La Cina cristallina

Nell’ultimo periodo si è tornati a parlare in modo prepotente della Cina: qualcuno ha ventilato problemi sistemici che potrebbero toccare il mondo intero, paragonando Evergrande a Lehman Brothers.

Andiamo con ordine. Innanzitutto il mondo ha imparato dai mutui subprime che la logica del “punirne uno per educarne cento” ha come risultato un effetto boomerang: questo è sicuramente il nodo più complicato per il Governo cinese che, se da una parte deve punire Evergrande, dall’altra deve certamente anche tutelare i risparmiatori.

I numeri stessi del debito non danno ragione alla teoria: il debito di Evergrande è infatti high yield, mentre Lehman era una A; avere un rating A vuol dire offrire un’ampia garanzia di restituzione del capitale a fronte di cedole basse e quindi attira molti più investitori prudenti; la possibilità di oscillazione più alta di Evergrande ha invece scoraggiato gli investitori prudenti: restano così lontani molti risparmiatori che non sono disposti a pagare il rischio a fronte di un guadagno più alto.

Se Evergrande può essere uno spauracchio per il breve termine, lo stesso a mio avviso non si può dire per il lungo termine, sul quale il Governo cinese ha le idee ben chiare. Sono infatti molteplici gli obiettivi di Xi Jinping e del suo esecutivo, il più importante dei quali è il raddoppio del PIL entro il 2035. Nei prossimi vent’anni si punta anche a una crescita più bassa: si ipotizza di passare dal 5,5 per cento annuo al 4 per cento, cosa che sembra in antitesi con l’obiettivo raddoppio, ma che ha la sua logica: l’idea è incentivare i consumi interni a scapito delle sole esportazioni, per ottenere un substrato economico sostenibile.

Il Governo cinese punta inoltre alla decarbonizzazione entro il 2060: una transazione che, mio parere, non sarà certo indolore per molti dei settori manifatturieri della Cina, ma che nel lungo termine migliorerà sia la qualità della vita sia l’immagine di questo Paese nel Mondo. Questo nuovo paradigma potrà a questo punto attirare capitali dall’estero, specialmente da parte di chi è attento all’ambiente e che in questo momento non ha particolare interesse a dare i propri denari a una nazione che inquina molto: anche se, per assurdo, l’inquinamento pro capite dei cinesi è inferiore a quello degli statunitensi. È l’elevato numero della popolazione che aumenta la cifra finale.

Oltre che sull’ambiente, la Cina ha posto una forte attenzione sulla ridistribuzione del reddito, cioè la possibilità di aumentare il benessere delle classi meno abbienti grazie alla redistribuzione del gettito fiscale: una situazione, questa, che porterà un livellamento delle diversità tra le varie regioni, con quelle più rurali che al momento soffrono. Anche questa manovra sarà un volano per quegli investitori attenti ai diritti umani, all’inclusione e all’uguaglianza, che in questo momento non investono in Cina perché da questo punto di vista c’è ancora molto da fare. Un’altra battaglia che la Cina sta combattendo è quella anti-monopoli e anti-corruzione: lo dimostrano le manovre dell’ultimo periodo contro i colossi hi-tech. Su questa base il Governo cinese si dovrà muovere anche per quanto riguarda Evergrande.

Un mercato aperto, trasparente e con un sistema di credito più efficace sarà la base per disinnescare i rischi finanziari che la Cina si troverà ad affrontare, e solo una regolamentazione chiara potrà far crescere in modo corretto il sistema-paese. Va letto in un’ottica garantista anche il fatto che la Cina abbia bandito le cripto-valute: la logica è che la moneta debba essere una prerogativa dello Stato sovrano, che ne detta le regole, e non di persone che dall’oggi al domani possano chiamarsi fuori con danni ingenti agli investitori.

Dunque la Cina vuole dare un’immagine nuova di sé e lo fa mettendo regole e cercando di essere più cristallina: magari in un prossimo futuro assisteremo a un allineamento del mercato e a una sempre maggiore trasparenza, cosa che allenterebbe ad esempio le tensioni con gli USA. 

Perché sono così positivo? Ritengo che la strada intrapresa dalla Cina non possa che portare al successo: come tutte le strade potrà essere lastricata di insidie, che potranno essere superate solo considerandole piccoli intoppi che non potranno fermare l’incedere, verso la leadership economica mondiale, di una corazzata composta da ben 1,4 miliardi di persone.

Vuoi cavalcare con me l’onda cinese? Surfiamo insieme.

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Il Fattore “3C”

Sono certo che una delle domande più comuni che si pone chi si approcci al mondo della Finanza e che pensi di investire un po’ del proprio capitale per farlo fruttare sia: perché dovrei farmi affiancare da un consulente per gestire il mio portafogli? Io ho individuato non una, ma ben tre ragioni per cui scegliere di farsi aiutare da un consulente finanziario: ho chiamato queste motivazioni “Il Fattore 3C”.1. C come Coach 

Qualche giorno fa leggevo un articolo sul cosiddetto “Money Coach, una figura professionale che si si sta diffondendo negli Stati Uniti e che adesso sta arrivando anche in Italia: un motivatore, noi lo chiameremmo, che dovrebbe abituare le persone a pianificare al meglio la gestione del proprio denaro, a partire anche dall’ambito più banale del quotidiano.

Nell’articolo si diceva che la figura, qui da noi, sembra rivolgersi specialmente alle donne italiane che, purtroppo, non hanno mai amato particolarmente la gestione del denaro; faccenda che,se possono, demandano volentieri ad altri. Nella mia più che ventennale esperienza ho trovato molte persone che non amano gestire il proprio denaro: anche se questo non pregiudica in alcun modo le predisposizioni di ogni singolo individuo, devo ammettere che, anche nel mio caso, la percentuale femminile riscontrata è superiore a quella maschile.

La prima cosa che cerco di fare da sempre con i miei clienti, indipendentemente dalla loro appartenenza di genere, è allenarli ad avere un rapporto con il denaro, il tutto attraverso incontri frequenti e una comunicazione cristallina.

L’unico modo di avvicinare le persone a qualunque ambito è farglielo conoscere conSemplicità (la “S” del mio Metodo SFIDE), con l’uso frequente di concetti chiari ed esempi semplici, ma anche favole, novelle, metafore: il tutto per migliorare la loro comprensione di concetti che, altrimenti, non sarebbero così immediati. Risparmiare e investire sono due cose che vanno allenate, allo stesso modo di altre cose nella vita. Un esempio? Ricordate le tabelline? Se non allenate la mente, non le ricorderete più e ricorrerete presto alla calcolatrice.2. C come Consulenza

Sembra scontato, ma così non è. Una volta quello che veniva chiamato Promotore Finanziario si doveva curare solo ed esclusivamente degli investimenti; oggi, con il mondo in evoluzione, le variabili in gioco diventano molte e variegate. La famiglia, l’azienda hanno esigenze diverse rispetto a solo trent’anni fa.

Due esempi su tutti. La percentuale di studenti universitari che si reca all’estero è sempre maggiore e i costi per i loro genitori, di conseguenza, sono diversi rispetto a coloro che mandano i figli al liceo vicino casa per poi inserirli in azienda. Pianificare gli studi con un piano d’accumulo di pochi euro oggi, potrebbe risolvere un problema di denaro che potrei avere tra vent’anni quando mio figlio si dovrà iscrivere all’università.

Per quanto riguarda le aziende abbiamo un tema di passaggio generazionale e un problema del credito importante: un consulente che non guarda questo procede con i paraocchi. Nel mio Metodo SFIDE pongo la I di Informazioni Incontri e la E di Educazione Finanziaria al primo posto: informare le aziende dei rischi che si corrono a non compiere determinati passaggi, per permettere la sopravvivenza dell’impresa in un passaggio ai figli della gestione; oppure avere un buon rating che permetta di ricevere un finanziamento più agevolmente; o ancora incontrare la famiglia per pianificare il futuro dei figli. Sono tutte attività che svolgo regolarmente come consulente.3. C come Conoscenza

Non mi farei mai operare da un chirurgo che non frequenti corsi di aggiornamento con assiduità: le tecniche operatorie si evolvono, i materiali medicali cambiano e io voglio essere operato da un professionista preparato.

Vorrei essere seguito da un consulente finanziario allo stesso modo: ecco perché ogni anno,oltre alla formazione obbligatoria che l’azienda già eroga in abbondanza, cerco altri corsi per aumentare la mia conoscenza, in modo da essere sempre più utile ai miei clienti. Quest’annosto seguendo il Master in Finanza Comportamentale dell’Università Nicolò Cusano di Roma:perché oggi più che mai le scelte emotive in finanza valgono di più dei titoli acquistati.

A questo proposito ti chiedo di partecipare a una ricerca – del tutto anonima – che sto compilando per la tesi. Si tratta di un questionario della durata di pochi minuti con cui mi aiuterai ad avere più dati possibili e a dare un servizio migliore alle persone che già seguo e a quelle che vorranno in futuro essere seguite da me e dal mio team:

https://forms.gle/zQ9Aqiun1QqktEmY6

Grazie!

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Commodity

“Un mio amico ha investito in commodity e ha guadagnato un sacco!”. L’altro giorno ero da uncliente quando è arrivato il suo vicino di casa e si è seduto con noi durante la nostra chiacchierata.Ha subito aggiunto: “Peccato che non l’ho fatto anche io!” e ha rincarato la dose, chiedendomi in maniera diretta se avessi mai fatto investire in commodity anche il mio cliente.

Il lavoro svolto con il mio cliente è chiaramente rimasto segreto: ho colto comunque l’occasione per indagare quali fossero le basi da cui nascevano le affermazioni di questo suo conoscente. È emerso che questo signore pensava che le commodity fossero solo oro, petrolio, rame e pochi altri metalli preziosi, e pensava che il suo amico avesse investito in oro: se così fosse stato, però,nell’ultimo anno i guadagni non ci sarebbero stati (vedi grafico). 

Ho continuato a far domande e l’interlocutore si è rivelato loquace: mi ha parlato delle sue esperienze come investitore, che andavano dai buoni postali a trent’anni per i suoi figli fino a Eni, Enel, qualche azione e obbligazione bancarie e qualche fondo comune, che non ama molto perché fatica con le quotazioni. 

Direi che il vicino di casa del mio cliente è proprio il prototipo italiano dell’investitore. 

Nel continuare la nostra chiacchierata ho spiegato che le commodity comprendevano molto di più che quello che lui conosceva: mancavano ad esempio tutte quelle dell’agricoltura. Come non citareil film Una poltrona per due con il suo famoso succo d’arancia (ne avevo anche scritto qui), ma anche il gas naturale o l’alluminio. Il problema consiste nel fatto che l’investimento in questo asset si rivela solitamente volatile, perciò si tratta di un investimento che non può essere per cuori deboli. Se prendiamo solamente il petrolio, un anno e mezzo fa ha avuto un crollo verticale, con addirittura investitori disposti a perdere pur di vendere i contratti futures sul petrolio stesso. 

Come sempre, quando si parla di valutazioni extra in strumenti finanziari e la stampa diventa ridondante sull’argomento, la nostra fantasia comincia a volare, pensiamo a rendimenti a due cifre egià ci immaginiamo su uno yacht al largo della Sardegna o alla guida di una Lamborghini. Non voglio disilludere nessuno, ma ho visto poche persone nella mia vita arrivare a questi risultati: la sana pianificazione di cui scrivo spesso (e di cui di solito, purtroppo, si fa poco uso) e la gestione di spese e risparmi sono le uniche strade per arrivare ai risultati che desideriamo. Fare comeCappuccetto Rosso, insomma, non paga.

Una ricerca Consob ha rivelato che solo il 35 per cento degli italiani pianifica investimenti e risparmi, molti di meno rispetto a quelli che cercano sui cataloghi lo sconto per il detersivo. In questi giorni al Salone del Risparmio, annuale incontro per  il settore finanziario, si è parlato chiaramente di ESG, Cina e di tutti quegli argomenti riguardanti gli investimenti, ma anche di Educazione Finanziaria e di come ci sia un grande bisogno di conoscenza.

Se il vicino di casa del mio cliente avesse anche solo saputo cosa sono le commodity e come avvengono le quotazioni e gli scambi di queste ultime, forse si sarebbe reso conto che era un mercato particolare a cui lui poteva o meno partecipare. Se avesse investito e guadagnato in un periodo particolarmente felice, avrebbe avuto l’illusione di aver scoperto la gallina dalle uova d’oro, se invece avesse perso, avrebbe perso da lì in poi altre occasioni.

Come non mi stancherò mai di ripetere, ogni persona ha il suo mercato e la sua propensione al rischio. È come per la dieta: meglio andare da un nutrizionista e farsela fare su misura, che mettersi a cercare consigli su Internet e rischiare di rovinarsi la salute.

Un buon paziente conosce a grandi linee la sua malattia, ma la cura gliela darà solo un buon medico; un buon imprenditore conosce la sua azienda, ma il bilancio lo farà un buoncommercialista; un buon investitore conosce le sue finanze, ma gli investimenti glieli farà un bravo consulente.

Errare humanum est, ma perseverare non è sempre ovest.

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… E se lo dice il Re!

“I titoli di Stato sono spazzatura”, parole e musica di Bill Gross.

In una nota, colui che è considerato da tutti il Re delle Obbligazioni, si è espresso in questo modo molto colorito per segnalare la sua preoccupazione sui titoli di debito degli Stati, e di quelli americani in particolare. Quali sono le ragioni per cui Bill Gross, colui che in piena crisi mutui sub-prime consigliava il governo americano, si esprime in questo modo?

La sua preoccupazione parte dal rendimento dei Tresuary americani: i titoli di Stato statunitensi a dieci anni hanno infatti toccato recentemente l’1,29 per cento  di rendimento annuo. Gross esterna la sua paura che gli investitori che acquistano tresuary a dieci anni con un rendimento così basso – sotto l’inflazione, per intenderci – potrebbero trovarsi con una perdita capitale importante una volta che il rendimento dei titoli risalirà al 2 per cento. Cerchiamo di capire cosa può succedere. Immaginiamo di avere una bilancia: da una parte i tassi di interesse e dall’altra il valore del titolo;al salire di uno, corrisponde la discesa dell’altro: ma perché?

Pensiamo di acquistare il titolo all’1.29 per cento oggi e di pagarlo 100. Tra sei mesi il Tesoro americano emette un titolo al 2 per cento con rendimento che costa 100. Un nuovo investitore quale titolo prenderà? Sicuramente quello al 2 per cento. Quindi come posso io vendere il mio titolo all’1,29 per cento? Facile: faccio uno sconto sul prezzo, cioè lo ingolosirò facendoglielo pagare meno di 100. Ecco spiegata la prima preoccupazione di Gross: se i tassi salgono al 2 per cento,l’investitore vedrà una diminuzione di capitale importante.

Seconda preoccupazione: chi comprerà i tresuary quando la FED smetterà di comprarli? Ho già spiegato come le Banche centrali prima o poi faranno il tapering. Gross si chiede: con un’inflazione al 2 per cento e una prospettiva di crescita economica ancora importante, chi comprerà i titoli quando la FED smetterà di farlo? Domanda lecita: legge della domanda e dell’offerta, se nessuno li vuole il prezzo scende o addirittura non si arriva al collocamento, ed essendo i titoli di Stato un’entrata per lo Stato cosa potrà succedere?

Alla luce di quanto detto le preoccupazioni di Gross sono lecite: ma anche noi dobbiamo averle? Gross ragiona come un gestore, cioè colui che compra e vende giornalmente titoli, e il suo modo di ragionare va assolutamente bene per chi fa il suo lavoro, ma non per l’investitore.

Torniamo ai nostri titoli di Stato americani a dieci anni all’1,29 per cento: se li ho comprati per tenerli dieci anni e guadagnare quella cedola all’anno, la domanda nasce spontanea: mi interessa qualcosa della variazione dei tassi possibile dell’anno prossimo? La risposta è NO: io porto a scadenza il titolo incasso 100 e arrivederci. Quello che abbiamo appena visto è la classica diversità che passa tra strategia e tattica; la prima è tengo dieci anni e arrivederci, la seconda è: lavoro tutti i giorni sul differenziale compro/vendo.

Ultimo spunto di riflessione: se il denaro è messo a dieci anni per permettere a mio figlio di portare a termine gli studi, è strategia o tattica? Per me la risposta è una e una sola.

Vuoi fare strategia? Anche Napoleone non studiava da solo la sua strategia.

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Torri Gemelle, vent’anni dopo

Quando quell’11 settembre del 2001 arrivò la notizia dell’attacco alle Torri Gemelle, io ero in auto e stavo percorrendo l’autostrada: Radio 24 trasmetteva la notizia, ma era tanto il trasporto dei giornalisti nel comunicarla, che si faticava quasi a capire l’entità dell’attacco. A quei momenti seguirono ore e giorni complicati, in cui si faticava a essere razionali: eravamo tempestati dalle immagini dei due aerei che si schiantavano uno dopo l’altro contro i giganti di cristallo simbolo di una New York fino ad allora inattaccabile, cancellando in un momento centinaia di vite.

Ricordo che quella sera incontrai un cliente, che naturalmente era molto emozionato e scosso da quanto era successo. Avevamo fissato l’appuntamento per fare un piano d’accumulo di una cifra importante: voleva accantonare del denaro per risistemare, di lì a qualche anno, una parte della casa per destinarla a sua figlia. Durante gli incontri precedenti avevamo stabilito quasi tutto, e invece quella sera, quando arrivai, trovai sua moglie talmente impaurita della possibilità di una terza guerra mondiale che non voleva più investire nel mercato che avevamo stabilito, ma da tutt’altra parte.

Restai tre ore a casa loro, cercando di farli ragionare in modo razionale, provando a far loro capire che il mondo probabilmente non sarebbe finito, che lo scossone di quel momento sarebbe stato riassorbito e che acquistare sui ribassi era come andare al supermercato e trovare un 3 per 2; e che il mercato in cui volevano investire – un fondo di liquidità in attesa di capire come sarebbe evoluta la situazione – non era quello adatto.

Uscii con il contratto firmato e un orizzonte temporale, scritto sul frontespizio dalla moglie, che restava comunque scettica.

Nei due anni successivi il mercato scese sino a marzo 2003, cioè sino all’invasione dell’Iraq, e ogni volta che andavo dai miei clienti la moglie era sempre scettica e impaurita e a poco valevano le mie rassicurazioni: però avvenne che la mia determinazione, e probabilmente anche la grande fiducia che riponeva in me suo marito, fecero sì che continuarono a investire come avevo loro consigliato. Nel maggio 2007, quando vendemmo l’investimento, la cifra si era apprezzata tantissimo e la moglie del mio cliente mi disse semplicemente: “Se tu quel giorno non avessi insistito, ora non avremmo avuto questi soldi. Grazie!”

Nel settembre del 2001 non ero tranquillissimo neanche io, ma dovevo razionalizzare quel che succedeva, perché solo usando la ragione si possono analizzare le situazioni e capire quello che può succedere. Il mio lavoro è innanzitutto fare il bene del mio cliente e fargli raggiungere la meta in qualsiasi situazione.

La Storia insegna che dopo una catastrofe l’uomo reagisce e trova una strada e una soluzione e il mondo che troviamo dopo è migliore di quello che abbiamo lasciato. Oggi, a distanza di vent’anni da quel tragico evento, le emozioni si sono affievolite, ma rimane una macchia all’interno della vita di ogni persona che ha vissuto quei momenti. Chi si è fatto prendere dal panico e dalle emozioni, si lecca le ferite perché il Mercato americano praticamente ha triplicato, e chi ha venduto ha consolidato una perdita; chi ha avuto invece l’atteggiamento contrario, ha ottenuto dei guadagni.

Oggi alla radio si staparlando di Afghanistan, un argomento in voga anche nel 2001: mi sono allora chiesto perché l’impatto del ritorno del Governo Talebano sia stato meno dirompente sui mercati oggi rispetto ad allora.

Credo che una chiave di lettura, oltre a tutte le altre, possa essere l’esperienza: i mercati sanno che al problema talebano c’è una soluzione, l’abbiamo vista in questi anni, e quindi lo ritengono un evento, diciamo così, controllabile. Quello che spaventa i mercati è l’incertezza, e quindi Torri Gemelle, Mutui sub-prime, Debito sovrano e Covid19 – per citare i cigni neri più rilevanti degli ultimi vent’anni – portano nel breve a una correzione, che è solo un’interruzione momentanea del processo di crescita del mondo.

A chi storce il naso rispondo solo ricordando che “i settantenni di oggi fanno le cose facevano i cinquantenni solo 50 anni fa, e che il benessere delle persone sia migliorato è innegabile”. Quindi oggi, a distanza di vent’anni, mi restano le lacrime per le vittime di quel barbaro attentato e la consapevolezza che il genere umano si rialza e cerca di migliorare.

Se vuoi qualcuno che possa aiutarti a navigare quando l’onda dell’incertezza arriva…

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Sono folli questi imprenditori?

Qualche giorno fa, mentre leggevo un articolo apparso sulla rivista specializzata Focus Risparmio, mi sono fermato a riflettere su un dato che mi ha incuriosito molto: per il 2021 il Buy-back è visto in crescita del 35 per cento e il fenomeno sarà perciò molto più elevato rispetto ai due anni precedenti (2019-2020). Il Buy-back è un’operazione di riacquisto di azioni proprie, cioè: se da imprenditore faccio buy-back, significa che procedo al riacquisto di quote della mia azienda.

A questo punto sorge spontanea la mia riflessione: se si acquistano proprie azioni, malgrado la crescita dei Mercati dei mesi scorsi e l’aumento possibile della volatilità dei prezzi sul mercato azionario, i casi sono due, o gli imprenditori sono diventati tutti folli o vedono una crescita.

Già all’inizio del secolo, dopo i crolli del 2001-2003, abbiamo assistito a una serie di buy-back e l’Economia ha fatto alcuni anni di corsa; la stessa cosa è accaduta dopo le crisi Sub-prime e dopo la crisi del Debito Sovrano del 2011. Non voglio fare previsioni che possono essere smentite domani, ma sicuramente ci sono gli indizi che supportano la tesi che un’ondata di buy-back è un segnale di buone prospettive.

Il Sole 24 Ore pubblicava una settimana fa che il Debito (cioè i titoli di Stato e le obbligazioni) è arrivato al 75 per cento del PIL mondiale: una situazione allarmante. Non vige infatti la regola “debiti incrociati, annulliamo il tutto”, perché i Paesi più virtuosi potrebbero passare alla cassa, creando chiaramente problemi a chi i debiti li ha. In questi giorni invece dagli Stati Uniti giungono messaggi contrastanti sul Tapering, cioè sul fatto che la FED possa drenare liquidità: cosa che ha innervosito alquanto i Mercati. È lecito chiedersi se prima o poi le Banche Centrali non cercheranno di ridurre i loro interventi. Tutto questo scenario può avere effetti diversi sulle azioni e sulle obbligazioni, ma come sempre un investitore avveduto ha diversificato, cercando di proteggere il proprio investimento.

Quali sono gli scenari che possiamo perciò attenderci?

Resto personalmente scettico sul Mercato obbligazionario, che continua ad avere tassi bassi; persiste soprattutto un rischio di rialzo dei tassi da parte delle Banche Centrali, che potrebbe essere deleterio per il settore: quindi la ricerca di aree geografiche e settori del mercato obbligazionario diventano fondamentali. Oggi più che mai bisogna essere selettivi nel cercare il mercato obbligazionario. I Mercati emergenti e la Cina soprattutto, come ho già sottolineato in passato, possono essere un mercato da guardare in prospettiva.

Mi stuzzica maggiormente il concetto del Buy-back: è risaputo, anche i più intransigenti devono ammetterlo, che nel lungo periodo il Mercato azionario rende maggiormente di quello obbligazionario. Tutti i dati lo confermano. Il mercato azionario resta di certo estremamente volatile e quindi difficile da digerire per molti.

È sicuramente ora di fare un ulteriore passo come risparmiatori, anche se, a onore del vero, qualcosa si è già fatto: come si può vedere nel grafico qui riprodotto, gli Italiani si sono via via avvicinati al risparmio gestito, lasciando i titoli di debito italiani. Siamo cioè meno “BOT people”, ma per la poca conoscenza abbiamo commesso un errore: abbiamo infatti virato sui depositi, che per assurdo remunerano meno dei BOT.

L’unico modo per far sì che i nostri risparmi crescano in linea con quelli degli altri risparmiatori mondiali è avere consapevolezza delle cose e questa la si ottiene solo attraverso la conoscenza. Nel mio Metodo SFIDE troverete infatti la E di Educazione Finanziaria: ritengo sia questa la strada per avere un maggior benessere, perché, come evidenziato in molte ricerche, il maggior benessere passa dalla maggior cultura. Proprio per questo a breve sul sito ci sarà la sezione dedicata alla Formazione Finanziaria.

Come dice Robert Kiyosaki: “Se l’investitore non è esperto, qualsiasi suo investimento sarà rischioso. Quindi a essere rischioso non è l’investimento − è l’investitore”

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Come andare a medaglia con gli investimenti

La Divina Federica Pellegrini, giunta alla sua quinta olimpiade, quest’anno a Tokyo si è aggiudicata ben due finali: abbiamo tutti applaudito la regina del nuoto, che in conferenza stampa ci ha regalato parole scaturite da vent’anni dedicati allo Sport. Insomma: se Federica Pellegrini gestisce il suo denaro come la sua carriera, allora vincerà di sicuro un altro oro.

Quali sono gli elementi – oltre al talento, che è importante, ma non fondamentale – che permettono a un atleta di raggiungere i suoi traguardi? Ne ho trovati quattro: gli obiettivi, la pianificazione, l’allenamento e il coach. Con gli stessi criteri possiamo gestire i nostri denari e sicuramente andare a medaglia.

Primo, gli obiettivi: è la cosa più difficile da focalizzare. Andare al mare non è un obiettivo, ma bensì un desiderio. Andare al mare in Sardegna, in un hotel a cinque stelle, dal 25 luglio al 10 agosto spendendo TOT euro: questo è un obiettivo. Mandare all’università i figli è un desiderio, accantonare 30 mila euro per le tasse di un ateneo è un obiettivo. Quando chiedo ai miei clienti i loro obiettivi, ottengo sempre desideri; solo attraverso le informazioni che ricevo a ogni visita riesco a trasformare il loro desiderio in obiettivo. Siamo tutti in grado di formare un obiettivo, ma bisogna allenarsi per saperlo fare.

Secondo, la pianificazione: finite le Olimpiadi del 2012 la Pellegrini ha pianificato il percorso per raggiungere le olimpiadi di Rio 2016. La pianificazione definiva i percorsi intermedi da fare, carichi di lavoro, meeting e competizioni a cui partecipare, Campionati Italiani, Europei, Mondiali e così via. Tutta la pianificazione del quadriennio era focalizzata su Rio. Tutta la pianificazione finanziaria di un risparmiatore deve essere focalizzata ad avere risorse per una vecchiaia tranquilla, passando per l’auto, la casa, lo studio dei figli e via discorrendo. Gli investitori purtroppo soffrono di quella che definisco “Sindrome da numero in basso a destra”: guardano cioè i rendiconti come un’entità unica, senza spacchettare gli obiettivi. Pensate se Federica Pellegrini, dopo aver vinto l’oro, in un meeting mettesse in discussione tutto il quadriennio olimpico perché la medaglia che riceve non è quella olimpica: sarebbe assurdo! Invece è proprio quello che fanno la maggior parte degli investitori: mettono in discussione le scelte perché non tengono conto di obiettivi e tempo. Un investitore olimpionico guarda l’obiettivo studio dei figli con occhi diversi rispetto all’accantonamento pensionistico, ma anche rispetto all’accantonamento per l’auto. Gli atleti hanno ben chiaro che ogni passaggio, ogni risultato, persino ogni delusione è uno step per arrivare all’obiettivo finale.

Terzo, l’allenamento: qualunque atleta che si rispetti si allena tutti i giorni. L’investitore che si rispetti dovrebbe allenarsi. Ci sono per l’investitore due tipi di allenamento: l’allenamento alla Finanza, che si fa leggendo e informandosi, per arrivare a un corretto legame con il denaro; il secondo allenamento, molto più pratico, è quello di accantonare ogni mese del denaro per il raggiungimento degli obiettivi.

Infine quarto, il coach: la carriera della Divina non è stata sempre vincente, anche lei ha avuto problemi. Tutti ci ricordiamo le crisi nelle sue specialità. Anche la Pellegrini è una persona come tutte le altre e come tutte le persone è soggetta alle emozioni, alle paure e a tutti quei fattori che possono mandare in tilt il nostro cervello. In ogni momento buio della carriera, Federica si è ancorata al suo coach: l’ha anche cambiato, a volte ci ha preso, a volte no, ma sta di fatto che quando le emozioni erano più forti della logica perdeva, quando il coach la riportava alla realtà, ponendole davanti pianificazione e allenamento al posto delle paure, lei tornava a vincere. Anche l’investitore dovrebbe avere il suo coach: i mercati non sempre vanno sempre allo stesso modo, possono succedere fatti che sconvolgono il tutto, possono esserci i momenti di crollo come quelli di boom dei mercati azionari. Qui subentrano le emozioni, che possono mettere in discussione tutto ciò che si è fatto: se il mercato scende si vuol vendere tutto, se sale si perde di vista la propria propensione al rischio aumentandola.

Tutti questi fattori, che sono anche chiamati Bias Comportamentali, hanno bisogno di un coach che vi rimetta in carreggiata con la corretta pianificazione e il giusto allenamento.

Se vuoi un Coach con cui fare la tua personale Olimpiade…

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Harakiri Cina?

Sembrerebbe che il Governo Cinese abbia fatto il famoso uovo fuori dal cesto: la scorsa settimana si è scagliato nuovamente su uno dei colossi Big Tech e nella fattispecie contro Tencent, una società che detiene i diritti musicali, accusandola di anti-competitività e dandole trenta giorni per adeguarsi. La società ha dichiarato che si adeguerà alla richiesta del governo di Pechino, facendo quello che le è stato chiesto e assumendosi le sue responsabilità sociali e garantendo d’ora in poi una sana competitività.

In un momento in cui la Cina sta facendo una guerra per la supremazia economica con l’altro colosso mondiale, gli Stati Uniti d’America, sembra una mossa sbagliata quella di scagliarsi contro una big tech, tenendo conto che già altre società tra le più grandi, Alibaba per esempio, sono finite nel mirino del governo centrale. La supremazia economica infatti passa anche per la tecnologia: il potere tecnologico sarà fondamentale nella crescita. Ecco perché sembra veramente avventata la mossa del governo condotto da Xi Jinping.

Un’altra situazione che sembra in antitesi con la logica di crescita è il fatto che i consensi del Governo Cinese nascano dal benessere che in gran parte è creato dai colossi della tecnologia. Se continuiamo con una visione solo politica e di breve periodo possiamo solo dedurre che Pechino abbia preso un abbaglio. Guardando un po’ meglio – come evidenziato da alcuni economisti e da alcuni gestori tra cui Oliver Fox di JP Morgan – a livello economico la mossa di Pechino serve a sfavorire un regime di monopolio e a lasciare aperte le porte per chi vuole sviluppare nuove idee o per nuove iniziative che un regime monopolistico potrebbe non favorire.

Pechino vuole lasciare la possibilità ad altri innovatori di affacciarsi sul mercato, con l’eventualità di nuove iniziative imprenditoriali e di conseguenza l’attrattiva per i nuovi investitori che un regime di monopolio sfavorirebbero. Come sempre un mercato trasparente, con una regolamentazione e più player al suo interno, è più appetibile di un mercato con solamente pochi giocatori che possono accordarsi e che non lascerebbero spazio a nuove iniziative – sullo stile della vecchia Cina, per intenderci.

Una situazione analoga è accaduta una cinquantina di anni fa in un altro Paese orientale, il Giappone, quando il governo di Tokyo scatenò una guerra feroce in termine di competizione tra le aziende automobilistiche. A distanza di mezzo secolo vediamo quali sono state le conseguenze: Toyota, ad esempio, è sul tetto del mondo. Senza quella guerra competitiva, scatenata dal Governo del Sol Levante, il colosso automobilistico giapponese si troverebbe oggi in questa posizione di predominio?

Dobbiamo perciò riformulare il giudizio sulle scelte di Pechino: una correzione nel breve periodo è sopportabile, se l’obiettivo finale è quello di una crescita nel lungo, con una maggiore competizione e la possibilità di attrarre nuovi investitori. La guerra è appena cominciata, ma Pechino sembra avere le idee chiare.

Intanto per gli investitori si apre un’opportunità data dalla contrazione dei valori delle aziende Big Tech cinesi, contrazione che rappresenta come sempre un’opportunità di acquisto per coloro che hanno orizzonti temporali corretti e capacità di accettare la volatilità del Mercato. 

Come ripeto sempre, le opportunità di mercato vanno colte senza snaturare quella che è la propria pianificazione. Non posso pensare di passare da zero a cento in un attimo e poi da cento a zero l’attimo dopo: quanto potrebbe durare il motore? Un breve tratto a grandi velocità ci può stare, senza mai dimenticare la velocità di crociera.

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Possibilità e probabilità: su che base investire?

C’è la possibilità che l’aereo che prenderemo nei prossimi giorni cada? E che probabilità abbiamo che cada? Sono due domande lecite. Alla prima si risponde “sì”, alla seconda che la probabilità di morire per un incidente aereo è 1 si 11 milioni.

La probabilità è un parametro che possiamo misurare, la possibilità invece no. Purtroppo molto spesso ci basiamo sulla possibilità che le cose accadano, piuttosto che sulla probabilità. Un investitore chiede: “C’è la possibilità che il mio investimento scenda?” E basa la sua scelta su questo.

Non esiste nessun investimento che non abbia la possibilità di scendere. Un titolo di Stato disinvestito in un momento sbagliato potrebbe avere un controvalore inferiore: anche in questo caso la nostra pancia, cioè le nostre emozioni, ci fregano.

Nel momento in cui il 98 per cento dei clienti dell’azienda A ha dichiarato di essere soddisfatto del servizio, le nostre sensazioni diventano positive: se lo dice il 98 per cento vuol dire che è un’azienda affidabile. Viceversa, se alla domanda “che probabilità ho che il mio investimento scenda del 10 per cento?” la risposta fosse il 2 per cento, la sensazione che ne ricaviamo è quella di insicurezza.

Sui mercati esiste la Teoria del Cigno nero, cioè che un evento inaspettato possa creare una perdita sul valore dei titoli. Il cigno nero spesso viene teorizzato a posteriori, si dice cioè che l’evento che ha creato il cigno nero era prevedibile. Certamente a posteriori è molto più facile, ma prima che il fatto accada? La teoria sviluppata da Nassim Nicholas Taleb spiega che è data un’importanza sproporzionata a questi eventi, che sono molto rari e difficili da prevedere, tanto che non si riesce, proprio per la loro rarità, a calcolarne scientificamente la probabilità.

La paura che un evento accada può portarci a non fare scelte: il timore che una situazione avversa si possa presentare è sufficiente per non farci scegliere, anche se la probabilità che questo avvenga può essere insignificante, ancor di più se ne sappiamo poco; viceversa se abbiamo confidenza con una cosa, la probabilità che avvenga non ci spaventa: conosciamo la guida e sappiamo che è statisticamente elevata la possibilità di avere incidenti, ma non ce ne curiamo.

Spesso i consulenti finanziari usano parametri oggettivi per valutare il portafoglio dei clienti: ad esempio il VAR, che definisce quello che è il rischio di un portafoglio; la deviazione standard, che stabilisce come il portafoglio si comporta nel tempo; l’Indice di Sharpe e altri parametri. Tutti strumenti che stabiliscono il rischio di un portafoglio. Tutti questi strumenti sono inutili per il risparmiatore, che dà maggior risalto alla possibilità piuttosto che alla probabilità, perché non conosce e perciò è spaventato.

Questa dissonanza tra dati oggettivi e sensazioni quindi come può essere colmata? La conoscenza approfondita del cliente e delle sue emozioni diventa perciò fondamentale nelle scelte di investimento.

Il cliente che non fornisce al consulente finanziario tutte le informazioni relativamente ai propri obiettivi, denari e depositi, si comporta alla stregua del malato che si reca dal medico e omette di indicare i sintomi che sente.

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A volte ritornano: il Bail-In

Lo scorso 6 luglio, nella sua relazione annuale alla Banca d’Italia, il governatore Ignazio Visco ha riportato a galla lo spettro del Bail-In. Lo stesso governatore, che alla fine del 2020 aveva lanciato un allarme sui conti e la tenuta degli istituti di credito con minor capitalizzazione, ha espresso i suoi dubbi sulla capacità dei piccoli intermediari di adattarsi ai cambiamenti che il sistema bancario sta subendo e sulla possibilità di non avere dissesti finanziari. Alla fine del 2020 faceva notare che i costi operativi ormai erano tali da valere i tre quarti dei ricavi.

Visco ha sottolineato che l’effetto della recessione si somma alle difficoltà strutturali dei modelli delle banche commerciali tradizionali, da cui deriva una seria possibilità che si generi qualche dissesto tra le banche con minor capitalizzazione e quindi meno facilitate a cambiare struttura. In Italia è ancora in vigore, come tra l’altro in tutta Europa, la legge sul Bail-In, cioè la direttiva che dice che in caso di fallimento di una banca entrano in ballo anche i correntisti (il BRRD, Banking Recovery and Resolution Directive).

Visco ha evidenziato che i piccoli istituti devono assolutamente trovare una strada per migliorare i conti e ridurre i costi. In caso di impossibilità delle banche di migliorare i conti potremmo assistere a due scenari: l’acquisizione da parte delle banche più patrimonializzate degli istituti più piccoli oppure il fallimento degli stessi e quindi l’applicazione del Bail-In. 

In tutto questo chi ne farà le spese? Come sempre il risparmiatore, che vedrà cambiare la sua banca perdendo perciò un riferimento, perché dovrà adattarsi a una nuova operatività; oppure, in caso di Bail-In, oltre a perdere i riferimenti, potrebbe perdere anche del denaro. Le ultime acquisizioni hanno creato non pochi problemi ai risparmiatori, come ho più volte evidenziato, ma peggio sarebbe un bail-in. In caso di attuazione della direttiva BRRD i risparmiatori che detengono azioni o obbligazioni della banca si vedranno attaccare il loro patrimonio.

Nel 2015 il governatore Visco chiese di chiarire la normativa ai cittadini, in modo che sapessero a cosa sarebbero andati incontro in caso di attuazione: sappiamo tutti come andò a finire tra il 2015 e il 2016, quando fallirono le prime quattro banche. Oggi gli investitori sono più edotti su ciò che potrebbe succedere, ma purtroppo ancora molti detengono titoli di piccoli istituti ritenendoli sicuri.

Un sistema, quello bancario, che sta subendo una trasformazione violenta: sono state chiuse dieci mila filiali negli ultimi dieci anni, chiuse un numero enorme di banche e cancellata una generazione intera di bancari. Nei mesi scorsi è stato anche lanciato un monito sul fatto che potrebbero sparire le filiali entro il 2026. In tutto questo, il risparmiatore resta disorientato. 

Negli Stati Uniti i risparmiatori hanno figure di riferimento che lavorano per loro che si occupano dei loro risparmi, gli Advisor, che li consigliano nelle scelte da compiere. In Italia i consulenti finanziari detengono poco meno del 20 per cento dei patrimoni delle famiglie, ma creano il 3 per cento in più di ricchezza ai loro clienti. I risparmiatori hanno una sola strada per gestire correttamente i loro denari: avere un consulente che difenda i loro risparmi da fusioni, Bail-in e chi più ne ha più ne metta.

Il consulente finanziario, come il commercialista, lo psicologo, l’avvocato e il medico, può essere visto come un costo oppure come un’opportunità. La scelta sta a voi.