L’Oriente ci ha fatto conoscere Yin e Yang: da noi si dice l’altra faccia della stessa medaglia. Qualche giorno fa sono stato ad assistere a un evento organizzato da una società di gestione del risparmio, durante il quale il gestore di uno dei fondi italiani più grandi ha prospettato una serie di situazioni che il mondo finanziario ed economico sta scontando in questo momento. Non dico nulla di nuovo se parlo di guerra in Ucraina, questioni geopolitiche, transazione energetica, crisi climatica, inflazione e chi più ne ha più ne metta. Davanti a uno scenario del genere, è chiaro che le ansie e le paure degli investitori siano tante: uno degli elementi più strani di tutta questa crisi, se così possiamo definirlo, è il fatto che tre portafogli con la componente azionaria ad inizio 2022 rispettivamente del 25, del 40 e del 60 per cento oggi abbiano lo stesso rendimento negativo.
Perché si verifica tutto ciò? Il rialzo dei tassi ha penalizzato moltissimo la parte obbligazionaria, notoriamente la casa degli investitori italiani, creando una flessione di breve, ma di contro anche opportunità a medio termine per chi vuole investire. Come sempre succede in situazioni di grande incertezza, chi ha la forza di guardare oltre riesce ad avvantaggiarsi e coglierà i frutti quando tutte queste situazioni si saranno – come dire – normalizzate.
Lo shock energetico sta portando ad accelerare in maniera violenta la ricerca di energia pulita e di nuove fonti di approvvigionamento e la crisi climatica ha messo un focus sulla gestione delle aziende. È notizia di questi giorni che molti fondi premiano con i loro denari quelle aziende che, pur non essendo ancora arrivate a un concetto di green, ci stanno lavorando. L’inflazione creata da uno shock tra offerta e domanda sta portando ad una accelerazione su sharing economy e digitalizzazione. E questi sono solo alcuni degli esempi: potrei andare avanti a elencare il cosiddetto rovescio della medaglia, ma credo che il concetto sia chiaro.
Il maggior distruttore di valore che io conosca sono le emozioni: queste portano a scelte irrazionali e quindi a situazioni spesso irreversibili che con il famoso senno di poi sarebbe stato meglio non fare. Mi sono divertito in questi ultimi cinque anni a seguire il portafoglio di un mio cliente che ogni volta che il mercato storna mi chiama chiedendomi se è il caso di mettere tutto in liquidità: cosa che comunque non ha mai fatto. Abbiamo creato insieme un portafoglio modello, che lui usa per entrare e uscire dal mercato in maniera virtuale. Dopo cinque anni di studio abbiamo visto che le sue “uscite tattiche” quando i mercati crollavano e le sue “entrate tattiche” quando i mercati ripartivano gli avrebbero portato oggi una perdita di circa il 12 per cento, rispetto quello che ha ottenuto gestendo il suo patrimonio con me.
Come ci insegna la Storia, meglio restare investiti che andare alla ricerca dei picchi di minimo o dei picchi di massima, perché così facendo si affiderebbe il proprio portafoglio solo alla fortuna di beccare il giorno giusto. Perché restare investiti? Le ragioni sono due: primo, non si consolida una perdita; secondo, per il risparmio gestito esiste innanzitutto il concetto di mutualità. Il tuo private banker che va oggi dal tuo vicino di casa e gli fa mettere denaro fresco su un certo fondo, oltre a fare il bene del tuo vicino fa anche il tuo: il gestore che vede entrare denaro fresco nel fondo può infatti comprare strumenti finanziari a prezzo di saldo, e quando la quota migliorerà lo farà sia per il tuo vicino sia per il te. In secondo luogo i dividendi che le aziende generano continuano comunque a essere reinvestiti. Infine, nei fondi obbligazionari le obbligazioni che oggi scadono creano liquidità per nuovi acquisti.
Una piccola riflessione per concludere. Le aziende hanno vuotato le scorte nel periodo pandemico e non sono più riuscite a far magazzino per mancanza di materie prime e quant’altro e quindi faticano a soddisfare la domanda. Qualche giorno fa un economista diceva che l’inflazione, data dalla domanda alta e dall’offerta bassa, prima o poi dovrà toccare i massimi per poi scendere. I banchieri centrali, per essere onesti, è un po’ che ci sperano. Il quesito sorge allora spontaneo: quando la domanda e l’offerta si ribilanceranno, quanto potrebbero aver guadagnato le aziende?
Non sarà magari domani né dopo: questo non lo possiamo sapere con sicurezza. Una cosa però è certa: durante le crisi nascono le migliori idee e le migliori opportunità. Nel frattempo dobbiamo sopportare il cambiamento, che al momento può sembrare doloroso, ma che potrebbe risultare dolce e fruttuoso domani.
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