Il prossimo trend: la S

Si parla ormai costantemente di ESG negli investimenti: ma cosa significa questo acronimo inglese? È presto detto: la E sta per l’ambiente (Environmental), la S per il contesto sociale (Social) e la G per il buon governo delle aziende (Governance). Se di ambiente si parla già con fortune alterne dalla Conferenza di Rio del 1992, oggi, grazie anche alla pandemia, entra prepotentemente in campo il discorso sociale.

La S infatti sarà, per qualche società di gestione, il vero argomento di interesse dei prossimi anni.

Non esiste una barriera netta tra i tre obiettivi dell’ESG: attenzione alla persona, lavoro minorile, inclusione e via dicendo non sono infatti target fini a se stessi, ma puntano a formare persone che possano vivere dignitosamente all’interno di una comunità e che a loro volta diventino così attente da essere motore del miglioramento del Pianeta.

Quella che ci aspetta è una battaglia difficile che solo attraverso una logica di investimenti mirata può portarci a migliorare la nostra vita e quella dei nostri figli. William Shakespeare diceva: “Quando un padre dà a suo figlio, entrambi ridono. Quando un figlio dà a suo padre, entrambi piangono”. Se lasciamo un mondo migliore ai nostri figli, tutti quanti noi saremo felici.

Oggi l’atteggiamento verso l’eco divide le persone in tre categorie: gli eco-attivi, gli eco-attenti (“ci deve pensare lo Stato”) e gli eco-disattenti o disinteressati. L’obiettivo del prossimo futuro è far diventare tutti quanti degli eco-attivi. Nessuno di noi può chiamarsi fuori da questa responsabilità. Non credo ci sia qualcuno che voglia coscientemente la distruzione del Pianeta: per lo stesso motivo anche le società di gestione del risparmio sono chiamate a fare la loro parte.Gli investimenti sostenibili e legati a quella che è l’Agenda 2030 sono il motore di questo cambiamento.

“Ma io vivo ora e vorrei che il mio denaro avesse anche un ritorno” potrebbe essere l’obiezione legittima di un investitore: la risposta, come sempre, sta nei numeri. Già nella mia tesi del 2018 (Università dell’Insubria) avevo sostenuto una lunga disanima circa la capacità di essere maggiormente performanti da parte delle aziende che avevano fatto una transazione Green, rispetto alle cosiddette “aziende Carbon”. La Cina ha come obiettivo la decarbonizzazione entro il 2060, altre realtà addirittura prima: quindi si faranno investimenti verso le aziende che permetteranno la transazione Green. 

Per tornare ai numeri, il costo della transazione Green delle aziende è ampiamente assorbito e diventa utile, una volta che la gestione delle aziende (G) è migliorata, efficientando risorse e processi produttivi. Una logica circolare, dunque. Proviamo a disegnare uno scenario e capire come posso in questo scenario guadagnare ora.

Per creare una società responsabile dobbiamo investire in educazione (aziende per la formazione), gli individui educati riciclano (aziende che riciclano), le persone educate chiederanno alle aziende per le quali lavorano di inquinare meno e chiederanno alla governance di essere responsabili (aziende Green). Per la transazione bisogna cambiare le logiche di produzione e serviranno nuovi software e nuove procedure (aziende digital e hi-tech).

Per ora mi fermo qui: penso che ci sia abbastanza per un investitore che oggi voglia guadagnare subito e lasciare un’eredità positiva ai suoi eredi.

Oggi finisce la possibilità di partecipare alla ricerca “Che investitore sei”, se non l’hai ancora fatto o se non hai ancora invitato i tuoi amici a farlo non ti rimane che fare click sul link o inviarlo https://forms.gle/VupZWQqDWu49d1nK9

La percezione del tempo

“Regola 44: le coincidenze non esistono!” dice sempre Leroy Jethro ‘LJ’ Gibbs, lo storico protagonista della serie NCIS. Questa citazione mi è tornata in mente per l’ennesima volta mentre ero nel mio pensatoio (cioè la mia macchina) sulla strada di casa ieri sera.

Andiamo con ordine: ieri in pausa pranzo ho recuperato l’ascolto di un webinar, a cui non ero riuscito a partecipare mercoledì, che parlava di Educazione Finanziaria come motore per la crescita economica, e mi hanno colpito alcune frasi legate al tempo. Questa settimana il tempo è stato infatti protagonista in due incontri che ho avuto con i miei clienti. Durante l’ascolto del webinar, questi due fatti mi sono tornati in mente: due eventi legati alla percezione completamente diversa del tempo.

Qualche giorno fa un cliente mi ha fatto vedere un buono postale che scade alla fine del 2021: un titolo comprato trent’anni fa. Quante persone in Italia hanno comprato buoni trentennali? Tantissime, e queste persone non hanno mai messo in discussione la loro scelta: perché? Credo che la risposta sia la motivazione: “L’ho fatto per mio figlio/nipote, se a trent’anni si vorrà sposare, vorrà aprire un attività o avrà un figlio” questa per esempio è una delle motivazioni; oppure: “L’ho messo via per quando andrò in pensione e mi comprerò una baita”; e altre cose di questo genere. Il non poter utilizzare il denaro per trent’anni è ampiamente compensato da quello che è uno scopo emotivamente più grande

Poi un altro cliente, parlando del fatto che sua figlia abbia appena iniziato a lavorare, mi ha detto: “È giovane, ha appena cominciato a lavorare, vorrebbe accantonare qualcosa”. Propongo allora anche un fondo pensione, e la sua risposta è stata: “Sì, ma poi non li può toccare, anche se effettivamente dovrebbe farlo”. Sono emersi alcuni fattori importanti come la gioventù, il vincolo e il dovere. La riflessione non fa una piega. Queste sono le obiezioni più frequenti che incontro parlando di fondi pensione: e non molti, ahimè, aggiungono comunque alla fine: “… anche se effettivamente dovrebbe farlo”.

La durata di un fondo pensione potrebbe essere simile a quella di un buono trentennale, e i rendimenti anche meglio. Porto sempre come esempio il cliente che nel 1970 ha investito 8.000.000 di lire (circa 4.000 euro) e che oggi, a cinquantun anni di distanza, ha come controvalore più di 170.000,00 euro. Certo, cinquantun anni sono tanti, ma anche il risultato a trenta non sarebbe certo da buttare.

Perché però trent’anni, se parliamo di fondi pensione, sono visti in modo così diverso? Sono le percezioni che alterano spesso la realtà. Un esempio? Pensate al mese di marzo con una giornata bella e 16 gradi di temperatura, come vi sentite? Bene, c’è un bel calduccio! Pensate invece a ottobre, a una bella giornata e a 16 gradi: inizierete a dire che fa un po’ freddino, che avete bisogno di una giacca più pesante. Eppure i gradi sono in entrambi i casi 16: è la percezione a essere diversa.

Il tempo dei buoni postali è marzo: attendo tutto un inverno per arrivare ai 16 gradi di marzo e pregusto il calduccio che proverò a dare a mio figlio il frutto del suo buono il giorno della nascita di mio nipote; il tempo del fondo pensione è come ottobre, vivo il vincolo come il freddino, ma trent’anni sono sempre trent’anni. Il buono postale porta a un evento gioioso, il fondo pensione a uno non particolarmente felice: la pensione, cioè tradotto al “sono vecchio”.

Ecco perché servono i consulenti finanziari: per farti comprare la baita quando vai in pensione o la barca o semplicemente per farti vivere sereno la tua vecchiaia e goderti i nipoti attraverso l’accantonamento, con tanto di risparmio fiscale, la famosa ciliegina. Il tempo con l’interesse composto, la variabile più importante degli investimenti: bisogna solo avere la pazienza di aspettare e lui lavora per te.

Per avere le idee più chiare, scarica gratuitamente la mia Guida sulla Previdenza.

E se non hai ancora pensato alla tua baita da pensionato o alle vacanze con i nipoti…

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Esigenze e pianificazione

L’altro giorno parlavo con un potenziale cliente, una persona che mi segue da tempo, legge i miei articoli e ha visto i miei video. Durante la nostra chiacchierata si è disquisito del portafoglio che ha in un altro istituto. Mi ha detto che, da quando mi segue, ha cercato di mettere in pratica un po’ dei miei suggerimenti: Cina, ambiente, attenzione ai titoli di Stato e ai rischi… Mi ha anche detto che ultimamente, dopo aver visto i video sulle obbligazioni, ha venduto alcuni titoli e ne ha comprati degli altri, qualcosa di meno amministrato e un po’ più di gestito. Mi ha detto che, ormai, i rischi se li è tolti.

Andando a indagare puntualmente durante l’analisi, ho scoperto che, per quanto riguarda la sua pensione, è iscritto a un fondo di categoria. Gli ho fatto i complimenti per aver scelto la previdenza complementare, ma l’ho fatto riflettere per quello che riguarda l’investimento: guardando il prospetto ho infatti scoperto che è stato messo nel profilo più conservativo.

Ho cercato a questo punto la composizione del fondo in questione e i rendimenti dello stesso, per poter ragionare se lo strumento fosse o meno il più adatto alle sue esigenze. Per un uomo che ha davanti a se ancora vent’anni di lavoro, lasciare il proprio fondo pensione in un profilo conservativo vuol dire mettere a rischio il proprio futuro: infatti all’interno del fondo abbiamo rischio Paese, tasso e altro. Mi ha detto che gli è stato proposto questo profilo con una serie di motivazioni che andavano dalla conservazione del capitale sino a un rendimento minimo.

A questo punto una riflessione era legittima: la scelta del fondo pensione è stata fatta in modo sensato, ma l’energia spesa per fare questa scelta, come affermano alcuni psicologi comportamentali, rende l’azione dolorosa: possiamo associarla alla paralisi decisionale del consumatore che, avendo troppe varietà a disposizione, spesso decide di non decidere.

L’aver superato le ingenti difficoltà di decisione per il fondo pensione – vincolo, durata, riscatto e altro – hanno talmente ingolfato il sistema emotivo che si è lasciato ad altri la decisione più importante, cioè l’investimento. Se lascio la scelta a una persona preparata ho fatto tredici, ma viceversa se chi mi propone il fondo pensione non mi conosce o ancora peggio non è il suo lavoro primario occuparsi dei fondi, allora ho sbagliato cavallo.

Dopo questa riflessione ho consigliato al mio interlocutore di leggere Ogni ofelè fa el so meste  e gli ho ribadito che è proprio questa la ragione per cui è necessario avere un consulente preparato, che sappia estrarre dalle parole del cliente le sue esigenze: spesso i bisogni più importanti non si riescono nemmeno a esternare.

La pianificazione degli investimenti, attraverso l’analisi delle proprie esigenze, è l’unica strada per raggiungere i propri obiettivi, sia che si abbiano già capitali, sia che si stia provvedendo a formare un capitale.

… Vuoi pianificare? 

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Ottobre, mese dell’Educazione Finanziaria

Annamaria Lusardi, una degli esponenti di spicco del comitato EduFin, parla sulle pagine de Il Sole 24 Ore dell’Italia e di come la conoscenza finanziaria non sia proprio tra le cose preferite dagli Italiani. Lusardi si trova ora nel nostro Paese – anche se solitamente vive negli Stati Uniti, dove ha una cattedra all’Università di Washington – per il Mese dell’Educazione Finanziaria che da ormai qualche anno è promosso dal Comitato per l’Educazione Finanziaria di cui lei è anche la direttrice.

Alcuni dati contenuti nell’articolo mi hanno fatto riflettere: mi sono chiesto cosa sto facendo, in qualità di esperto del settore, per aiutare le persone a capire la Finanza. In un mondo dove si vogliono abbattere le disparità di genere, in Italia abbiamo, tra i quindicenni, una disparità tra maschi e femmine per quanto riguarda l’Educazione Finanziaria, con le femmine meno addentro alle questioni finanziarie rispetto ai pari età maschi. Settimana scorsa scrivevo che, nel corso della mia attività, ho trovato molte meno donne che si interessano di finanza rispetto agli uomini: ora una persona più autorevole di me dà conferma ufficiale che questa realtà ha già una sua evidenza addirittura dall’età dell’adolescenza. Tanto che Annamaria Lusardi auspica che l’Educazione Finanziaria diventi obbligatoria nelle scuole in modo da abbattere le disparità di genere.

Solo il 37 per cento degli Italiani ha una conoscenza minima su temi quali inflazione o diversificazione: un dato ben al di sotto della media degli altri Paesi OCSE. Mi batto da anni sulla necessità di fare educazione finanziaria sin da piccoli: e a tal proposito terrò ancora una volta un mini-corso per le bambine e i bambini delle scuole elementari durante il prossimo mese di dicembre. Penso infatti che capire sin da piccoli il modo in cui si formano risparmio e denaro sia importante per un corretto approccio alla finanza in età adulta.

Quello che ci dovrebbe far riflettere è che il Portogallo ha reso obbligatoria l’educazione finanziaria nelle scuole e che in Nuova Zelanda questa materia è entrata di diritto con la riforma delle pensioni; mentre noi, che siamo un Paese di risparmiatori e che quindi avremmo davvero bisogno di avere un’educazione finanziaria di prima qualità per trasformare il risparmio in investimento, non abbiamo progetti che vadano in quella direzione. La conoscenza, come ho ribadito più volte, è sinonimo di benessere, inteso non solo come denaro, ma anche come qualità della vita.

Lo sviluppo del nostro Paese, come è evidenziato anche nell’articolo del Sole, passa anche dalla conoscenza della Finanza e dalla consapevolezza degli investitori italiani, che non hanno ancora metabolizzato fino in fondo il concetto di lungo termine e che continuano ad avere troppa liquidità sui loro conti correnti. Gli investimenti nell’economia reale aiutano la crescita del Paese e, di conseguenza, anche del suo benessere.

Giovani e donne si dimostrano l’anello debole della catena: non hanno conoscenze di base e perciò andrebbero educati alla Finanza: nell’articolo si chiama a gran voce l’intervento della scuola e ci si augura l’avvento di una “Greta Thunberg della Finanza”. Per fortuna molti strumenti sono già disponibili, soprattutto a partire da Internet, per chi voglia farsi almeno una prima idea del mondo finanziario: esistono blog, video, gruppi sui social, lezioni via streaming e molto altro. Del resto voi state leggendo proprio uno di questi canali di formazione e informazione finanziaria.

Che cosa allontana allora le persone dalla Finanza? La metafora del medico può aiutarci nella spiegazione. “Lei soffre di una forma acuta di acufene”: detta così autorevolmente spaventa; “lei ha qualche problema di udito”: è più leggero, anche nella lettura. Lo stesso vale per la Finanza: “Dobbiamo decorrelare il portafoglio”, detto così fa venire l’ansia, ma “Immagini di comprare tre ristoranti che facciano solo risotti. Se il risotto non piace non lavorerò, provi invece a pensare a tre ristoranti in cui uno cucina i risotti, uno la pastasciutta e nel terzo si preparano i secondi: la possibilità che qualcosa piaccia e mi faccia guadagnare con i clienti si alza perché facciamo cose diverse” è più semplice e più vicino alla realtà del cliente. Il mio professore di Fisica delle superiori diceva sempre che il difficile non è sapere le cose, il difficile è trasferire la conoscenza agli altri in modo chiaro. E aveva ragione.

NB. Il mese di Ottobre è il Mese dell’Educazione Finanziaria. Ti chiedo un piccolo aiuto per diffondere sempre di più i concetti della Finanza: leggi un articolo di finanza in più e invita anche un tuo amico a farlo, magari proprio su questo sito. E se ti va, fallo anche iscrivere alla mia newsletter settimanale. Presto saranno disponibili online 4 video, uno per settimana, dove parlerò di argomenti che possono essere utili per tutti, dai tassi in giù.

La Cina cristallina

Nell’ultimo periodo si è tornati a parlare in modo prepotente della Cina: qualcuno ha ventilato problemi sistemici che potrebbero toccare il mondo intero, paragonando Evergrande a Lehman Brothers.

Andiamo con ordine. Innanzitutto il mondo ha imparato dai mutui subprime che la logica del “punirne uno per educarne cento” ha come risultato un effetto boomerang: questo è sicuramente il nodo più complicato per il Governo cinese che, se da una parte deve punire Evergrande, dall’altra deve certamente anche tutelare i risparmiatori.

I numeri stessi del debito non danno ragione alla teoria: il debito di Evergrande è infatti high yield, mentre Lehman era una A; avere un rating A vuol dire offrire un’ampia garanzia di restituzione del capitale a fronte di cedole basse e quindi attira molti più investitori prudenti; la possibilità di oscillazione più alta di Evergrande ha invece scoraggiato gli investitori prudenti: restano così lontani molti risparmiatori che non sono disposti a pagare il rischio a fronte di un guadagno più alto.

Se Evergrande può essere uno spauracchio per il breve termine, lo stesso a mio avviso non si può dire per il lungo termine, sul quale il Governo cinese ha le idee ben chiare. Sono infatti molteplici gli obiettivi di Xi Jinping e del suo esecutivo, il più importante dei quali è il raddoppio del PIL entro il 2035. Nei prossimi vent’anni si punta anche a una crescita più bassa: si ipotizza di passare dal 5,5 per cento annuo al 4 per cento, cosa che sembra in antitesi con l’obiettivo raddoppio, ma che ha la sua logica: l’idea è incentivare i consumi interni a scapito delle sole esportazioni, per ottenere un substrato economico sostenibile.

Il Governo cinese punta inoltre alla decarbonizzazione entro il 2060: una transazione che, mio parere, non sarà certo indolore per molti dei settori manifatturieri della Cina, ma che nel lungo termine migliorerà sia la qualità della vita sia l’immagine di questo Paese nel Mondo. Questo nuovo paradigma potrà a questo punto attirare capitali dall’estero, specialmente da parte di chi è attento all’ambiente e che in questo momento non ha particolare interesse a dare i propri denari a una nazione che inquina molto: anche se, per assurdo, l’inquinamento pro capite dei cinesi è inferiore a quello degli statunitensi. È l’elevato numero della popolazione che aumenta la cifra finale.

Oltre che sull’ambiente, la Cina ha posto una forte attenzione sulla ridistribuzione del reddito, cioè la possibilità di aumentare il benessere delle classi meno abbienti grazie alla redistribuzione del gettito fiscale: una situazione, questa, che porterà un livellamento delle diversità tra le varie regioni, con quelle più rurali che al momento soffrono. Anche questa manovra sarà un volano per quegli investitori attenti ai diritti umani, all’inclusione e all’uguaglianza, che in questo momento non investono in Cina perché da questo punto di vista c’è ancora molto da fare. Un’altra battaglia che la Cina sta combattendo è quella anti-monopoli e anti-corruzione: lo dimostrano le manovre dell’ultimo periodo contro i colossi hi-tech. Su questa base il Governo cinese si dovrà muovere anche per quanto riguarda Evergrande.

Un mercato aperto, trasparente e con un sistema di credito più efficace sarà la base per disinnescare i rischi finanziari che la Cina si troverà ad affrontare, e solo una regolamentazione chiara potrà far crescere in modo corretto il sistema-paese. Va letto in un’ottica garantista anche il fatto che la Cina abbia bandito le cripto-valute: la logica è che la moneta debba essere una prerogativa dello Stato sovrano, che ne detta le regole, e non di persone che dall’oggi al domani possano chiamarsi fuori con danni ingenti agli investitori.

Dunque la Cina vuole dare un’immagine nuova di sé e lo fa mettendo regole e cercando di essere più cristallina: magari in un prossimo futuro assisteremo a un allineamento del mercato e a una sempre maggiore trasparenza, cosa che allenterebbe ad esempio le tensioni con gli USA. 

Perché sono così positivo? Ritengo che la strada intrapresa dalla Cina non possa che portare al successo: come tutte le strade potrà essere lastricata di insidie, che potranno essere superate solo considerandole piccoli intoppi che non potranno fermare l’incedere, verso la leadership economica mondiale, di una corazzata composta da ben 1,4 miliardi di persone.

Vuoi cavalcare con me l’onda cinese? Surfiamo insieme.

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