelli. La parte rettile,davanti a un pericolo vero o presunto, ci impartisce tre ordini: paralizzati, scappa oppure combatti; la parte limbica, legata alle emozioni, enfatizza tutto ciò che parte dalla pancia, spesso elaborando impulsi esterni che riceviamo costantemente, dai quali estrae informazioni ed emozioni che rinforzano le nostre credenze; la neocorteccia calcola il rapporto rischio-rendimento.

Quindi basta collegarsi alla propria neocorteccia per fare le scelte giuste?

Sembrerebbe così, ma non proprio. Il nostro cervello rettile, il più vecchio, ci manda impulsi che ci mettono sull’attenti, esattamente nello stesso modo di come faceva con i nostri avi quando entravano nella foresta: la logica è la stessa. Se poi abbiamo in passato avuto problemi con gli investimenti, il nostro cervello ce lo ricorda.

Ai ricordi si aggiunge la parte emotiva, che il cervello limbico esalta e che rinforza le credenze del cervello rettile alzando la soglia di attenzione: questo, se da una parte è un bene, dall’altra parte potrebbe essere una limitazione. La neocorteccia fatica a superare gli ostacoli creati dagli altri due cervelli e in più deve combattere con i bias comportamentali, cioè i comportamenti che conosciamo e ci mantengono nella nostra zona di comfort, impedendoci di fare nuove esperienze.

Per contrastare tutto questo, l’unica soluzione è quella di confrontarsi con una persona al di fuori di noi che ha esperienze, emozioni e comportamenti diversi: se relazionati con i nostri, ci possono aiutare a fare le scelte corrette. La sequenza logica è la stessa che ci porta da piccoli a prendere qualcuno come ispirazione oppure esempio.

Se a cinque anni ti scotti appoggiando la mano sul vetro del forno, difficilmente ti riavvicini da solo, ma se prima di scottarti i tuoi genitori ti avessero spiegato che il forno era caldo e che non andava toccato, e che il calore serviva per cuocere il cibo, probabilmente non avresti appoggiato la mano e avresti avuto un normale rapporto con il forno stesso. Per i tuoi genitori sarebbe diventato invece molto più difficile farti capire che il forno è caldo per uno scopo, e che ci si può avvicinare, ma non toccare, dopo la tua esperienza negativa.

Lo stesso avviene per i nostri soldi: se ci affidiamo subito a un esperto e cerchiamo di imparare da lui, avremo un rapporto tranquillo basato sulla conoscenza; se invece vogliamo fare esperienza da soli e ci scottiamo, il rapporto sarà più complesso, perché ridare fiducia nel sistema a una persona scottata può, proprio a causa della sua esperienza, essere molto complesso.

Il consulente che deve rieducare è consapevole che il cliente sta perdendo opportunità, ma deve tener conto della parte emozionale del suo interlocutore.

Si può pensare che nel fare da soli si possa non sbagliare, purtroppo i dati dicono il contrario. Il consulente è l’alter ego idoneo: ha dalla sua la conoscenza. Il figlio che impara dal padre sa come affrontare i pericoli, il cliente che impara dal consulente sa come affrontare le oscillazioni del mercato.

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Intelligenza Artificiale e investimenti, quanto contano le emozioni

L’Intelligenza Artificiale è indicata da alcuni come il mezzo migliore per investire il proprio denaro, proprio perché in quanto “artificiale” non è soggetta a emozioni.

Si pensa che le macchine potranno sostituire il rapporto umano nelle scelte che faremo. Prendiamo ad esempio quello che è successo nello scandalo Cambridge Analytica, la società che ha raccolto milioni di dati dai clienti Facebook analizzando il loro modo di usare i social network, ma con l’obiettivo di conoscerne le preferenze e i gusti.

Le persone hanno inconsciamente concesso i loro dati e indirettamente anche quelli delle persone a loro collegate, attraverso un’indagine psicografica che ha permesso alla società inglese di stilare cinque macro profili e di proporre così contenuti personalizzati.

L’intento era quello di influenzare le persone negli acquisti e manipolare le loro scelte. Si è arrivati a pensare che Cambridge Analytica abbia addirittura influenzato le elezioni di Donald Trump alla presidenza americana nel 2016 e la Brexit in Gran Bretagna: lo sostengono tra gli altri gli autori di Great Hack, un documentario reso disponibile sul catalogo della piattaforma di streaming onlineNetflix. Due scienziati di Stanford hanno effettuato una ricerca per capire quanto una comunicazione a scopo elettorale potesse avere effetto sulle persone: il risultato è stato pressoché zero.

Diverso è invece il ragionamento da fare sulle scelte di acquisto: i like che regolarmente mettiamo sui social denotano effettivamente la nostra preferenza per questo o quel prodotto. Sembra perciò facile condizionare le nostre scelte attraverso un algoritmo che ci presenti, ogni qual volta accediamo a Internet, il banner del prodotto degno di un nostro mi piace.

Per tutte le scelte dobbiamo però tener conto dei valori, del contesto e delle sollecitazioni esterne che ci sono fornite. Un gruppo di consumatori può amare i frollini, ma alcuni li preferiscono con lo zucchero, altri con la farina integrale, altri con il cioccolato e così via. Anche per i nostri soldi vale la stessa cosa: quando impostiamo il portafoglio, dobbiamo tener conto che le nostre scelte sonoattuate in una determinata situazione, che può essere idilliaca o meno.

Facciamo un esempio concreto. Se imposto il mio portafoglio dopo che ho ritirato una grossa vincita al Superenalotto con le endorfine al massimo, creerò molto probabilmente un portafoglio più aggressivo. È provato che diamo meno peso al denaro vinto o trovato a terra rispetto a quello guadagnato. Se la scelta del mio portafoglio la effettuo dopo aver speso una cifra ingente dal dentista, e ho visto il mio conto abbassarsi di molto, la scelta sarà sicuramente diversa e più oculata.

Una volta impostato il mio profilo, sono comunque soggetto alle influenze esterne, che se non filtrate a dovere mi porteranno a fare scelte magari sbagliate. A quel punto non avrò una persona che ragiona con me, ma un pulsante che non mi darà alcun feedback: provate a pensare al mese di marzo 2020, con il mercato a -17 per cento e solo un pulsante da premere davanti agli occhi.

Qualcuno può obiettare che è nella sua natura essere razionale, e quindi essere in grado di compiere le scelte giuste. Gli chiedo: “Pensaci bene: se tu fossi un medico, ti opereresti da solo?”. Anche il più grande guru della finanza, Warren Buffet, si confronta con i suoi collaboratori: e lui è il numero uno in questo campo in assoluto, e avrà sicuramente imparato bene a gestire le proprieemozioni. Ricordo il cardiochirurgo che ha operato mia figlia, e che ha fatto intervenire su suo figlio un altro medico e in un altro istituto, non perché più bravo di lui o dei suoi colleghi, ma semplicemente meno coinvolto.

Ecco perché penso che il calore umano e la conoscenza diretta delle persone possa essere oggi e anche domani il valore aggiunto del consulente finanziario, che dovrà usare l’intelligenza artificiale per ottimizzare i portafogli, non per costruirli.

Vuoi un bravo chirurgo per il tuo portafogli?

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Se siamo meno colti siamo anche più poveri

Uomo vitruviano

La Rai pubblicizza la serie su Leonardo, forse la mente più fulgida che il mondo abbia mai visto. Sempre sulla TV di Stato, Roberto Benigni legge i versi del Sommo Poeta, Dante, di cui quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte. In questi stessi giorni Il Sole 24 Ore pubblica anche un’indagine in cui si fotografa l’impietosa situazione scolastica in Italia: e l’immagine che ne esce non è certo edificante.

Queste notizie, come tante altre che si succedono nell’ultimo periodo, restituiscono un quadro completamente dissonante: alla grandezza della nostra Cultura si contrappone infatti la pochezza della sua diffusione.

Un Paese senza cultura è destinato a non crescere: è noto infatti che le Nazioni dove il livello culturale è più alto hanno un grado di benessere maggiore.

Se, come nel famoso giochino de La Settimana Enigmistica, uniamo i puntini, scopriamo una Nazione, la nostra, che è stata eccellenza per tanti secoli nei più sconfinati campi del Sapere, e che oggi invece si trova indietro rispetto a molte altre che l’hanno inseguita per anni e che rischia, proprio per la propria carenza culturale, di non produrre benessere.

Fonte Il sole 24 ore lunedì 22 Febbraio 2021

Ma come siamo arrivati a tutto questo?

Nell’articolo apparso il 27 settembre 2019 a firma Gavosto/Molina su Lavoce.info https://www.lavoce.info/archives/61364/italia-bocciata-alluniversita/ si sottolineava come questa situazione sia figlia di due problematiche evidenti, cioè della poca richiesta di istruzione e della scarsa offerta. Se poi aggiungiamo la penuria degli investimenti pubblici nell’Istruzione – l’Italia infatti è al di sotto della media europea – il gioco è fatto. Questa scarsità di investimenti dimostra la poca lungimiranza della nostra Politica nei confronti delle nuove generazioni.

Ci troviamo così ad essere un Paese dove aumentano giornalmente i NEET.

Questa sigla è l’acronimo inglese, piuttosto complicato, che sta per “(Young people) Neither in Employment or in Education or Training” o anche “Not (engaged) in Education, Employment or Training” e identifica i giovani che non lavorano, non studiano, non sono interessati né a formarsi né a un’occupazione duratura. Un fenomeno che riguarda tutta l’Europa, ma nel nostro Paese si accentua e raggiunge punte vicine al 40 per cento nelle regioni meno sviluppate del Meridione d’Italia.

L’assurdo è che la probabilità di trovare lavoro in Italia per un laureato tra i 25 e i 64 anni, statistiche alla mano, è di 10 punti percentuali superiore rispetto ad un diplomato e il suo reddito poi è addirittura maggiore del 50 per cento.

Un altro dato riportato da più parti è la mancanza quasi totale dell’educazione adulta e di quella finanziaria in particolare, dove ci collochiamo, anche qui, tra gli ultimi Paesi in Europa e molto indietro nel mondo.

Le statistiche ci dicono che più l’investitore ha cultura, e di tipo finanziario nello specifico, maggiore è la probabilità che questi ottenga risultati migliori dai propri risparmi. Questo fa sì che un risparmiatore/investitore evoluto possa liberare risorse che a loro volta saranno il volano per accrescere produttività e ricchezza per tutti.

Da uno studio di Black Rock Investiments (il primo gestore mondiale) fatto in 13 Nazioni europee e su 27 mila soggetti intervistati, è emerso che gli Italiani sono un popolo di risparmiatori, ma non di investitori. Ci collochiamo al vertice per quanto riguarda il risparmio e in coda alla classifica per gli investimenti, perfettamente in linea con la nostra poca cultura finanziaria.

Sostenere che la Cultura sia solo un costo è un errore madornale: è invece un investimento per il futuro. Lo dimostrano per esempio i dati riportati dalla Regione Emilia Romagna sul proprio portale di statistica, che evidenziano come il progetto “Io sono Cultura” abbia portato il PIL regionale ad aumentare nel 2018 rispetto al 2017 del 4,5 per cento. “Ignorare è utile” non sembra insomma uno slogan di cui andare particolarmente fieri.

Puoi migliorare la tua cultura finanziaria e il tuo status di investitore seguendo la mia newsletter e i miei webinar.

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COSA SONO I MUTUI GREEN?

Si sente ormai da un pò di tempo parlare di svolta Green dell’economia e della produzione, ed oggi con l’etichetta Green abbiamo anche i mutui.

Ma cosa sono e a chi possono interessare?

Si rivolgono principalmente a quelle persone che decidono di acquistare una casa in classe energetica A o B, oppure che vogliono ristrutturare portando un miglioramento energetico di almeno il 30%, così come stabilito dalla Commissione UE.

In Italia le case con una classe energetica A o B sono solo il 10% del totale come si può rilevare dalle stime di ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie).

Malgrado l’esiguo numero delle abitazioni disponibili la percentuale di richieste salgono grazie anche a due fattori, uno il Bonus 110% due, il fatto che le banche hanno deciso di applicare a chi richiede un mutuo uno i sconto sul tasso, di solito lo 0,10%, se la richiesta soddisfa le direttive UE.

Come possiamo chiedere un mutuo Green quindi?

Ci sono due strade, se acquistiamo la casa bisogna presentare una certificazione energetica (APE) dove si evince che l’abitazione abbia una classe energetica Ao B, se invece non si tratta di acquisto, ma bensì di riqualificazione dovrò aspettare per l’adeguamento del tasso che i lavori siano ultimati e che il miglioramento energetico sia di almeno il 30%.

Come si può ben pensare le regioni dove l’attenzione ai mutui Green è più alta sono il Trentino e la Valle D’Aosta, seguite dal Veneto.

Sicuramente la vicinanza del Trentino all’Austria dove le case Ecosostenibili hanno una tradizione più lunga, aumenta l’interesse verso i mutui Green.

Sicuramente è appetibile il tasso sul mutuo, ancora di più il risparmio che andiamo ad avere in termini energetici e quindi di costi nella gestione della nostra casa.

Questi risparmi possono essere utilizzati per rivedere il mutuo in un’ottica finanziaria, come dovrebbe essere sempre, e non come un semplice debito da estinguere.

Dobbiamo pensare che un acquisto a rate potrebbe essere ottimizzato da un accantonamento a rate per ridurre l’incidenza del costo, quale miglior occasione di usare il proprio risparmio?

Se vuoi capire come pagare meno interessi sul mutuo……….

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Razionalizzare l’esperienza per farla diventare memoria

È passato ormai un anno dall’inizio della Pandemia di Covid19. In questi ultimi giorni mi sono fermato a riflettere su quello che ho scritto e detto lo scorso anno proprio di questi tempi: una cosasu tutte in particolar modo mi ha colpito, perché sembrava una vera e propria profezia.

Che differenza passa tra esperienza e memoria? Mi chiedevo allora.

Esperienza, nell’enciclopedia Treccani, è definita la conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione. L’esperienza va associata con l’esperimento, specialmente in campo scientifico. Come si può ben capire l’esperienza ha un certo fondamento scientifico: a meno che, come succede nell’epoca che stiamo ancora attualmente vivendo, la conoscenza diretta non abbia anche una forte connotazione emotiva, per cui le emozioni come la paura o l’incertezza nel futuro, ne alterano i risultati.

Ogni qual volta facciamo un’esperienza in campo finanziario, dalla crisi del 2000-2003, alla crisi del 2008, fino a quella che stiamo vivendo oggi, pensiamo che sia diversa, adducendo semprediverse motivazioni.

Nel 2000-2003 si diceva: “Questa è una guerra: adesso ci sarà la Terza Guerra mondiale, Internet è finito”. Facevano sembrare quella crisi diversa da tutte le altre, con paura che finisse il mondo, che l’Umanità si estinguesse come i dinosauri o altro ancora.

Nel 2008 si diceva: “Questa volta è diverso: è una crisi di sistema, non ci si riprenderà più, il sistema bancario è finito e i mercati non si riprenderanno più”. Sembrava fosse arrivata la fine del sistema economico finanziario conosciuto.

Oggi a cavallo della crisi 2020-2021 si dice: “Questa volta è diverso per davvero: il mondo non aveva mai dovuto affrontare prima una pandemia come questa, e non riuscirà a fermarla, l’economia mondiale esploderà, moriremo tutti…”

E mi sono limitato agli accadimenti degli ultimi vent’anni, quelli che ci ricordiamo meglio. Mentre le viviamo, però, tutte le situazioni sembrano nuove e subentra la paura del cambiamento, dell’impossibilità di gestirle, di capirle e chi più ne ha più ne metta.

Se guardiamo oggi alla crisi del 2008, ci limitiamo a verificarne l’impatto economico, rapportiamo i dati con la crisi precedente e analizziamo il drawdown (che non è altro che la correzione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario dal suo massimo al suo minimo) e le successive riprese: una volta che la pancia smette di interferire con il cervello, insomma, questo razionalizza e analizza.

Cosa succederà per la crisi attuale? Tra qualche tempo analizzeremo drawdown e ripresa con raziocino e dolori di pancia sempre minori, più la crisi si sarà allontanata. Questo non è altro chel’effetto della memoria: il ricordo di un evento, del suo impatto e delle conseguenze e cosa è successo subito dopo.

Nell’enciclopedia Treccani la Memoria è definita, in generale, come la capacità di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte.

Oggi possiamo ad esempio pensare all’11 settembre 2001 in maniera più razionale: sentiamo un dolore completamente diverso da allora, perché sappiamo come è finita, abbiamo cioè la risposta a tutti gli stimoli esterni che allora ci sono arrivati. In quel momento storico, però, mantenere la barra dritta è stato faticoso, perché l’esperienza non era ancora diventata memoria.

Come imparare a gestire l’esperienza in relazione alla memoria in campo finanziario? La figura del consulente serve proprio a questo: a fare in modo che l’esperienza sia superata nel migliore dei modi e diventi memoria per i propri clienti.

La razionalizzazione delle esperienze passate ormai diventate memoria e lo studio di quanto avvenuto aiutano il consulente a leggere quello che potrà avvenire, e quindi a dare le risposte migliori al proprio cliente.

Se vuoi scoprire se, oltre a una grande esperienza, ho anche una buona memoria.

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Perché la cancellazione del debito sarebbe un male per l’Italia?

In questi giorni si parla insistentemente della cancellazione del Debito pubblico: Francia e Italia hanno ventilato la cancellazione del debito detenuto dalle Banche Centrali.

A onor del vero, già il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, in una sua intervista datata 15 novembre 2020 a La Repubblica, l’aveva definita “un’ipotesi interessante”.

Al di là della ventata populista da cavalcare o meno, una situazione del genere potrebbe avere una ripercussione negativa sull’EuroZona in generale e sull’Italia in particolare.

Christine Lagarde, attuale presidentessa della Banca Centrale Europea, si è affrettata a dire che la cancellazione del Debito è illegale ed è inutile, togliendo così ogni velleità a chi vorrebbe cavalcare l’onda: lo vieterebbe infatti l’Articolo 123 del Trattato sull’Unione Europea.

Facciamo l’ipotesi assurda che il Debito sia invece cancellato e vediamo alcuni scenari che potrebbero presentarsi. I Paesi dell’EuroZona vedrebbero cancellati i debiti che sono al momento nella pancia delle Banche Centrali e, se per quanto riguarda i singoli bilanci tutto ciò è un bene, per l’EuroZona invece no, e per due motivi:

  1. Si metterebbero in pancia alla BCE perdite di bilancio ingenti, che potrebbero avere ripercussioni sulle manovre successive di aiuto o di altro genere;
  2. Si minerebbe la credibilità dell’EuroZona, allontanando così gli investitori stranieri.

Analizziamo lo scenario italiano.

Le cose dette per l’Europa valgono anche per l’Italia. La credibilità italiana potrebbe essere anzi minata ulteriormente dal fatto che il nostro Debito è quello più rilevante; inoltre paghiamo la scarsa credibilità del nostro sistema politico.

Gli investitori non verrebbero più volentieri ad investire il loro denaro nel nostro Paese, perché sarebbero portati a credere che, un domani, basterebbe un colpo di spugna a cambiare le carte in tavola. La poca certezza renderebbe troppo rischioso portare denaro nel Belpaese: risorse, queste, che sarebbero destinate ad altri Paesi, magari meno remunerativi, ma più sicuri.

Una delle mie perplessità maggiori è il timore che l’Italia, davanti a una situazione del genere, si potrebbe comportare come quel bambino che non è mai bacchettato per le sue marachelle, ma che è sempre perdonato: quel bambino continuerà allora a fare le sue bischerate sapendo che non ne pagherà mai le conseguenze. Rischiamo perciò di non lavorare per migliorare questa nazione, ma continuiamo a comportarci nello stesso modo ricreando debito e non valore.

Per i risparmiatori, l’azzeramento del Debito potrebbe essere una notizia deleteria per due motivi:

1. Per i possessori dei Titoli di Stato, che non saranno oggetto di cancellazione: si parla infatti di cancellare, come detto prima, solo quelli in pancia alle Banche centrali, che avranno inevitabilmente una ripercussione negativa sul capitale;

2. Chi invece investe in prodotti di risparmio gestito o nelle polizze, vedrebbe i propri fondi subire delle oscillazioni a causa dei titoli italiani in portafoglio che si deprezzerebbero.

Anche per gli imprenditori non sarebbe una bella notizia: non ci sarebbero più capitali esteri in entrata, con ripercussioni su tutta la filiera produttiva e distributiva.

Riassumendo: la cancellazione del Debito non serve alle nazioni per la credibilità, ai risparmiatori per il deprezzamento dei risparmi, agli imprenditori per la mancanza dei flussi di capitali; lasciando da parte le ripercussioni sull’Euro e anche quelle sociali. Proviamo infatti a pensare a un tedesco che veda cancellato gran parte del debito italiano, con contestuale buco di bilancio della BCE che si ribalta anche su di lui: probabile che, in un caso come questo, qualche tensione sia plausibile.

Il Recovery Fund, MES rivisto e corretto come ventilato da qualcuno, e una profonda ristrutturazione della Pubblica Amministrazione e della burocrazia italiana, sono sicuramente le strade virtuose che dobbiamo seguire per migliorare la nostra situazione.

Resta il nodo del debito alto e del rischio di deprezzamento per chi detiene titoli di debito dello Stato Italiano: prima o poi “l’effetto Draghi” diminuirà e si tornerà a parlare di sostenibilità del debito. Qualcuno ha già cominciato e quindi ci aspettano spread e deprezzamento.

Esiste un modo per difendersi da questa situazione? Investire per obiettivi e diversificando. Se vuoi saperne di più:

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Il segreto per essere un buon investitore? Essere un po’ Napoleone un po’ contadino

Vi starete chiedendo cosa c’entri Napoleone. Sul contadino invece avrete meno perplessità, perché è molto più semplice ricondurre un buon comportamento alla cara vecchia saggezza popolare, quella che guarda alle stagioni e al loro inesorabile avvicendarsi.

Ogni anno le stagioni hanno la stessa cadenza: inverno, primavera, estate, autunno. L’Uomo si è adattato a questa ciclicità e i contadini, va da sé, hanno anche stabilito con esse un rapporto particolare.

Gli agricoltori ci hanno sempre insegnato che la neve rende fertile il terreno nella stagione calda, che in primavera si semina, che in estate e in autunno si raccoglie e si prepara il terreno per l’inverno.

Così accade in finanza. L’inverno meteorologico, per esempio, può essere tranquillamente paragonato ai cali di mercato, momenti in cui il terreno si riposa e prende forza per una nuova stagione e l’economia prende fiato per una nuova espansione. Questa considerazione è condivisa da tutti gli investitori nei momenti di calma: perché allora, “ad ogni stormir di fronde”, tutti fuggono dal mercato, magari ai minimi?

La risposta è semplice: la paura di perdere tutto attanaglia e oscura la mente, fa perdere la razionalità che invece si palesa nei momenti di calma dei mercati. È un po’ come se il nostro contadino, contravvenendo alla sua proverbiale saggezza, si facesse prendere dal panico quando la temperatura scende sotto lo zero.

Diamo allora un’occhiata a questo grafico, che mostra i vari stati d’animo e le emozioni degli investitori, rapportati ai vari momenti dell’andamento dei cicli di mercato.

L’investitore solitamente vuole entrare nei mercati solo nei momenti di euforia e uscirne nei momenti in cui è terrorizzato oppure si sente sconfitto, facendo esattamente il contrario di ciò che dice la logica e insegna la saggezza popolare. Come fare allora per non incappare in questo errore? La risposta è semplice: diversificare, facendo sempre tesoro dell’esperienza del contadino.

Non esiste un agricoltore che nel suo orto pianta solo un tipo di verdura, ma in esso si troveranno svariati tipi di ortaggi. Se la stagione andrà male per i pomodori, l’agricoltore potrà mangiare le zucchine o altre tipologie di verdure. La stessa cosa va fatta con i nostri soldi: la scelta ottimale sarebbe utilizzare strumenti diversi, per ridurre il rischio di perdere e per difendere
il nostro portafoglio dalle oscillazioni di mercato: cioè non solo dalle nostre emozioni, ma anche dai tassi bassi oppure da entrambi. Una corretta diversificazione deve riguardare non solo il tipo di strumento, ma anche la durata degli stessi. Strumenti a breve termine, come ad esempio i Bot, e strumenti di lungo termine, come un fondo pensione, hanno durate e logiche di investimento diverse, che rendono diversa la loro modalità di utilizzo.

Dobbiamo inoltre tenere in considerazione il posizionamento geografico. Se investo tutto nel mercato europeo, e questo va bene, allora ho fatto centro: ma se va male? Suddividere gli investimenti in varie aree geografiche mi tutela da questo rischio: se va male l’Europa magari trarrò utili dai Paesi emergenti o dall’America.

Sì, ma direte voi: la storia del contadino l’abbiam capita. Cosa c’entra dunque Napoleone?
C’entra perché, arrivati a questo punto, non dobbiamo dimenticare di pianificare. E quando si tratta di farlo, la tattica di un Cristoforo Colombo qualsiasi – ovvero partire con le caravelle così, all’avventura – non è certo la strategia più indicata per programmare il nostro viaggio nel mondo dei mercati e della nostra vita.

Preferibile invece usare una strategia alla Napoleone, che non per niente è conosciuto come uno dei più brillanti strateghi della Storia: Napoleone non lasciava nulla al caso, pianificava ogni mossa e conosceva nel profondo sia gli avversari sia il campo di battaglia. Non solo: ogni soldato del suo esercito aveva la sua collocazione all’interno di un piano ben definito.

I nostri risparmi sono come i soldati di Napoleone: devono essere collocati all’interno del nostro esercito in modo logico e ordinato, secondo una corretta strategia. In prima linea collocherò i soldi che, tra sei mesi, mi serviranno per comprare l’automobile: da questo denaro mi aspetterò un ritorno minimo, ma che non retroceda. A fianco della prima linea, in perfetto stile napoleonico, metterò “la colonna”, cioè il denaro che mi servirà per l’acconto di una casa tra cinque anni e che mi difenderà dalle oscillazioni. In ultimo “il quadrato”, che avrà due funzioni, proteggere e difendere: sarà il denaro cioè che rappresenta gli investimenti a lungo termine e i soldi che potranno essere destinati all’università di mio figlio. Se voglio creare movimento, chiamerò la cavalleria, cioè le azioni che possono creare quel qualcosa in più, ma che devono essere inserite nel modo e nei tempi giusti. In fondo, nelle retrovie, i generali: ovvero il denaro che mi serve per la pensione.

La cosa probabilmente più difficile è dare un nome e un cognome al proprio denaro, ma è quello che bisogna imparare a fare. In Italia, da quando hanno avuto accesso a tutti gli strumenti finanziari che oggi conosciamo, gli investitori hanno commesso una serie di errori: uno su tutti ha visto l’utilizzo delle azioni nella stessa modalità con cui trattavano i Bot, uscendone scottati. Il nostro orto degli investimenti deve avere molte varietà di ortaggi, che non maturano nello stesso periodo e che servono per preparare piatti diversi a seconda di ciò che vogliamo mangiare; e dovremo dividere il nostro orto secondo una strategia degna di Napoleone, questo sarà il modo migliore per raggiungere i nostri obiettivi.

Se volete i consigli di uno stratega contadino, saggio e lungimirante, che sa in quale stagione seminare e raccogliere, ma che non esita a chiamare la cavalleria quando serve, non avete altro da fare che contattarmi, cliccando qui sotto e compilando il form. Arriverò alla carica!

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