Da un’indagine del 2016 effettuata dalla Consob, la Commissione nazionale per le Società e la Borsa, emergeva che solo il 6 per cento degli Italiani aveva una chiara visione del concetto di diversificazione del portafoglio. 

Gli investitori del nostro Paese, infatti, spesso associano la diversificazione con il dividere i propri risparmi in più banche. E non è tutto: associano a questa distonia anche un altro errore, cioè il presentare due immagini di sé come investitori, a seconda di quello che si vuole ottenere dall’intermediario.

Così accade che nella banca A io possa presentare una posizione di risparmiatore conservativo con avversione al rischio e nella banca B invece pormi come un investitore più avvezzo al rischio. Parlerò di obbligazioni e titoli di Stato nella prima banca, ritenendoli sicuri per le cedole o il rimborso, e nella seconda di fondi che ritengo rischiosi perché a valore variabile. Spesso i fondi sono obbligazionari, e quindi contengono probabilmente gli stessi titoli della banca A. La ciliegina sulla torta è confrontare i due portafogli come se avessero le stesse logiche.

Nel suo libro “La collina dei ciliegi. Dalla crisi dei mutui subprime al lockdown” l’economista Ruggero Bertelli parla di distorsione cognitiva: la tendenza cioè a suddividere il denaro disponibile in una serie di conti separati, secondo una contabilità mentale soggettiva.

L’investitore, insomma, si comporta come Dr. Jekyll e Mr. Hyde, a seconda del conto mentale in cui mette il proprio risparmio: conto le cui logiche molto spesso derivano dal consiglio di persone di cui ci si fida, cioè parenti e amici di cui apprezza la prossimità, ma non calcola la competenza. Solo una volta stabilita questa logica si rivolge al consulente, che ritiene unicamente un mero venditore di strumenti da acquistare.

Tutti questi errori sono tipici non solo dei risparmiatori italiani, ma anche di molti imprenditori che spesso forniscono informazioni incomplete alle banche, con l’illusione di ricavarne un qualche vantaggio. Un’asimmetria informativa, questa, che porta le banche a erogare meno prestiti.

L’asimmetria informativa si ritorce così contro gli investitori stessi: se si appoggiassero infatti a un esperto del settore e gli fornissero tutte le informazioni necessarie in maniera completa, avrebbero una consulenza non solo migliore, ma soprattutto in linea con le proprie esigenze e sicuramente più performante.

Nel mondo anglosassone, anche grazie a una cultura finanziaria evoluta, il risparmiatore si rivolge per il proprio denaro a un consulente: non è contemplato il concetto di “banca sotto casa”, che per l’investitore italiano è invece la più logica delle scelte.

Migliorare il rapporto, la conoscenza e anche la fiducia degli investitori nella Finanza è sicuramente un compito dei consulenti: per questo, dopo anni di esperienza e di studio, ho ideato un metodo che possa aiutarli. Si tratta del metodo SFIDE, un acronimo accattivante e grintoso che sta per Semplicità, Formazione e Fiducia, Informazione e Incontri, Disponibilità, Educazione finanziaria: tutte componenti per me fondamentali per ottenere i migliori risultati possibili quando si parla di investimenti. 

Le sfide sono quelle che voglio vincere con i miei clienti per dar loro la miglior consulenza attraverso la conoscenza sempre più approfondita delle loro esigenze finanziarie e dei loro sogni e allo stesso tempo dar loro la giusta formazione per evitare gli errori cognitivi dettati dalla poca educazione finanziaria.

Vuoi conoscere meglio il mio metodo?

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