Da un’indagine di BNP Paribas in collaborazione con Coalition Greenwich risulta che 9 investitori su 10 hanno individuato la digitalizzazione, l’invecchiamento della popolazione e il cambiamento delle abitudini di spesa come i tre temi fondamentali nelle scelte di investimento dei prossimi anni. Ho citato più volte nei miei interventi questi asset come molto importanti: sembra ora che anche il mercato abbia iniziato a considerarli tali.
L’invecchiamento della popolazione (a ritmi mai visti sino ad ora) resta il tema di maggior impatto per quanto riguarda la demografia. RSA, previdenza e assistenza saranno temi di cui sentiremo parlare parecchio e che saranno occasione di investimento.
La demografia, a mio avviso, è una delle cause che definisce anche un altro dei tre asset individuati dall’indagine, perché sta portando i consumatori a cambiare le loro abitudini d’acquisto. Una popolazione eterogenea, risultato di etnie diverse che convivono armoniosamente, mischierà in sé le abitudini dei molti creando nuove e un tempo inaspettate consuetudini. Un esempio? La diffusione capillare, a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni, dei ristoranti etnici: una nuova abitudine di consumo che ci offre l’opportunità di assaggiare piatti che altrimenti non ci sarebbero ora così tanto familiari, come il kebab, gli spaghetti di soia, il sashimi, il pollo al curry o la zuppa tom yum.
Il terzo tema è quello della digitalizzazione, un’area che avrà sempre più importanza anno dopo anno: stiamo già assistendo ora alla dematerializzazione di molte cose, dal registro scolastico su, su fino alla carta d’identità.
Dopo aver letto l’indagine di BNP altri due interventi hanno attratto la mia attenzione. Il primo è la ricerca World Inequality Report 2022, in cui si prende atto che in Italia il 10 per cento della popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza, mentre l’altro 50 per cento è appannaggio del resto della popolazione. Una situazione che si sta delineando da tempo e che sta facendo a poco a poco scomparire il famoso “ceto medio”.
In seconda analisi, mi ha incuriosito un articolo del professor Paolo Legrenzi, che cercava la correlazione tra il servizio nel gioco del tennis e la gestione non professionale dei portafogli di investimento. Un parallelismo curioso, che cerco di riassumervi: l’investitore fai da te ripete sempre gli stessi errori, esattamente come il giocatore dilettante di tennis, che si avvale dell’esperienza frutto di anni di partite, ma non dell’allenamento specifico; cosa, questa, che lo pone in una situazione tale per cui, senza una correzione dovuta all’allenamento, commetterà sempre gli stessi sbagli. La migliore strategia per un giocatore del genere – sottolinea Legrenzi – è un atteggiamento prudente, esattamente quello che dovrebbe tenere un investitore inesperto. Un giovane che affronti per la prima volta gli investimenti e si avvicini ai Bitcoin oppure un investitore in BTP o BOT che compri azioni dell’Enel piuttosto che quelle della sua banca è paragonabile al tennista che, pur non essendo allenato, affronta un mercato senza il dovuto allenamento, ma con la sola esperienza.
In tutto questo marasma si colloca il Consulente Finanziario, che deve conoscere i nuovi trend, allenare l’investitore ad affrontare i nuovi mercati e aiutare il 90 per cento della popolazione a non commettere errori, in modo da far fruttare il 50 per cento del patrimonio.
Il Consulente Finanziario, come ho più volte avuto modo di scrivere anche tra queste pagine, deve anche avere una funzione sociale ed educativa: una sfida, questa, che la categoria deve affrontare e che io ho deciso di accettare, continuando a far avvicinare i miei clienti ai nuovi mercati educandoli e allenandoli, perché quel 50 per cento di ricchezza non vada sprecata.
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