Fa più rumore una foglia che cade, che una pianta che cresce

“Signor Rota, buongiorno! Al telegiornale si sentono un sacco di cose e mia moglie stufa di sentirmi preoccupato mi ha detto di chiamarla. Sarà come nel 2008, perché i mercati sono saliti molto? Poi la deglobalizzazione… Sembra si stia tornando ai vecchi blocchi”. Questo il sunto di una chiamata, tra le molte ricevute nel corso di questa ultima settimana. La cosa che mi ha incuriosito è che questa raccoglieva concetti espressi anche da altri.Quando arrivano molte informazioni, diventa sempre più difficile decodificarle: è uno dei bias comportamentali, more information”, di cui in passato ho già parlato.

Torniamo alla nostra telefonata. Dal punto di vista – diciamo così – giornalistico, esprimersi evocando il 2008 ha senso, perché le notizie devono toccare la pancia di chi ascolta o legge. Dal punto di vista tecnico-finanziario, invece, non ha nessun senso: le due correzioni hanno matrici completamente diverse. Quella attuale è figlia di una guerra, di un’inflazione molto alta e di prezzi delle materie prime alle stelle (e di questo infatti abbiamo già discusso in altri articoli). La matrice del 2008, finanziariamente parlando, era molto più complessa perché era una crisi di sistema: ci trovavamo di fronte alla “finanza di carta”, cioè all’uso smodato di derivati che era alla base di quella correzione. Allora avrebbe potuto, come dire, far saltare il banco, ma ne siamo usciti, e il resto è storia. La situazione odierna è viva e attuale e quindi, va da sé, fa un po’ più male. Il parallelismo fatto dal mio interlocutore nel corso della telefonata (“scenderà, perché i mercati sono saliti molto”) non ha nessuna logica: non esiste infatti nessuna correlazione tra l’essere salito molto e la presunta conseguente discesa; il modo in cui si comunicano le cose, invece, può davvero fare la differenza

Passiamo invece al discorso sulla deglobalizzazione: al netto della parola, che comunque personalmente non mi piace, possiamo dire che vuol dire tutto e non vuol dire niente. La globalizzazione economica, secondo il mio parere, non può essere cancellata in un amen, anche perché ormai l’interconnessione è altissima. Un esempio? Apple compra i semiconduttori non più nella Silicon Valley di San Francisco, ma a Taiwan. Vi immaginate dover fermare la produzione di iPhone, sino a quando la Silicon Valley non sarà in grado di fornire tutti i microchip necessari alla ditta di Cupertino? Come sempre, quando succede qualcosa, si evocano situazioni diverse che conosciamo. Un esempio? Quante volte, quando il debito pubblico italiano si fa vedere come uno spauracchio, si torna a parlare di Lira e svalutazione della moneta? La situazione concettualmente è la stessa: cercare un posto che conosco e contrapporlo alla situazione nuova; anche in questo caso comunicazione alla pancia e non al cervello. 

Discorso diverso, in termini di deglobalizzazione, potrebbe essere fatto per quanto riguarda l’energia, ma qui userei di più il concetto di uscita da un monopolio: se c’è una cosa che abbiamo imparato in questo periodo, è che siamo troppo dipendenti come Europa – e in particolar modo come Italia – dal colosso russo. Lo staccarsi da questa dipendenza lo ritengo un processo lecito e doveroso. Si parla di energia rinnovabile, di nucleare di quarta generazione e di molto altro.

Da un po’ di tempo sto studiando quelle che sono le logiche energetiche, argomento che affronterò anche nel seminario del prossimo 6 luglio (ISCRIVITI QUI). Sono convinto che eolico e solare potranno darci una mano, ma che dovremo seriamente prendere in considerazione un ambito in cui siamo rimasti al palo per paura dei pericoli: il nucleare. Con il nucleare di quarta generazione, i benefici sono maggiori dei rischi.

Le informazioni sono quindi molte e devono parlare alla pancia, ma devono essere decodificate nel giusto modo per evitare errori tattici: fa più rumore una foglia che cade, che una pianta che cresce. Come dicevo, il problema non è se possiamo uscirne, ma quando. Tra cinque o sei anni al massimo anche questa correzione sarà Storia.

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