Quanto abbiamo di Cina in portafoglio?

Accendere il televisore e sentire parlare di inflazione ai massimi e di aumento dei tassi ormai non è certo una rarità. Ci si chiede quale potrebbe essere il posizionamento migliore sul mercato in un momento come questo: il mercato azionario ha corretto, quello obbligazionario pure, quindi che fare? Ne parlavo l’altro giorno con un cliente e voglio condividere con voi le riflessioni che ne sono emerse.

Questo investitore ama i Titoli di Stato ed è convinto che con i tassi intorno al 4 per cento siano un’occasione. Peccato che questa sua affermazione l’ha fatta senza sapere che il giorno dopo la FED avrebbe alzato i tassi d’interesse dello 0,75 per cento e che la BCE farà probabilmente lo stesso a breve. Quando gli ho fatto notare questa cosa, mi ha risposto: “Ma cosa vuoi che correggano?” Allora ho preso il mio iPad e ho cercato un grafico che rappresentasse un BTP in scadenza tra dieci anni (cioè nel 2032) provocando la sua grande sorpresa, quando si è accorto che in un anno il titolo è passato da 100 a 75, con una perdita del 25 per cento.

Btp Tf 0,95% Gn32 Eur

Abbiamo poi affrontato il tema della Cina, un investimento che lui ha in portafoglio e che da inizio dell’anno ha corretto, anche se meno del BTP, pur essendo il suo investimento al cento per cento azionario. Abbiamo commentato che l’investimento di cui si preoccupa di più è l’azionario cinese e non il titolo italiano: ma questa cosa è razionalmente corretta? Il BTP rappresenta un debito che lo Stato Italiano deve a chi ha sottoscritto il titolo: maggiore è la cedola, maggiore sarà il debito italiano; maggiore il debito, minore la crescita del nostro Paese; sicuramente un circolo vizioso e non un circolo virtuoso.

L’unica speranza? Un governo che possa davvero governare e una politica importante su lavoro e imprenditoria, tutte cose che al momento paiono appunto solo questo, una speranza. L’economia italiana non brilla certo e mettere debito su debito non è a mio avviso la scelta corretta. 

La Cina invece sta sorpassando gli Stati Uniti: la sua economia pesa per il 19 per cento nel PIL mondiale. Il suo mercato invece pesa ancora solo per il 13 per cento, un’anomalia che però è destinata ad essere colmata nei prossimi anni. La Cina ha aperto i propri mercati agli investitori esteri: Xi Jinping, il presidente cinese, ha dichiarato che la globalizzazione è imprescindibile per la loro economia e anche per le altre. 

La Cina ha messo in campo una riforma fiscale che porterà immensi benefici alle aziende del paese della Grande Muraglia e che le metterà ancora di più in competizione con le società occidentali. La Cina nei mesi scorsi ha scaricato molti titoli di debito americano, cosa che la rende meno esposta alla correzione dovuta al rialzo dei tassi statunitensi. La Cina ha stretto rapporti commerciali sempre più importanti con l’India, creando un blocco economico rilevante: gli abitanti di questi due Paesi insieme rappresentano un terzo della popolazione mondiale.

Il mercato obbligazionario cinese è il secondo al mondo e la Repubblica Popolare, a differenza degli altri Paesi, ha abbassato i tassi per sostenere l’economia. Ultimo, ma non da ultimo, la Cina detiene quasi il 60 per cento delle Terre Rare, che rappresentano gli elementi fondamentali nelle lavorazioni industriali, e gestisce la quasi totalità delle lavorazioni finali per altri metalli molto importanti.

Dopo aver fatto queste riflessioni, il mio cliente mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto: “Quanto abbiamo di Cina in portafoglio?” Gli ho risposto: “Siamo arrivati in vari momenti a quasi il dieci per cento”. E lui: “Cosa ne pensi se aumentiamo? Meglio stare dalla parte di chi crea ricchezza, rispetto a chi la distrugge”. Ho fatto fatica a portarlo al dieci per cento: l’ho fatto investire per mediare il prezzo e altro. L’altro giorno invece le mie argomentazioni l’hanno convinto che la scelta fatta è la migliore per i suoi obiettivi e il suo orizzonte temporale.

Non sappiamo dove sarà il mercato domani, ma sappiamo dove sarà tra dieci anni.

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Per fare investimenti giusti ci vuole l’allenamento giusto

Da un’indagine di BNP Paribas in collaborazione con Coalition Greenwich risulta che 9 investitori su 10 hanno individuato la digitalizzazione, l’invecchiamento della popolazione e il cambiamento delle abitudini di spesa come i tre temi fondamentali nelle scelte di investimento dei prossimi anni. Ho citato più volte nei miei interventi questi asset come molto importanti: sembra ora che anche il mercato abbia iniziato a considerarli tali.

L’invecchiamento della popolazione (a ritmi mai visti sino ad ora) resta il tema di maggior impatto per quanto riguarda la demografia. RSA, previdenza e assistenza saranno temi di cui sentiremo parlare parecchio e che saranno occasione di investimento. 

La demografia, a mio avviso, è una delle cause che definisce anche un altro dei tre asset individuati dall’indagine, perché sta portando i consumatori a cambiare le loro abitudini d’acquisto. Una popolazione eterogenea, risultato di etnie diverse che convivono armoniosamente, mischierà in sé le abitudini dei molti creando nuove e un tempo inaspettate consuetudini. Un esempio? La diffusione capillare, a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni, dei ristoranti etnici: una nuova abitudine di consumo che ci offre l’opportunità di assaggiare piatti che altrimenti non ci sarebbero ora così tanto familiari, come il kebab, gli spaghetti di soia, il sashimi, il pollo al curry o la zuppa tom yum.

Il terzo tema è quello della digitalizzazione, un’area che avrà sempre più importanza anno dopo anno: stiamo già assistendo ora alla dematerializzazione di molte cose, dal registro scolastico su, su fino alla carta d’identità.

Dopo aver letto l’indagine di BNP altri due interventi hanno attratto la mia attenzione. Il primo è la ricerca World Inequality Report 2022, in cui si prende atto che in Italia il 10 per cento della popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza, mentre l’altro 50 per cento è appannaggio del resto della popolazione. Una situazione che si sta delineando da tempo e che sta facendo a poco a poco scomparire il famoso “ceto medio”.

In seconda analisi, mi ha incuriosito un articolo del professor Paolo Legrenzi, che cercava la correlazione tra il servizio nel gioco del tennis e la gestione non professionale dei portafogli di investimento. Un parallelismo curioso, che cerco di riassumervi: l’investitore fai da te ripete sempre gli stessi errori, esattamente come il giocatore dilettante di tennis, che si avvale dell’esperienza frutto di anni di partite, ma non dell’allenamento specifico; cosa, questa, che lo pone in una situazione tale per cui, senza una correzione dovuta all’allenamento, commetterà sempre gli stessi sbagli. La migliore strategia per un giocatore del genere – sottolinea Legrenzi – è un atteggiamento prudente, esattamente quello che dovrebbe tenere un investitore inesperto. Un giovane che affronti per la prima volta gli investimenti e si avvicini ai Bitcoin oppure un investitore in BTP o BOT che compri azioni dell’Enel piuttosto che quelle della sua banca è paragonabile al tennista che, pur non essendo allenato, affronta un mercato senza il dovuto allenamento, ma con la sola esperienza.

In tutto questo marasma si colloca il Consulente Finanziario, che deve conoscere i nuovi trend, allenare l’investitore ad affrontare i nuovi mercati e aiutare il 90 per cento della popolazione a non commettere errori, in modo da far fruttare il 50 per cento del patrimonio.

Il Consulente Finanziario, come ho più volte avuto modo di scrivere anche tra queste pagine, deve anche avere una funzione sociale ed educativa: una sfida, questa, che la categoria deve affrontare e che io ho deciso di accettare, continuando a far avvicinare i miei clienti ai nuovi mercati educandoli e allenandoli, perché quel 50 per cento di ricchezza non vada sprecata.

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La Variabile della Motivazione

Ogni giorno si possono seguire sui social guru che millantano metodi infallibili per guadagnare, ascoltare l’esperienza di persone che in un mese o anche meno hanno comprato una Tesla o altre cose di questo genere: peccato che tutto questo non sia reale e che anzi si tratti di veri e propri specchietti per le allodole. Certo che a raccontarla così manca in effetti una variabile molto importante: il perché assistiamo a un certo tipo di narrazione, con l’esca facile che ne consegue.

Quando una persona decide di fare una cosa, lo fa sempre per un motivo: sotto, per quanto nascosta, c’è sempre una vera motivazione. Chi propone questi metodi infallibili, invece, pare basarsi sul come fare, senza interessarsi minimamente del perché. Nel film “Robin Hood – Il principe dei ladri” un giovane Kevin Costner afferma di aver visto ragazzini senza esperienza di guerra combattere e sconfiggere guerrieri di professione solo perché difendevano un ideale. Avevano, cioè, una fortissima motivazione. Nella finzione, così come nella vita, la base di una corretta pianificazione dei propri investimenti sono i perché: sono i motivi che spostano gli equilibri.

La scorsa settimana ho incontrato un cliente preoccupato, come molti altri, dell’attuale situazione economica: mi parlava dei suoi investimenti, mi chiedeva se per caso non fosse meglio mettere i propri soldi sul conto corrente, se non fosse necessario alleggerire da qualche parte e altre domande di questo genere. L’unico investimento che però non ha mai messo in discussione è stato quello fatto per la nipote, cioè l’accantonamento per l’università. Dopo la nostra chiacchierata si è tranquillizzato e non ha di certo liquidato, anzi: ha fatto un aggiuntivo sul fondo per la nipote. La cosa che davvero mi ha più colpito è proprio questa: nonostante i pensieri, le preoccupazioni e i leciti dubbi per quello che sta succedendo, il mio cliente non ha minimamente messo in dubbio la sua forte motivazione nei confronti dell’investimento fatto a suo tempo per la nipote. Il fine era evidentemente troppo alto.

Trovare il perché è la cosa più difficile quando faccio la pianificazione con i miei clienti, quando questo si trova però non si torna indietro: chi trova il suo vero perché poi non lo mette più in discussione. Ho spesso parlato dei piani di accumulo, davvero un grande strumento per investire; i PAC però sono un come si investe e se questo non è sostenuto da un perché è fine a sé stesso. Il cliente che l’11 settembre 2001 ha sottoscritto un piano per la casa della figlia non l’ha mai messo in discussione malgrado i ribassi sino al 2003: il perché era troppo grande.

Un esercizio interessante per quanto riguarda la propria pianificazione è quello di mettere su un foglio di carta i propri valori e le proprie motivazioni: vi accorgerete subito, magari anche con stupore, che questi combaciano perfettamente. È da lì che bisogna partire per definire la propria pianificazione: io l’ho fatto per la gestione dei miei investimenti, ma anche per il mio lavoro e per tutto quello che faccio nella vita. Per fare le cose ho sempre bisogno di un perché, che è sempre in linea con i miei valori. Vado in bicicletta perché fa bene alle mie ginocchia malandate e ho deciso di andare solo o con persone che come me non amano andare appaiati, ma in fila indiana, perché vanno rispettati anche gli automobilisti. Ho deciso, nel mio lavoro, di essere il più semplice possibile perché tutti capiscano: un investitore consapevole fa le scelte migliori per lui, il mio compito è aiutarlo a fare le scelte migliori.

Il Consulente Finanziario ha il compito di capire le motivazioni dei propri clienti, perché solo attraverso quelle motivazioni può far bene il suo lavoro: i mercati non li può cambiare, ma i perché li può capire, così come i valori che li guidano. Come il bravo atleta ha risorse fisiche, un coach e una forte motivazione che lo aiutano a ottenere risultati, anche l’investitore che ha risorse, un consulente e una motivazione forte ottiene risultati.

Ho visto clienti che con risorse non illimitate, ma con un grande perché che hanno ottenuto ottimi risultati: la morale quindi è che conviene sempre pensare bene alle proprie motivazioni.

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La Sindrome dell’Escursionista

Gino e Franco decidono di affrontare insieme la loro prima ascesa a un 3.000 metri: pianificano l’impresa e il giorno stabilito di buonora sono già in cammino verso la cima. Tutto procede per il meglio: l’ascesa è dura, ma non impossibile; acqua e alimenti sono sufficienti e tutto sembra volgere al meglio; l’impresa, prevista in quattro ore, sta per essere compiuta, quando all’orizzonte appaiono delle nuvole minacciose. 

Gino comincia a spazientirsi e propone di rientrare; Franco invece ribadisce che sono solo a poche centinaia di metri dalla vetta, tenendo anche conto del tempo di percorrenza. Le nubi si avvicinano ancora: Gino gira i tacchi e comincia a scendere, Franco invece si copre adeguatamente, controlla il GPS e prosegue la sua salita. Dopo poche centinaia di metri Franco scollina e, come succede spesso in montagna, l’altro versante della montagna risulta privo di nuvole e regala un panorama fantastico: nel giro di pochi minuti è nel rifugio che lo accoglie per la notte. Gino di contro scende di buon passo dalla montagna e arriva al paese dopo quasi quattro ore: è stato accompagnato dalla pioggia per tutto il tragitto.

La lezione più importante che un investitore può imparare da questa breve storiella è che scappare da un mercato in ribasso potrebbe risultare un errore madornale, perché non si può sapere a che punto è arrivata la fase di ribasso: mantenere la rotta, cioè mantenere orizzonti temporali e logiche di investimento, è la tattica vincente.

Gino, impaurito dalle nuvole, scappa e torna in paese, perdendo così l’opportunità di godersi un meraviglioso paesaggio e in più prende acqua per tutto il tragitto. Le nuvole del cielo sono naturali; le nuvole del mercato, invece, spesso sono create ad arte da chi vuole che il Gino di turno venda in modo da poter acquistare a prezzi più bassi. Franco di contro ha tenuto la ferma convinzione che avrebbe scollinato, ricevendo come premio un magnifico panorama e niente pioggia. Si può obiettare che Franco avrebbe potuto arrivare in cima e avere comunque nuvole e pioggia: verissimo, ma le nuvole prima o poi si sarebbero diradate, magari il giorno dopo, quando si sarebbe alzato dopo la notte passata nel rifugio.

Lo stesso vale per l’investitore: prima o poi le nuvole create dagli speculatori si diraderanno e la ripresa del mercato li premierà, e con una guida adeguata potrebbero addirittura avvantaggiarsi. La guida, colui cioè che ti può guidare fuori dalla tempesta, è fondamentale: prova a pensare se insieme a Gino e a Franco ci fosse stata una guida esperta. Avrebbe rassicurato Gino dicendogli che a breve sarebbero arrivati al rifugio e che li avrebbe portati lui fuori dalle nuvole; e avrebbe evitato a Franco di assumersi il rischio di proseguire senza una chiara visione, accompagnato solo dall’ausilio del suo GPS. 

Il risultato di avere una guida esperta per Gino significava riuscire a scalare il 3.000 mt. come desiderava e per Franco non rischiare in nessun caso mentre raggiungeva la vetta. Qual è allora lo scopo della guida? Portare gli alpinisti alla loro meta, facendo in modo che non corrano pericoli o che almeno siano pronti ad affrontarli. 

Lo stesso vale per il Consulente Finanziario, che ha lo scopo di portare gli investitori alla loro meta non facendo correre loro rischi e preparandoli ad affrontare gli ostacoli che potrebbero trovare sul loro percorso. Per affrontare i mercati colmi di nuvole, come in questo periodo, bisogna sapere come muoversi tra i cumuli, conoscere la destinazione e, solo se necessario, correggere la rotta: questo solo per arrivare prima alla meta o evitare un passaggio difficoltoso.

Chi come me ama le montagne capisce che puoi affrontare un sentiero semplice se ben segnato, ma anche questo può diventare difficoltoso, se non si rispetta il buon senso e non si conoscono i rischi: così facendo però le probabilità che ti succeda qualcosa diminuiscono.

Rispettare e conoscere i mercati ci porterà sempre alla meta: come l’alpinista, anche il risparmiatore potrà fare il suo 3.000. Buona escursione!

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