Sulla barca si balla, ma in porto si arriva

Una mia cliente mi ha detto di essere particolarmente preoccupata per la situazione attuale: secondo lei è diversa da tutte le altre mai accadute. Abbiamo fatto insieme un po’ di analisi dei mercati e delle variabili macroeconomiche che hanno creato i presupposti odierni e poi le ho dato la mia chiave di lettura su come potrebbe evolvere la situazione dal punto di vista economico; ovvero che l’inflazione, vero spauracchio di questo periodo, possa tornare a più miti consigli nel momento in cui la produzione tornerà a soddisfare la domanda e la pressione sui tassi potrà scemare, tenendo conto naturalmente delle variabili geopolitiche. Dopo cena, una volta rientrato a casa, mi sono come di consueto dedicato alla lettura dei contenuti pubblicati durante il giorno: non nascondo che mi è venuto da sorridere.

Il primo articolo che ho letto riguardava i mercati emergenti. L’autore, dopo aver fatto un’analisi degli ultimi venti anni dell’Azionario Paesi Emergenti, dava la sua chiave di lettura su come il differenziale di crescita del PIL tra Paesi sviluppati e Paesi emergenti fosse un parametro importante per capire, tra le altre cose, dove andranno a investire le aziende in futuro; ma la cosa che mi ha fatto sorridere è stata la disamina sull’attenzione che bisogna avere per i fondamentali delle aziende. La parola fondamentali è come l’araba fenice, rispunta prepotentemente ogni volta che una crisi incombe. Non per niente, durante le fasi espansive, si parla di prospettive, utili attesi e chi più ne ha più ne metta, per poi tornare a parlare di fondamentali quando la nave balla.

Sulla stessa lunghezza d’onda era anche un altro articolo della mia lettura serale, che parlava delle prospettive cinesi, degli stimoli, specialmente sul mercato immobiliare, che sicuramente saranno dati dal Governo. E anche qui la chiosa finale era sull’attenzione ai fondamentali.

Un altro concetto che è tornato a far capolino nelle disamine finanziarie è quello di diversificazione: un concetto che – ormai è chiaro – non sparisce mai, ma che è enfatizzato nei momenti come questo. Parlare di diversificazione deve a mio avviso essere come alzarsi alla mattina e fare colazione: un’abitudine. Infatti la diversificazione resta sempre attuale

È proprio nei momenti storici come questo che tornano in auge concetti come quelli appena descritti, oltre naturalmente ai sempreverdi sicurezza e liquidabilità. Il perché è chiaro: siamo esseri umani e il nostro cervello rettile (qui la teoria dei Tre Cervelli) entra in azione quando abbiamo sensazioni di pericolo, portandoci a ricordare cosa abbiamo fatto in altre situazioni simili; quindi riprendiamo quelle cose per tornare in un terreno che sia a noi conosciuto. Quando da piccoli ci spaventiamo, la prima cosa che facciamo è correre verso casa dove abbiamo sicurezza; quando cresciamo, per affrontare le cose che ci mettono ansia, facciamo ricorso alle esperienze passate, le nostre àncore di salvataggio.

La mia cliente però ha paura, pensando che la situazione questa volta sia diversa da qualsiasi altra da lei vissuta o conosciuta del passato; in questo caso entra prepotentemente in gioco il nostro cervello libico, il cervello emotivo se così possiamo chiamarlo, che è alimentato dalle notizie di tutti i giorni. Parole come atomica, recessione, guerra e via discorrendo mettono a dura prova la nostra sensibilità.

Cosa fare allora? Per quanto riguarda la mia cliente e la sua paura di trovarsi di fronte a un periodo storico senza precedenti, la cosa che ha fatto è stata quella di chiamarmi ed espormi i suoi dubbi. Per quanto riguarda il mercato, bisogna avere un fantastico strabismo di Venere: con un occhio porre attenzione al presente e con l’altro cercare di intuire il futuro; perché tra dieci anni questa sarà Storia, sia politica sia economica, e gli studenti la studieranno come situazione particolare.

Come tutte le cose ci sarà una fine. Nel frattempo che la viviamo con un po’ di angoscia, è comprensibile, ma in pensione ci andremo, i nostri figli e nipoti andranno all’università, il mondo avrà una transazione energetica e (parere personale) sarà anche migliore. Quindi sulla barca si balla, ma in porto si arriva. 

Buona navigazione!

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Il fruttuoso rovescio della medaglia.

L’Oriente ci ha fatto conoscere Yin e Yang: da noi si dice l’altra faccia della stessa medaglia. Qualche giorno fa sono stato ad assistere a un evento organizzato da una società di gestione del risparmio, durante il quale il gestore di uno dei fondi italiani più grandi ha prospettato una serie di situazioni che il mondo finanziario ed economico sta scontando in questo momento. Non dico nulla di nuovo se parlo di guerra in Ucraina, questioni geopolitiche, transazione energetica, crisi climatica, inflazione e chi più ne ha più ne metta. Davanti a uno scenario del genere, è chiaro che le ansie e le paure degli investitori siano tante: uno degli elementi più strani di tutta questa crisi, se così possiamo definirlo, è il fatto che tre portafogli con la componente azionaria ad inizio 2022 rispettivamente del 25, del 40 e del 60 per cento oggi abbiano lo stesso rendimento negativo.

Perché si verifica tutto ciò? Il rialzo dei tassi ha penalizzato moltissimo la parte obbligazionaria, notoriamente la casa degli investitori italiani, creando una flessione di breve, ma di contro anche opportunità a medio termine per chi vuole investire. Come sempre succede in situazioni di grande incertezza, chi ha la forza di guardare oltre riesce ad avvantaggiarsi e coglierà i frutti quando tutte queste situazioni si saranno – come dire – normalizzate.

Lo shock energetico sta portando ad accelerare in maniera violenta la ricerca di energia pulita e di nuove fonti di approvvigionamento e la crisi climatica ha messo un focus sulla gestione delle aziende. È notizia di questi giorni che molti fondi premiano con i loro denari quelle aziende che, pur non essendo ancora arrivate a un concetto di green, ci stanno lavorando. L’inflazione creata da uno shock tra offerta e domanda sta portando ad una accelerazione su sharing economy e digitalizzazione. E questi sono solo alcuni degli esempi: potrei andare avanti a elencare il cosiddetto rovescio della medaglia, ma credo che il concetto sia chiaro.

Il maggior distruttore di valore che io conosca sono le emozioni: queste portano a scelte irrazionali e quindi a situazioni spesso irreversibili che con il famoso senno di poi sarebbe stato meglio non fare. Mi sono divertito in questi ultimi cinque anni a seguire il portafoglio di un mio cliente che ogni volta che il mercato storna mi chiama chiedendomi se è il caso di mettere tutto in liquidità: cosa che comunque non ha mai fatto. Abbiamo creato insieme un portafoglio modello, che lui usa per entrare e uscire dal mercato in maniera virtuale. Dopo cinque anni di studio abbiamo visto che le sue “uscite tattiche” quando i mercati crollavano e le sue “entrate tattiche” quando i mercati ripartivano gli avrebbero portato oggi una perdita di circa il 12 per cento, rispetto quello che ha ottenuto gestendo il suo patrimonio con me.

Come ci insegna la Storia, meglio restare investiti che andare alla ricerca dei picchi di minimo o dei picchi di massima, perché così facendo si affiderebbe il proprio portafoglio solo alla fortuna di beccare il giorno giusto. Perché restare investiti? Le ragioni sono due: primo, non si consolida una perdita; secondo, per il risparmio gestito esiste innanzitutto il concetto di mutualità. Il tuo private banker che va oggi dal tuo vicino di casa e gli fa mettere denaro fresco su un certo fondo, oltre a fare il bene del tuo vicino fa anche il tuo: il gestore che vede entrare denaro fresco nel fondo può infatti comprare strumenti finanziari a prezzo di saldo, e quando la quota migliorerà lo farà sia per il tuo vicino sia per il te. In secondo luogo i dividendi che le aziende generano continuano comunque a essere reinvestiti. Infine, nei fondi obbligazionari le obbligazioni che oggi scadono creano liquidità per nuovi acquisti.

Una piccola riflessione per concludere. Le aziende hanno vuotato le scorte nel periodo pandemico e non sono più riuscite a far magazzino per mancanza di materie prime e quant’altro e quindi faticano a soddisfare la domanda. Qualche giorno fa un economista diceva che l’inflazione, data dalla domanda alta e dall’offerta bassa, prima o poi dovrà toccare i massimi per poi scendere. I banchieri centrali, per essere onesti, è un po’ che ci sperano. Il quesito sorge allora spontaneo: quando la domanda e l’offerta si ribilanceranno, quanto potrebbero aver guadagnato le aziende? 

Non sarà magari domani né dopo: questo non lo possiamo sapere con sicurezza. Una cosa però è certa: durante le crisi nascono le migliori idee e le migliori opportunità. Nel frattempo dobbiamo sopportare il cambiamento, che al momento può sembrare doloroso, ma che potrebbe risultare dolce e fruttuoso domani.

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Primo: non prenderle!

“Primo: non prenderle!” Lo diceva il mitico Enzo Bearzot, commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio, Campione del Mondo nel 1982. Cosa c’entra l’affermazione di un allenatore di calcio con la Finanza? Rappresenta una delle logiche più seguite dalle persone. La citazione mi è venuta in mente mentre ascoltavo un informatore energetico, mentre mi raccontava che molte persone stanno decidendo di avere un prezzo bloccato dell’energia elettrica (anche se in questo momento molto alto) con il rischio che il prezzo possa scendere nei prossimi mesi.

La stessa cosa succede parlando di mutui: l’altro giorno parlando con una coppia che vuole comprare casa, la prima cosa che mi hanno detto è stata: “Sceglieremo sicuramente il tasso fisso, non vogliamo sorprese”. Al di là del fatto che ogni situazione è unica, nello specifico con la loro capacità di risparmio e il loro reddito era preferibile un mutuo a tasso variabile, con controllo rata grazie ad aggiuntivi. 

Primo non prenderle, appunto; anche se così facendo si aumentano le probabilità di pagare di più, se si parla di finanza, e si diminuiscono le probabilità di vincere, se si parla di calcio. L’incertezza crea stati d’animo che portano le persone a fare scelte che razionalmente non hanno logica: la paura che il costo dell’energia possa continuare a salire e che i tassi possano fare altrettanto spingono a compiere scelte di pancia, che come dico spesso non sono le migliori.

Una dimostrazione la troviamo anche nel mercato. Il mercato azionario odia l’incertezza: la direzione non chiara crea ansia e volatilità. Il mercato preferisce avere informazioni chiare, per poi prendere una direzione. Per assurdo il mercato potrebbe salire nel momento in cui sia conclamata la recessione, e questo per due motivi: l’ha già scontata prima (il mercato infatti anticipa gli eventi) e ha già coscienza di dove andrà. Per spiegare questo apparente paradosso uso la mia passione per la montagna e racconto di quando ho affrontato un sentiero, che ho percorso più e più volte, dopo che una tromba d’aria aveva fatto cadere una serie di piante.

Quando ho cominciato la salita ho avuto una sensazione di ansia: il sentiero era poco visibile, faticavo a orientarmi e la paura di sbagliare strada era tanta; ho fatto ricorso alla mia esperienza e alla mia conoscenza della zona, ho preso per riferimento una roccia e ho proceduto verso di lei fino a quando ho ritrovato il segnale bianco rosso che evidenziava il sentiero; solo nel momento in cui ho raggiunto il sentiero, lo stato d’ansia si è placato e mi sono goduto l’ascesa.

Come succede con il mercato, io mi sono affidato all’esperienza per prendere una direzione: ho percorso più strada del solito, ma alla fine sono arrivato alla meta. Il mercato invece oscilla e alterna giornate di rosso con quelle di verde fino a quando non riesce a ritrovare il sentiero già segnato per poi procedere spedito.

L’esperienza ci insegna che il mercato quando torna a salire raggiunge picchi più alti rispetto ai massimi fatti registrare in precedenza. Qualcuno starà pensando che questa volta sarà diverso e non succederà così. Eppure, quando nei primi Anni Duemila il Nasdaq scese dai 5.000 punti alla metà a causa della crisi Dot-com, molti dicevano che non sarebbe più tornato a quel valore: vent’anni dopo sappiamo com’è andata e ora il Nasdaq viaggia sopra i 10.000 punti.

Amo Bearzot, ma senza uno splendido Paolo Rossi, che a difendere non era proprio bravo, non avremmo vinto quel mondiale. La morale è: non prendiamole, ma non chiudiamoci nemmeno a riccio, altrimenti l’unico rischio che corriamo è di non arrivare alla meta o di non arrivarci nel migliore dei modi.

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Il mercato ha le sue regole

“E se comprassimo oro?” Questo è il leitmotiv di un mio cliente, che ogni tanto azzarda l’idea di comprare un lingotto come investimento. L’altro giorno ha affermato sospirando: “… Se avessimo comprato oro all’inizio dell’anno!” È bastato mostrargli il grafico con l’andamento del 2022, per fargli notare come questo metallo prezioso abbia subìto un passaggio del valore dai 2000,00 $ di gennaio ai 1600,00 $ di oggi. L’oro, considerato il bene rifugio per eccellenza, da inizio anno ha perso infatti il 20 per cento.

L’opinione del mio cliente riflette quello che in genere tutti gli investitori si aspettano, cioè che determinati beni non perdano mai il loro valore e che siano sempre da considerare dei beni rifugio. Dopo i BTP di cui ho parlato la settimana scorsa, anche l’oro ha dunque riservato una poco gradita sorpresa agli investitori. Perché gli investitori non mettono in discussione alcuni strumenti?

Chi investe si aspetta che l’oro, che per antonomasia rappresenta la ricchezza, non perda mai valore, che il BTP, siccome è emesso dallo Stato, non oscilli, che un’obbligazione, in quanto obbligazione, sia sicura e che, al contrario, un’azione sia rischiosa; e questo a causa della poca conoscenza del mercato e delle sue regole. 

Il mercato finanziario ha le stesse regole del mercato di quartiere: se tutti vogliono le uova del contadino, ma le uova sono poche, il prezzo salirà; se al contrario il contadino ha molte uova e nessuno le vuole, le svenderà. Se tutti vogliono l’oro, allora il prezzo salirà; se nessuno lo vuole, scenderà.

Se l’estate è stata abbondante di acqua e scarsa di sole, ci si aspetta un vino con una gradazione bassa e probabilmente di poco pregio: pochi lo vorranno e il prezzo scenderà; viceversa un’estate calda e acqua quanto basta significherà gradazione alta e grande qualità: tutti vorranno il vino e il prezzo aumenterà. Allo stesso modo, se aumenta il costo dell’energia ci si aspetta un calo della produzione, quindi degli utili, e si venderà; in caso di calo del costo dell’energia e delle materie prime, la produzione sarà in crescita e di conseguenza anche gli utili: tutti compreranno.

Il mercato in quanto tale segue le sue regole, che non sono così esatte come si può pensare: chi pensa che il mercato finanziario sia un ambiente razionale è in errore. Le notizie influenzano le quotazioni, specialmente nel breve periodo, per poi perdere influenza nel lungo periodo, dove i valori reali dell’azienda vengono a galla. 

L’uva piena d’acqua è uguale per tutti, ma la lavorazione, la pigiatura più o meno profonda e la conservazione del vino in botti trattate in modi diversi determinano una qualità di vino diversa. 

Differenze? Nessuna: le logiche sono le stesse. Come posso allora investire?

Torniamo al vino: bere un vino vecchio di un anno e uno vecchio di dieci anni non è la stessa cosa: il gusto non sarà lo stesso, così come gli aromi, il colore, il bouquet e così via. Il tempo del vino è uguale a quello degli investimenti: e una bottiglia di Barolo sicuramente costerà molto di più di una di Novello. Allo stesso modo, il tempo vale per gli investimenti.

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