Una moderna teoria, nata nel 1972 da Paul Donald MacLean, suddivide il nostro cervello in tre parti: rettile, libico e neocorteccia. Questa teoria ipotizza che la parte rettile del nostro cervello contenga i nostri istinti atavici, la parte limbica le emozioni e la neocorteccia la parte che dovrebbe essere predisposta ai calcoli e alla razionalità.

Nella nostra vita da investitori dobbiamo fare a pugni con i nostri tre cervelli. La parte rettile,davanti a un pericolo vero o presunto, ci impartisce tre ordini: paralizzati, scappa oppure combatti; la parte limbica, legata alle emozioni, enfatizza tutto ciò che parte dalla pancia, spesso elaborando impulsi esterni che riceviamo costantemente, dai quali estrae informazioni ed emozioni che rinforzano le nostre credenze; la neocorteccia calcola il rapporto rischio-rendimento.

Quindi basta collegarsi alla propria neocorteccia per fare le scelte giuste?

Sembrerebbe così, ma non proprio. Il nostro cervello rettile, il più vecchio, ci manda impulsi che ci mettono sull’attenti, esattamente nello stesso modo di come faceva con i nostri avi quando entravano nella foresta: la logica è la stessa. Se poi abbiamo in passato avuto problemi con gli investimenti, il nostro cervello ce lo ricorda.

Ai ricordi si aggiunge la parte emotiva, che il cervello limbico esalta e che rinforza le credenze del cervello rettile alzando la soglia di attenzione: questo, se da una parte è un bene, dall’altra parte potrebbe essere una limitazione. La neocorteccia fatica a superare gli ostacoli creati dagli altri due cervelli e in più deve combattere con i bias comportamentali, cioè i comportamenti che conosciamo e ci mantengono nella nostra zona di comfort, impedendoci di fare nuove esperienze.

Per contrastare tutto questo, l’unica soluzione è quella di confrontarsi con una persona al di fuori di noi che ha esperienze, emozioni e comportamenti diversi: se relazionati con i nostri, ci possono aiutare a fare le scelte corrette. La sequenza logica è la stessa che ci porta da piccoli a prendere qualcuno come ispirazione oppure esempio.

Se a cinque anni ti scotti appoggiando la mano sul vetro del forno, difficilmente ti riavvicini da solo, ma se prima di scottarti i tuoi genitori ti avessero spiegato che il forno era caldo e che non andava toccato, e che il calore serviva per cuocere il cibo, probabilmente non avresti appoggiato la mano e avresti avuto un normale rapporto con il forno stesso. Per i tuoi genitori sarebbe diventato invece molto più difficile farti capire che il forno è caldo per uno scopo, e che ci si può avvicinare, ma non toccare, dopo la tua esperienza negativa.

Lo stesso avviene per i nostri soldi: se ci affidiamo subito a un esperto e cerchiamo di imparare da lui, avremo un rapporto tranquillo basato sulla conoscenza; se invece vogliamo fare esperienza da soli e ci scottiamo, il rapporto sarà più complesso, perché ridare fiducia nel sistema a una persona scottata può, proprio a causa della sua esperienza, essere molto complesso.

Il consulente che deve rieducare è consapevole che il cliente sta perdendo opportunità, ma deve tener conto della parte emozionale del suo interlocutore.

Si può pensare che nel fare da soli si possa non sbagliare, purtroppo i dati dicono il contrario. Il consulente è l’alter ego idoneo: ha dalla sua la conoscenza. Il figlio che impara dal padre sa come affrontare i pericoli, il cliente che impara dal consulente sa come affrontare le oscillazioni del mercato.

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