Gli scongiuri non bastano

La settimana scorsa ho incontrato un imprenditore che non è mio cliente, la tipica persona che io da sempre definisco 85/15, cioè: 85 per cento di tempo e risorse in azienda e il rimanente per quello che sono gli affari personali. Abbiamo fatto una bella chiacchierata sulla situazione politica italiana, sulla guerra e sulle materie prime. Lui lavora i metalli e ha studiato una nuova procedura per ridurre gli sprechi e l’energia. Si lamentava della fatica nell’approvvigionamento e dei costi che sono lievitati, dell’inflazione e di tutte le notizie che si leggono sui giornali. 

Dopo aver parlato dei fatti mondiali, siamo scesi nel particolare, soprattutto per quanto riguarda la sua situazione: sposato con due figli, un figlio di 17 anni e una figlia di 15, casa di proprietà, baita in montagna ereditata dai genitori di cui vorrebbe rilevare la parte del fratello, la voglia di acquistare un capannone più grande perché l’azienda sta prendendo nuove commesse. Dopo aver analizzato le risorse presenti, sia personali sia dell’azienda, siamo andati a incasellarle nella sua pianificazione. Qui alla mia domanda: “Se Lei dovesse mancare, ha già provveduto? Provi a pensare se tutto quello che sta facendo in questo momento, gli investimenti nell’azienda e tutto il resto, fossero vanificati da una sua dipartita”. La risposta è stata una faccia stranita e un’affermazione: “C’è già mia moglie che mi pungola sempre per questa cosa, ma io non ci ho davvero ancora pensato”. Oltre agli scongiuri di rito, l’invito alla riflessione ha avuto il suo effetto: abbiamo analizzato tutte quelle situazioni che potrebbero crearsi se lui non ci fosse più. 

Il primo scenario, che è anche il più probabile, è il fatto che il figlio, che sta studiando meccanica, possa entrare in azienda; la figlia invece vuole dedicarsi alla medicina. Questa situazione, apparentemente logica, porta al suo interno un grosso problema: se lui non ci sarà più, l’azienda passerà alla moglie e ai figli con la possibilità, come già ho visto più volte, di una discussione tra eredi. La possibilità di uno smembramento è alta. Proviamo a pensare se si possa riequilibrare il suo patrimonio tra gli eredi, in modo che l’azienda vada a suo figlio, ma allo stesso tempo anche sua figlia e sua moglie non siano penalizzate: a tal proposito suggerirei un incontro a tre con il suo commercialista.

Il giorno dopo ci siamo trovati a pranzo e abbiamo strutturato un’ipotesi di massima per tutelare gli sforzi profusi e gli investimenti fatti e da fare. Al di là della soluzione – che essendo ad personam non è replicabile, quindi non metto la soluzione – la riflessione da fare è: stiamo tutelando nel migliore dei modi il nostro patrimonio?

Il fatto più ricorrente che vedo nella mia attività sono i genitori che aiutano economicamente i figli per l’acquisto della casa o per altre situazioni di vita; questa cosa purtroppo crea spesso problemi una volta che i genitori vengono a mancare; il fratello o la sorella che si ritengono danneggiati dalle scelte dei genitori rivendicano i loro diritti con conseguenti lotte tra parenti.

Pensare in anticipo a una cosa del genere, con un semplice testamento olografo per le cose più semplici, sino ad arrivare a strutture più complesse quali il Trust, i patti di famiglia o altro può essere una soluzione a questa situazione. L’inflazione al 7 per cento e la correzione temporanea dei mercati non sono nulla di fronte alla possibilità che il nostro lavoro e i nostri sacrifici siano vanificati per una scelta strategica che spesso non facciamo perché dolorosa da fare, ma gli scongiuri non bastano.

Una pianificazione così profonda vale per tutti? La risposta è no, naturalmente, ma solo la presenza di due figli, di due immobili, di altre proprietà o di una piccola attività rende comunque necessaria una riflessione.

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Sulla barca si balla, ma in porto si arriva

Una mia cliente mi ha detto di essere particolarmente preoccupata per la situazione attuale: secondo lei è diversa da tutte le altre mai accadute. Abbiamo fatto insieme un po’ di analisi dei mercati e delle variabili macroeconomiche che hanno creato i presupposti odierni e poi le ho dato la mia chiave di lettura su come potrebbe evolvere la situazione dal punto di vista economico; ovvero che l’inflazione, vero spauracchio di questo periodo, possa tornare a più miti consigli nel momento in cui la produzione tornerà a soddisfare la domanda e la pressione sui tassi potrà scemare, tenendo conto naturalmente delle variabili geopolitiche. Dopo cena, una volta rientrato a casa, mi sono come di consueto dedicato alla lettura dei contenuti pubblicati durante il giorno: non nascondo che mi è venuto da sorridere.

Il primo articolo che ho letto riguardava i mercati emergenti. L’autore, dopo aver fatto un’analisi degli ultimi venti anni dell’Azionario Paesi Emergenti, dava la sua chiave di lettura su come il differenziale di crescita del PIL tra Paesi sviluppati e Paesi emergenti fosse un parametro importante per capire, tra le altre cose, dove andranno a investire le aziende in futuro; ma la cosa che mi ha fatto sorridere è stata la disamina sull’attenzione che bisogna avere per i fondamentali delle aziende. La parola fondamentali è come l’araba fenice, rispunta prepotentemente ogni volta che una crisi incombe. Non per niente, durante le fasi espansive, si parla di prospettive, utili attesi e chi più ne ha più ne metta, per poi tornare a parlare di fondamentali quando la nave balla.

Sulla stessa lunghezza d’onda era anche un altro articolo della mia lettura serale, che parlava delle prospettive cinesi, degli stimoli, specialmente sul mercato immobiliare, che sicuramente saranno dati dal Governo. E anche qui la chiosa finale era sull’attenzione ai fondamentali.

Un altro concetto che è tornato a far capolino nelle disamine finanziarie è quello di diversificazione: un concetto che – ormai è chiaro – non sparisce mai, ma che è enfatizzato nei momenti come questo. Parlare di diversificazione deve a mio avviso essere come alzarsi alla mattina e fare colazione: un’abitudine. Infatti la diversificazione resta sempre attuale

È proprio nei momenti storici come questo che tornano in auge concetti come quelli appena descritti, oltre naturalmente ai sempreverdi sicurezza e liquidabilità. Il perché è chiaro: siamo esseri umani e il nostro cervello rettile (qui la teoria dei Tre Cervelli) entra in azione quando abbiamo sensazioni di pericolo, portandoci a ricordare cosa abbiamo fatto in altre situazioni simili; quindi riprendiamo quelle cose per tornare in un terreno che sia a noi conosciuto. Quando da piccoli ci spaventiamo, la prima cosa che facciamo è correre verso casa dove abbiamo sicurezza; quando cresciamo, per affrontare le cose che ci mettono ansia, facciamo ricorso alle esperienze passate, le nostre àncore di salvataggio.

La mia cliente però ha paura, pensando che la situazione questa volta sia diversa da qualsiasi altra da lei vissuta o conosciuta del passato; in questo caso entra prepotentemente in gioco il nostro cervello libico, il cervello emotivo se così possiamo chiamarlo, che è alimentato dalle notizie di tutti i giorni. Parole come atomica, recessione, guerra e via discorrendo mettono a dura prova la nostra sensibilità.

Cosa fare allora? Per quanto riguarda la mia cliente e la sua paura di trovarsi di fronte a un periodo storico senza precedenti, la cosa che ha fatto è stata quella di chiamarmi ed espormi i suoi dubbi. Per quanto riguarda il mercato, bisogna avere un fantastico strabismo di Venere: con un occhio porre attenzione al presente e con l’altro cercare di intuire il futuro; perché tra dieci anni questa sarà Storia, sia politica sia economica, e gli studenti la studieranno come situazione particolare.

Come tutte le cose ci sarà una fine. Nel frattempo che la viviamo con un po’ di angoscia, è comprensibile, ma in pensione ci andremo, i nostri figli e nipoti andranno all’università, il mondo avrà una transazione energetica e (parere personale) sarà anche migliore. Quindi sulla barca si balla, ma in porto si arriva. 

Buona navigazione!

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Il fruttuoso rovescio della medaglia.

L’Oriente ci ha fatto conoscere Yin e Yang: da noi si dice l’altra faccia della stessa medaglia. Qualche giorno fa sono stato ad assistere a un evento organizzato da una società di gestione del risparmio, durante il quale il gestore di uno dei fondi italiani più grandi ha prospettato una serie di situazioni che il mondo finanziario ed economico sta scontando in questo momento. Non dico nulla di nuovo se parlo di guerra in Ucraina, questioni geopolitiche, transazione energetica, crisi climatica, inflazione e chi più ne ha più ne metta. Davanti a uno scenario del genere, è chiaro che le ansie e le paure degli investitori siano tante: uno degli elementi più strani di tutta questa crisi, se così possiamo definirlo, è il fatto che tre portafogli con la componente azionaria ad inizio 2022 rispettivamente del 25, del 40 e del 60 per cento oggi abbiano lo stesso rendimento negativo.

Perché si verifica tutto ciò? Il rialzo dei tassi ha penalizzato moltissimo la parte obbligazionaria, notoriamente la casa degli investitori italiani, creando una flessione di breve, ma di contro anche opportunità a medio termine per chi vuole investire. Come sempre succede in situazioni di grande incertezza, chi ha la forza di guardare oltre riesce ad avvantaggiarsi e coglierà i frutti quando tutte queste situazioni si saranno – come dire – normalizzate.

Lo shock energetico sta portando ad accelerare in maniera violenta la ricerca di energia pulita e di nuove fonti di approvvigionamento e la crisi climatica ha messo un focus sulla gestione delle aziende. È notizia di questi giorni che molti fondi premiano con i loro denari quelle aziende che, pur non essendo ancora arrivate a un concetto di green, ci stanno lavorando. L’inflazione creata da uno shock tra offerta e domanda sta portando ad una accelerazione su sharing economy e digitalizzazione. E questi sono solo alcuni degli esempi: potrei andare avanti a elencare il cosiddetto rovescio della medaglia, ma credo che il concetto sia chiaro.

Il maggior distruttore di valore che io conosca sono le emozioni: queste portano a scelte irrazionali e quindi a situazioni spesso irreversibili che con il famoso senno di poi sarebbe stato meglio non fare. Mi sono divertito in questi ultimi cinque anni a seguire il portafoglio di un mio cliente che ogni volta che il mercato storna mi chiama chiedendomi se è il caso di mettere tutto in liquidità: cosa che comunque non ha mai fatto. Abbiamo creato insieme un portafoglio modello, che lui usa per entrare e uscire dal mercato in maniera virtuale. Dopo cinque anni di studio abbiamo visto che le sue “uscite tattiche” quando i mercati crollavano e le sue “entrate tattiche” quando i mercati ripartivano gli avrebbero portato oggi una perdita di circa il 12 per cento, rispetto quello che ha ottenuto gestendo il suo patrimonio con me.

Come ci insegna la Storia, meglio restare investiti che andare alla ricerca dei picchi di minimo o dei picchi di massima, perché così facendo si affiderebbe il proprio portafoglio solo alla fortuna di beccare il giorno giusto. Perché restare investiti? Le ragioni sono due: primo, non si consolida una perdita; secondo, per il risparmio gestito esiste innanzitutto il concetto di mutualità. Il tuo private banker che va oggi dal tuo vicino di casa e gli fa mettere denaro fresco su un certo fondo, oltre a fare il bene del tuo vicino fa anche il tuo: il gestore che vede entrare denaro fresco nel fondo può infatti comprare strumenti finanziari a prezzo di saldo, e quando la quota migliorerà lo farà sia per il tuo vicino sia per il te. In secondo luogo i dividendi che le aziende generano continuano comunque a essere reinvestiti. Infine, nei fondi obbligazionari le obbligazioni che oggi scadono creano liquidità per nuovi acquisti.

Una piccola riflessione per concludere. Le aziende hanno vuotato le scorte nel periodo pandemico e non sono più riuscite a far magazzino per mancanza di materie prime e quant’altro e quindi faticano a soddisfare la domanda. Qualche giorno fa un economista diceva che l’inflazione, data dalla domanda alta e dall’offerta bassa, prima o poi dovrà toccare i massimi per poi scendere. I banchieri centrali, per essere onesti, è un po’ che ci sperano. Il quesito sorge allora spontaneo: quando la domanda e l’offerta si ribilanceranno, quanto potrebbero aver guadagnato le aziende? 

Non sarà magari domani né dopo: questo non lo possiamo sapere con sicurezza. Una cosa però è certa: durante le crisi nascono le migliori idee e le migliori opportunità. Nel frattempo dobbiamo sopportare il cambiamento, che al momento può sembrare doloroso, ma che potrebbe risultare dolce e fruttuoso domani.

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Il mercato ha le sue regole

“E se comprassimo oro?” Questo è il leitmotiv di un mio cliente, che ogni tanto azzarda l’idea di comprare un lingotto come investimento. L’altro giorno ha affermato sospirando: “… Se avessimo comprato oro all’inizio dell’anno!” È bastato mostrargli il grafico con l’andamento del 2022, per fargli notare come questo metallo prezioso abbia subìto un passaggio del valore dai 2000,00 $ di gennaio ai 1600,00 $ di oggi. L’oro, considerato il bene rifugio per eccellenza, da inizio anno ha perso infatti il 20 per cento.

L’opinione del mio cliente riflette quello che in genere tutti gli investitori si aspettano, cioè che determinati beni non perdano mai il loro valore e che siano sempre da considerare dei beni rifugio. Dopo i BTP di cui ho parlato la settimana scorsa, anche l’oro ha dunque riservato una poco gradita sorpresa agli investitori. Perché gli investitori non mettono in discussione alcuni strumenti?

Chi investe si aspetta che l’oro, che per antonomasia rappresenta la ricchezza, non perda mai valore, che il BTP, siccome è emesso dallo Stato, non oscilli, che un’obbligazione, in quanto obbligazione, sia sicura e che, al contrario, un’azione sia rischiosa; e questo a causa della poca conoscenza del mercato e delle sue regole. 

Il mercato finanziario ha le stesse regole del mercato di quartiere: se tutti vogliono le uova del contadino, ma le uova sono poche, il prezzo salirà; se al contrario il contadino ha molte uova e nessuno le vuole, le svenderà. Se tutti vogliono l’oro, allora il prezzo salirà; se nessuno lo vuole, scenderà.

Se l’estate è stata abbondante di acqua e scarsa di sole, ci si aspetta un vino con una gradazione bassa e probabilmente di poco pregio: pochi lo vorranno e il prezzo scenderà; viceversa un’estate calda e acqua quanto basta significherà gradazione alta e grande qualità: tutti vorranno il vino e il prezzo aumenterà. Allo stesso modo, se aumenta il costo dell’energia ci si aspetta un calo della produzione, quindi degli utili, e si venderà; in caso di calo del costo dell’energia e delle materie prime, la produzione sarà in crescita e di conseguenza anche gli utili: tutti compreranno.

Il mercato in quanto tale segue le sue regole, che non sono così esatte come si può pensare: chi pensa che il mercato finanziario sia un ambiente razionale è in errore. Le notizie influenzano le quotazioni, specialmente nel breve periodo, per poi perdere influenza nel lungo periodo, dove i valori reali dell’azienda vengono a galla. 

L’uva piena d’acqua è uguale per tutti, ma la lavorazione, la pigiatura più o meno profonda e la conservazione del vino in botti trattate in modi diversi determinano una qualità di vino diversa. 

Differenze? Nessuna: le logiche sono le stesse. Come posso allora investire?

Torniamo al vino: bere un vino vecchio di un anno e uno vecchio di dieci anni non è la stessa cosa: il gusto non sarà lo stesso, così come gli aromi, il colore, il bouquet e così via. Il tempo del vino è uguale a quello degli investimenti: e una bottiglia di Barolo sicuramente costerà molto di più di una di Novello. Allo stesso modo, il tempo vale per gli investimenti.

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Quanto abbiamo di Cina in portafoglio?

Accendere il televisore e sentire parlare di inflazione ai massimi e di aumento dei tassi ormai non è certo una rarità. Ci si chiede quale potrebbe essere il posizionamento migliore sul mercato in un momento come questo: il mercato azionario ha corretto, quello obbligazionario pure, quindi che fare? Ne parlavo l’altro giorno con un cliente e voglio condividere con voi le riflessioni che ne sono emerse.

Questo investitore ama i Titoli di Stato ed è convinto che con i tassi intorno al 4 per cento siano un’occasione. Peccato che questa sua affermazione l’ha fatta senza sapere che il giorno dopo la FED avrebbe alzato i tassi d’interesse dello 0,75 per cento e che la BCE farà probabilmente lo stesso a breve. Quando gli ho fatto notare questa cosa, mi ha risposto: “Ma cosa vuoi che correggano?” Allora ho preso il mio iPad e ho cercato un grafico che rappresentasse un BTP in scadenza tra dieci anni (cioè nel 2032) provocando la sua grande sorpresa, quando si è accorto che in un anno il titolo è passato da 100 a 75, con una perdita del 25 per cento.

Btp Tf 0,95% Gn32 Eur

Abbiamo poi affrontato il tema della Cina, un investimento che lui ha in portafoglio e che da inizio dell’anno ha corretto, anche se meno del BTP, pur essendo il suo investimento al cento per cento azionario. Abbiamo commentato che l’investimento di cui si preoccupa di più è l’azionario cinese e non il titolo italiano: ma questa cosa è razionalmente corretta? Il BTP rappresenta un debito che lo Stato Italiano deve a chi ha sottoscritto il titolo: maggiore è la cedola, maggiore sarà il debito italiano; maggiore il debito, minore la crescita del nostro Paese; sicuramente un circolo vizioso e non un circolo virtuoso.

L’unica speranza? Un governo che possa davvero governare e una politica importante su lavoro e imprenditoria, tutte cose che al momento paiono appunto solo questo, una speranza. L’economia italiana non brilla certo e mettere debito su debito non è a mio avviso la scelta corretta. 

La Cina invece sta sorpassando gli Stati Uniti: la sua economia pesa per il 19 per cento nel PIL mondiale. Il suo mercato invece pesa ancora solo per il 13 per cento, un’anomalia che però è destinata ad essere colmata nei prossimi anni. La Cina ha aperto i propri mercati agli investitori esteri: Xi Jinping, il presidente cinese, ha dichiarato che la globalizzazione è imprescindibile per la loro economia e anche per le altre. 

La Cina ha messo in campo una riforma fiscale che porterà immensi benefici alle aziende del paese della Grande Muraglia e che le metterà ancora di più in competizione con le società occidentali. La Cina nei mesi scorsi ha scaricato molti titoli di debito americano, cosa che la rende meno esposta alla correzione dovuta al rialzo dei tassi statunitensi. La Cina ha stretto rapporti commerciali sempre più importanti con l’India, creando un blocco economico rilevante: gli abitanti di questi due Paesi insieme rappresentano un terzo della popolazione mondiale.

Il mercato obbligazionario cinese è il secondo al mondo e la Repubblica Popolare, a differenza degli altri Paesi, ha abbassato i tassi per sostenere l’economia. Ultimo, ma non da ultimo, la Cina detiene quasi il 60 per cento delle Terre Rare, che rappresentano gli elementi fondamentali nelle lavorazioni industriali, e gestisce la quasi totalità delle lavorazioni finali per altri metalli molto importanti.

Dopo aver fatto queste riflessioni, il mio cliente mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto: “Quanto abbiamo di Cina in portafoglio?” Gli ho risposto: “Siamo arrivati in vari momenti a quasi il dieci per cento”. E lui: “Cosa ne pensi se aumentiamo? Meglio stare dalla parte di chi crea ricchezza, rispetto a chi la distrugge”. Ho fatto fatica a portarlo al dieci per cento: l’ho fatto investire per mediare il prezzo e altro. L’altro giorno invece le mie argomentazioni l’hanno convinto che la scelta fatta è la migliore per i suoi obiettivi e il suo orizzonte temporale.

Non sappiamo dove sarà il mercato domani, ma sappiamo dove sarà tra dieci anni.

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Per fare investimenti giusti ci vuole l’allenamento giusto

Da un’indagine di BNP Paribas in collaborazione con Coalition Greenwich risulta che 9 investitori su 10 hanno individuato la digitalizzazione, l’invecchiamento della popolazione e il cambiamento delle abitudini di spesa come i tre temi fondamentali nelle scelte di investimento dei prossimi anni. Ho citato più volte nei miei interventi questi asset come molto importanti: sembra ora che anche il mercato abbia iniziato a considerarli tali.

L’invecchiamento della popolazione (a ritmi mai visti sino ad ora) resta il tema di maggior impatto per quanto riguarda la demografia. RSA, previdenza e assistenza saranno temi di cui sentiremo parlare parecchio e che saranno occasione di investimento. 

La demografia, a mio avviso, è una delle cause che definisce anche un altro dei tre asset individuati dall’indagine, perché sta portando i consumatori a cambiare le loro abitudini d’acquisto. Una popolazione eterogenea, risultato di etnie diverse che convivono armoniosamente, mischierà in sé le abitudini dei molti creando nuove e un tempo inaspettate consuetudini. Un esempio? La diffusione capillare, a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni, dei ristoranti etnici: una nuova abitudine di consumo che ci offre l’opportunità di assaggiare piatti che altrimenti non ci sarebbero ora così tanto familiari, come il kebab, gli spaghetti di soia, il sashimi, il pollo al curry o la zuppa tom yum.

Il terzo tema è quello della digitalizzazione, un’area che avrà sempre più importanza anno dopo anno: stiamo già assistendo ora alla dematerializzazione di molte cose, dal registro scolastico su, su fino alla carta d’identità.

Dopo aver letto l’indagine di BNP altri due interventi hanno attratto la mia attenzione. Il primo è la ricerca World Inequality Report 2022, in cui si prende atto che in Italia il 10 per cento della popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza, mentre l’altro 50 per cento è appannaggio del resto della popolazione. Una situazione che si sta delineando da tempo e che sta facendo a poco a poco scomparire il famoso “ceto medio”.

In seconda analisi, mi ha incuriosito un articolo del professor Paolo Legrenzi, che cercava la correlazione tra il servizio nel gioco del tennis e la gestione non professionale dei portafogli di investimento. Un parallelismo curioso, che cerco di riassumervi: l’investitore fai da te ripete sempre gli stessi errori, esattamente come il giocatore dilettante di tennis, che si avvale dell’esperienza frutto di anni di partite, ma non dell’allenamento specifico; cosa, questa, che lo pone in una situazione tale per cui, senza una correzione dovuta all’allenamento, commetterà sempre gli stessi sbagli. La migliore strategia per un giocatore del genere – sottolinea Legrenzi – è un atteggiamento prudente, esattamente quello che dovrebbe tenere un investitore inesperto. Un giovane che affronti per la prima volta gli investimenti e si avvicini ai Bitcoin oppure un investitore in BTP o BOT che compri azioni dell’Enel piuttosto che quelle della sua banca è paragonabile al tennista che, pur non essendo allenato, affronta un mercato senza il dovuto allenamento, ma con la sola esperienza.

In tutto questo marasma si colloca il Consulente Finanziario, che deve conoscere i nuovi trend, allenare l’investitore ad affrontare i nuovi mercati e aiutare il 90 per cento della popolazione a non commettere errori, in modo da far fruttare il 50 per cento del patrimonio.

Il Consulente Finanziario, come ho più volte avuto modo di scrivere anche tra queste pagine, deve anche avere una funzione sociale ed educativa: una sfida, questa, che la categoria deve affrontare e che io ho deciso di accettare, continuando a far avvicinare i miei clienti ai nuovi mercati educandoli e allenandoli, perché quel 50 per cento di ricchezza non vada sprecata.

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COSA STA SUCCEDENDO, COSA DOBBIAMO FARE

Questa mattina ho un messaggio importante, che devi leggere anche se è un po’ lungo

Vorrei innanzi tutto tranquillizzare tutti che non ci sono incendi a Piazza Affari e nemmeno a Wall Street.

Stiamo assistendo ad una correzione di mercato e non a pazzi che bruciano Euro o Dollari

Ho usato questi paragoni perché sono quelli che piacciono tanto a giornali e tv ma che sono fuorvianti

Cerchiamo di capire insieme cosa sta succedendo sui mercati portando ad una correzione marcata in così poco tempo

🔸Primo elemento chiave è la crisi Ucraina/Russia, i venti di guerra o comunque di una possibile occupazione malgrado le continue smentite, dell’Ucraina da parte della Russia sono un elemento di tensione.

Non aiutano le notizie che USA e Regno Unito stiano chiedendo ai propri diplomatici di rientrare e contestualmente minacciano di mandare forze militari per evitare che la Russia violi un confine di stato per mettere, come qualche diplomatico ha detto, un governo fantoccio.

Personalmente non sottovaluto la situazione, ma ho come l’impressione che sia un gioco di strategia, lo stesso che abbiamo visto tra USA e Cina non più tardi di 2/3 anni fa.

La Banca centrale Russa nel frattempo propone il divieto di estrazioni minerarie e pagamenti in criptovalute. Conseguenza ne è stata la discesa delle stesse del 50% dai massimi.

Il costo del gas sale del 15%, le materie prime restano alte e il costo della transazione energetica resta alto, questo più che una minaccia di guerra mi fa pensare ad enorme speculazione.

🔸Secondo elemento destabilizzante è l’inflazione. Le banche Centrali l’hanno cercata per anni ed adesso è arrivata, purtroppo più forte di quanto ci si aspettasse.

Ma cosa determina un aumento così marcato dell’inflazione ?

Se un bene ha molta richiesta (domanda), per esempio il gas da riscaldamento, e una offerta bassa il prezzo sale.

Un’inflazione contenuta è auspicabile perché, fondamento della macroeconomia, alla lunga fa alzare anche gli stipendi, i consumi e quant’altro.

🔸Terzo elemento la FED. La banca centrale statunitense deve prendere in questo periodo decisioni importanti su tassi e liquidità da lasciare sul mercato.

La paura di un aumento dei tassi, cioè del costo del denaro, spaventa i mercati: se il denaro costa di più le aziende investono meno e ci sarà di conseguenza meno crescita.

📌 Dopo aver fatto tutta questa disamina facciamo un paio di ragionamenti.

🔹La prima cosa da chiedersi è a chi convenga una guerra?

A mio modesto avviso nessuno ne trarrebbe beneficio ecco perché io propendo a pensare che nelle prossime settimane verrà trovata una soluzione diplomatica.

Qualche vittima sul campo ci sarà comunque ma non al fronte russo bensì quegli investitori che si spaventeranno e venderanno i propri investimenti.

🔹Le criptovalute sappiamo tutti che sono investimenti speculativi e quindi la volatilità deve essere accettata. Farei però una riflessione: dopo la Cina altri Paesi in ordine sparso hanno dichiarato di non gradire le transazioni in criptovalute e la Russia le vuole impedire.

Quanto tempo ci vorrà prima che gli Stati creino la loro moneta virtuale dando una spallata alle crypto cosi come le
abbiamo conosciute fino ad oggi?

📍 Arrivo alle conclusioni

Abbiamo vissuto una situazione simile nel 2016 (post brexit), nel 2018 (tensioni Usa Cina) e allo scoppio del caos Covid nel febbraio- marzo 2020.

Ora, se nel 2021 sembrava che le azioni potessero solo che salire, ora sembra che possano solo scendere.

Sebbene ogni correzione di mercato possa sembrarci la fine del mondo, questi sono i drawdown (discese) più rilevanti registrati dall’indice S&P500 🇺🇸 dal 2009 ad oggi, post bolla del 2008:

-16.0%
-19.4%
-13.3%
-10.2%
-19.8%
-33.9%

Eppure, il mercato americano è in guadagno del 740% da allora, al netto di queste correzioni.

Quindi, sì, il mercato ogni tanto scende.

Ora, chi si sente a proprio agio nel fare acquisti, va bene, nella consapevolezza che il mercato potrebbe scendere ulteriormente.

Chi non se la sente, va bene uguale.

L’importante è non vendere e mantenere la rotta.

E’ in questi momenti che una corretta gestione emotiva e comportamentale permette all’investitore di raggiungere i propri obiettivi di lungo periodo.

Rendimenti dell’indice S&P 500:

1 anno +15%
3 anni +73%
5 anni +111%
10 anni +303%

Rendimenti dell’indice Nasdaq 100:

1 anno +8%
3 anni +117%
5 anni+196%
10 anni +549%

Calma e sangue freddo che i valori torneranno a salire

Troverai altri spunti su https://www.facebook.com/groups/parladifinanzacomemangi

Gennaio, mese di buoni propositi e previsioni

New life concept for fresh start, new year resolution, dieting and healthy lifestyle

Così come immancabilmente accade ogni mese di gennaio, anche quest’anno si stanno sprecando i buoni propositi e le previsioni. Perderò dieci chili, camminerò trenta minuti ogni giorno, farò questo, farò quello… Molto spesso i nostri buoni propositi rimangono solo questo: propositi, appunto. Allo stesso modo, nel mese di gennaio siamo tutti più o meno attratti da oroscopi di qualunque tipo. Fa parte della natura umana sperare di anticipare quello che verrà per avvantaggiarsi: come sarebbe bello conoscere il risultato di una partita in anticipo per vincere al totocalcio oppure il meteo di tutto il futuro mese di agosto e organizzarsi per benino i giorni di ferie!

Anche i mercati finanziari, ça va sans dire, non sono immuni da questo gioco: si possono trovare facilmente previsioni su azioni, mercati, aree geografiche e molto altro. La Pandemia ci ha insegnato che basta un virus di pochi micron per sconvolgere e alterare tutte le previsioni, alla stregua di un temporale estivo che rovina una splendida escursione in montagna piuttosto che un giorno di tintarella. Allora perché ci piacciono tanto?

La risposta è che, per natura, cerchiamo di trovare qualcosa che ci permetta di conoscere il futuro: è un’illusione, ma ci rassicura. Sappiamo tutti che l’astrologia non è una scienza nel vero senso della parola, ma una buona notizia di Paolo Fox ci fa pensare che avremo un anno fantastico. Vale lo stesso per il nostro denaro: leggere che il Giappone crescerà più delle altre aree geografiche oppure che questa o quella azione salirà o ancora che un settore si avvantaggerà più di altri ci dà un senso di tranquillità.

La verità è che uno speculatore di breve periodo potrebbe anche guardare con attenzione le previsioni, ma un investitore non dovrebbe esserne così interessato. Come ho ripetuto più volte, un investitore ha una pianificazione dei suoi investimenti, cosa che deve metterlo in condizione di guardare le previsioni con simpatia, ma di non farsi mai influenzare da queste.

Pensiamo a gennaio 2020: si parlava di accordo USA-Cina, delle tensioni USA-Iran (con particolare attenzione al prezzo del greggio che era visto in rialzo), Cente parlava di una tenuta dei conti pubblici italiani, ci si interrogava sulla situazione della Brexit. Nel febbraio-marzo 2020 arriva il Covid-19 e come d’incanto la guerra commerciale USA-Cina passa in secondo piano, il greggio causa lockdown crolla, più della Brexit il Premier inglese si è dovuto preoccupare delle sue condizioni fisiche e del vaccino; e per quanto riguarda l’Italia, più che dei conti a posto ci siamo trovati con il rapporto debito/PIL al 160 per cento. Tutte le previsioni sono state spazzate via in un attimo.

Nel fare i nostri investimenti, le previsioni non sono quindi le cose migliori cui affidarsi, ma possiamo sicuramente interpretare quello che potrebbe succedere: ipotizzare ad esempio che la digitalizzazione sarà argomento dei prossimi anni non è difficile, cercare di trovare l’azienda che si avvantaggerà di più non è così facile; pensare che Cina e India saranno protagoniste nel prossimo decennio è plausibile.

Forse all’inizio dell’anno, anziché fare propositi, dovremmo pianificare un obiettivo: per correre trenta minuti al giorno, potrei partire con una settimana a cinque minuti, poi passare a dieci e così via; anziché leggere le previsioni, dovrei rivedere i miei obiettivi di vita e verificare se quello che sto facendo con gli investimenti sia in linea.

Quest’anno, come ogni anno, ho cominciato l’anno settando degli obiettivi: ho pianificato le ore per vedere i miei clienti, per studiare, le ore per fare informazione scrivendo…

ANCORA BUON 2022!

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È l’Italia che verrà (Buon 2022!)

Eccoci arrivati anche alla fine di quest’anno. Stiamo abbandonando un 2021 colmo di gol, di sciabolate, di stoccate, di pagaiate, di diritti, di rovesci, di slalom, di pedalate: una serie infinita di ovazioni sportive, che probabilmente il Primo Gennaio di ormai quasi un anno fa neanche il più ottimista di noi avrebbe potuto immaginare, nemmeno nella più rosea delle sue previsioni. Oltre che dal mondo dello sport, abbiamo avuto soddisfazioni anche da quello della musica, del cinema e soprattutto della scienza, con il Premio Nobel per la Fisica attribuito all’accademico italiano Giorgio Parisi. Si dice: “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. E noi Italiani, ancora una volta nella Storia, siamo scesi in campo.

Anche nel settore economico e finanziario  non sono mancati motivi di giubilo: la Borsa di Milano si posiziona sul podio come rendimenti, il Fondo Monetario Internazionale ci segnala come nazione virtuosa per la crescita e per il modo in cui abbiamo fatto fronte alla Pandemia, The Economist ci definisce la “Nazione dell’Anno” e il nostro Premier, Mario Draghi, ha dichiarato che nel corso del 2021 abbiamo centrato ben cinquantuno dei target concordati con l’Unione Europea.

Se non fosse per la Pandemia e le sue ben note conseguenze a livello sanitario, sociale ed economico, si potrebbe dire che è quasi un dispiacere lasciarsi alle spalle un anno così. Il tempo però non si può fermare: e quindi avanti 2022! Dunque cosa si devono aspettare gli investitori e che cosa possono fare per essere protagonisti nel corso dell’anno che verrà?

Come Italiani non dobbiamo innanzitutto abbandonare la fiducia che abbiamo acquisito in noi stessi nel corso di quest’ultimo anno e anche quel sentimento di appartenenza a una comunità forte e resiliente, insieme ai valori che ci hanno portato a raggiungere i risultati che abbiamo conseguito. I valori – che, come ho scritto anche nel mio libro “La Finanza dei Pomodori”, fanno parte del dna della nostra Nazione – sono quelli che spingono gli imprenditori italiani ad alzarsi ogni mattina, a innovare e a trovare il modo di fare sempre meglio.

Gli investitori devono fare un salto, cercando di aprire la mente e investire nell’economia italiana. Se facciamo crescere la nostra economia, possiamo aiutare questa nazione un tempo balbettante ad abbassare il suo debito, un debito che purtroppo ha raggiunto causa Covid-19 il 160% del PIL: solo alzando quest’ultimo possiamo abbassare il rapporto. Il percorso, come sempre, presenterà degli ostacoli che potrebbero minare il cammino: l’inflazione tornata in auge, le varianti Covid che stanno preoccupando il mondo intero, insieme agli altri impedimenti che ancora potrebbero presentarsi.

In questo quadro io vedo più rosa che nero: penso al miglioramento dell’ambiente grazie all’attenzione alle emissioni, alla digitalizzazione che snellirà sempre di più la Pubblica Amministrazione (e che permetterà tra l’altro di ridurre l’abbattimento degli alberi, perché servirà meno carta), all’innovazione che comunque si sta portando avanti con decisione, alla ricerca continua di equità ed efficienza. Questo cambiamento porterà a opportunità di lavoro nuove: opportunità che probabilmente chi guarda nello specchietto retrovisore non riesce a vedere, ma che si stanno prospettando all’orizzonte.

L’Italia avrà un posto centrale nella crescita dell’Eurozona, ma questa posizione dipenderà molto da come centreremo i prossimi obiettivi: tutti dobbiamo fare la nostra parte come cittadini e come investitori e, nel mio caso, anche come professionista. La crescita, come scritto da più parti, passerà per la formazione e i nuovi lavori saranno appannaggio di chi avrà la dovuta formazione. Non dimentichiamo infatti che, tra gli obiettivi che ci chiede l’Unione Europea, c’è anche l’istruzione che, come ho scritto più volte su queste pagine, è sempre e comunque sinonimo di benessere.

Come sempre quando si lascia l’anno vecchio e si entra in quello nuovo si fanno bilanci, buoni propositi e spesso anche sogni. Io mi voglio impegnare a dare il mio contributo come cittadino dalla raccolta differenziata in su, come investitore facendo investimenti in aziende che fanno scelte per ambiente e benessere comune e come professionista aiutando quante più persone possibili a essere investitori consapevoli.

Come sogno/obiettivo ho quello di scrivere il mio secondo libro (dopo avere scritto il primo, sembra tutto più facile!) e tornare ad incontrare di persona clienti e non clienti per parlare di Finanza e tanto altro.

Se vuoi condividere con me i tuoi buoni propositi sentiti libera e libero di farlo, ci aiuteremo a vicenda a centrare i nostri obiettivi…

BUON 2022!

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Chi ha nostalgia delle carrozze?

Tra il 1900 e il 1910 il passaggio dal cavallo alle automobili ha subito un’accelerazione modificando per sempre il modo di effettuare spostamenti. Oggi siamo probabilmente di fronte a un altro cambiamento epocale che trasformerà il modo di muoversi: l’idrogeno. L’idrogeno resta centrale nel concetto di decarbonizzazione: costituisce l’alternativa ai combustibili fossili che hanno sino ad ora rappresentato la fonte energetica centrale.

L’idrogeno ha vari colori. Quello “marrone” o “grigio” possiede meno appeal, perché è estratto dal carbone e dal gas naturale, che hanno bassi costi di estrazione ma alto impatto inquinante; esiste poi l’idrogeno “blu”, che non si disperde nell’ambiente pur essendo estratto con un processo simile al primo: ha un impatto ambientale più basso e un costo lievemente più alto; da ultimo l’idrogeno “verde”, che ha un processo estrattivo diverso: infatti avviene per elettrolisi. Dobbiamo tener conto che l’elettrolisi ha un costo elevato, perché necessita di molta energia a causa del processo di scissione dell’acqua. La produzione di idrogeno attualmente avviene attraverso l’energia rinnovabile, usata per il settanta per cento nell’elettrolisi: questo abbatte di parecchio l’impatto sull’ambiente, perché quando arriveremo al 100% di energia rinnovabile, avremo un impatto carbon pari a zero; però significa anche costi molto elevati.  

Dunque è facile intuire che l’acquisizione dell’idrogeno è stata sino ad ora frenata da un lato dai prezzi onerosi di produzione e dall’altro dall’impatto ambientale non proprio conveniente; possiamo anche aggiungere che le attuali energie pulite, eolico e fotovoltaico in primis, non bastano a dare energia sufficiente per il suo processo produttivo. Tuttavia la diminuzione del costo delle energie rinnovabili oggi in atto rende ancora più appetibile puntare sull’idrogeno: si parla di energia rinnovabile a basso costo per favorire la transazione all’idrogeno verde e anche di una maggiore quantità della stessa.

Si stima che nel 2030 gli investimenti in idrogeno verde saranno di 300 miliardi di dollari, cifra che è destinata a diventare 15 mila miliardi di dollari entro il 2050 secondo la Energy Transitions Commission. Del resto basta pensare che dal dicembre 2020 al giugno 2021 gli investimenti sull’idrogeno sono triplicati: le iniziative in tal senso sono ben 359.

L’Europa sta facendo da apripista, ma anche il Colosso Cinese e gli Stati Uniti si stanno muovendo in questa direzione. L’idrogeno verde sta prendendo sempre più piede e se ne parla sempre di più: ha ormai raggiunto il livello mediatico del 5G e della Blockchain.  Siamo comunque ancora lontani da avere l’idrogeno come fonte di energia: si dovranno superare i problemi energetici per attivare l’elettrolisi, processo che – lo ricordiamo – ha dalla sua la possibilità di essere attivo 24 ore su 24, diminuire i costi e avere una legislazione in linea. 

Come tutte le nicchie, in questo campo gli investitori trovano allo stesso modo opportunità e rischi: solo pianificando in modo chiaro gli investimenti, una parte di essi possono essere destinati all’idrogeno. Resta sempre, per chi non vuole mettere tutto il capitale subito, il vecchio e caro piano d’accumulo, che abbassa la volatilità emotiva degli investitori. Del resto, solo una sana e consapevole pianificazione libera l’investitore dalle ansie del mercato.

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