Il Fattore “3C”

Sono certo che una delle domande più comuni che si pone chi si approcci al mondo della Finanza e che pensi di investire un po’ del proprio capitale per farlo fruttare sia: perché dovrei farmi affiancare da un consulente per gestire il mio portafogli? Io ho individuato non una, ma ben tre ragioni per cui scegliere di farsi aiutare da un consulente finanziario: ho chiamato queste motivazioni “Il Fattore 3C”.1. C come Coach 

Qualche giorno fa leggevo un articolo sul cosiddetto “Money Coach, una figura professionale che si si sta diffondendo negli Stati Uniti e che adesso sta arrivando anche in Italia: un motivatore, noi lo chiameremmo, che dovrebbe abituare le persone a pianificare al meglio la gestione del proprio denaro, a partire anche dall’ambito più banale del quotidiano.

Nell’articolo si diceva che la figura, qui da noi, sembra rivolgersi specialmente alle donne italiane che, purtroppo, non hanno mai amato particolarmente la gestione del denaro; faccenda che,se possono, demandano volentieri ad altri. Nella mia più che ventennale esperienza ho trovato molte persone che non amano gestire il proprio denaro: anche se questo non pregiudica in alcun modo le predisposizioni di ogni singolo individuo, devo ammettere che, anche nel mio caso, la percentuale femminile riscontrata è superiore a quella maschile.

La prima cosa che cerco di fare da sempre con i miei clienti, indipendentemente dalla loro appartenenza di genere, è allenarli ad avere un rapporto con il denaro, il tutto attraverso incontri frequenti e una comunicazione cristallina.

L’unico modo di avvicinare le persone a qualunque ambito è farglielo conoscere conSemplicità (la “S” del mio Metodo SFIDE), con l’uso frequente di concetti chiari ed esempi semplici, ma anche favole, novelle, metafore: il tutto per migliorare la loro comprensione di concetti che, altrimenti, non sarebbero così immediati. Risparmiare e investire sono due cose che vanno allenate, allo stesso modo di altre cose nella vita. Un esempio? Ricordate le tabelline? Se non allenate la mente, non le ricorderete più e ricorrerete presto alla calcolatrice.2. C come Consulenza

Sembra scontato, ma così non è. Una volta quello che veniva chiamato Promotore Finanziario si doveva curare solo ed esclusivamente degli investimenti; oggi, con il mondo in evoluzione, le variabili in gioco diventano molte e variegate. La famiglia, l’azienda hanno esigenze diverse rispetto a solo trent’anni fa.

Due esempi su tutti. La percentuale di studenti universitari che si reca all’estero è sempre maggiore e i costi per i loro genitori, di conseguenza, sono diversi rispetto a coloro che mandano i figli al liceo vicino casa per poi inserirli in azienda. Pianificare gli studi con un piano d’accumulo di pochi euro oggi, potrebbe risolvere un problema di denaro che potrei avere tra vent’anni quando mio figlio si dovrà iscrivere all’università.

Per quanto riguarda le aziende abbiamo un tema di passaggio generazionale e un problema del credito importante: un consulente che non guarda questo procede con i paraocchi. Nel mio Metodo SFIDE pongo la I di Informazioni Incontri e la E di Educazione Finanziaria al primo posto: informare le aziende dei rischi che si corrono a non compiere determinati passaggi, per permettere la sopravvivenza dell’impresa in un passaggio ai figli della gestione; oppure avere un buon rating che permetta di ricevere un finanziamento più agevolmente; o ancora incontrare la famiglia per pianificare il futuro dei figli. Sono tutte attività che svolgo regolarmente come consulente.3. C come Conoscenza

Non mi farei mai operare da un chirurgo che non frequenti corsi di aggiornamento con assiduità: le tecniche operatorie si evolvono, i materiali medicali cambiano e io voglio essere operato da un professionista preparato.

Vorrei essere seguito da un consulente finanziario allo stesso modo: ecco perché ogni anno,oltre alla formazione obbligatoria che l’azienda già eroga in abbondanza, cerco altri corsi per aumentare la mia conoscenza, in modo da essere sempre più utile ai miei clienti. Quest’annosto seguendo il Master in Finanza Comportamentale dell’Università Nicolò Cusano di Roma:perché oggi più che mai le scelte emotive in finanza valgono di più dei titoli acquistati.

A questo proposito ti chiedo di partecipare a una ricerca – del tutto anonima – che sto compilando per la tesi. Si tratta di un questionario della durata di pochi minuti con cui mi aiuterai ad avere più dati possibili e a dare un servizio migliore alle persone che già seguo e a quelle che vorranno in futuro essere seguite da me e dal mio team:

https://forms.gle/zQ9Aqiun1QqktEmY6

Grazie!

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Commodity

“Un mio amico ha investito in commodity e ha guadagnato un sacco!”. L’altro giorno ero da uncliente quando è arrivato il suo vicino di casa e si è seduto con noi durante la nostra chiacchierata.Ha subito aggiunto: “Peccato che non l’ho fatto anche io!” e ha rincarato la dose, chiedendomi in maniera diretta se avessi mai fatto investire in commodity anche il mio cliente.

Il lavoro svolto con il mio cliente è chiaramente rimasto segreto: ho colto comunque l’occasione per indagare quali fossero le basi da cui nascevano le affermazioni di questo suo conoscente. È emerso che questo signore pensava che le commodity fossero solo oro, petrolio, rame e pochi altri metalli preziosi, e pensava che il suo amico avesse investito in oro: se così fosse stato, però,nell’ultimo anno i guadagni non ci sarebbero stati (vedi grafico). 

Ho continuato a far domande e l’interlocutore si è rivelato loquace: mi ha parlato delle sue esperienze come investitore, che andavano dai buoni postali a trent’anni per i suoi figli fino a Eni, Enel, qualche azione e obbligazione bancarie e qualche fondo comune, che non ama molto perché fatica con le quotazioni. 

Direi che il vicino di casa del mio cliente è proprio il prototipo italiano dell’investitore. 

Nel continuare la nostra chiacchierata ho spiegato che le commodity comprendevano molto di più che quello che lui conosceva: mancavano ad esempio tutte quelle dell’agricoltura. Come non citareil film Una poltrona per due con il suo famoso succo d’arancia (ne avevo anche scritto qui), ma anche il gas naturale o l’alluminio. Il problema consiste nel fatto che l’investimento in questo asset si rivela solitamente volatile, perciò si tratta di un investimento che non può essere per cuori deboli. Se prendiamo solamente il petrolio, un anno e mezzo fa ha avuto un crollo verticale, con addirittura investitori disposti a perdere pur di vendere i contratti futures sul petrolio stesso. 

Come sempre, quando si parla di valutazioni extra in strumenti finanziari e la stampa diventa ridondante sull’argomento, la nostra fantasia comincia a volare, pensiamo a rendimenti a due cifre egià ci immaginiamo su uno yacht al largo della Sardegna o alla guida di una Lamborghini. Non voglio disilludere nessuno, ma ho visto poche persone nella mia vita arrivare a questi risultati: la sana pianificazione di cui scrivo spesso (e di cui di solito, purtroppo, si fa poco uso) e la gestione di spese e risparmi sono le uniche strade per arrivare ai risultati che desideriamo. Fare comeCappuccetto Rosso, insomma, non paga.

Una ricerca Consob ha rivelato che solo il 35 per cento degli italiani pianifica investimenti e risparmi, molti di meno rispetto a quelli che cercano sui cataloghi lo sconto per il detersivo. In questi giorni al Salone del Risparmio, annuale incontro per  il settore finanziario, si è parlato chiaramente di ESG, Cina e di tutti quegli argomenti riguardanti gli investimenti, ma anche di Educazione Finanziaria e di come ci sia un grande bisogno di conoscenza.

Se il vicino di casa del mio cliente avesse anche solo saputo cosa sono le commodity e come avvengono le quotazioni e gli scambi di queste ultime, forse si sarebbe reso conto che era un mercato particolare a cui lui poteva o meno partecipare. Se avesse investito e guadagnato in un periodo particolarmente felice, avrebbe avuto l’illusione di aver scoperto la gallina dalle uova d’oro, se invece avesse perso, avrebbe perso da lì in poi altre occasioni.

Come non mi stancherò mai di ripetere, ogni persona ha il suo mercato e la sua propensione al rischio. È come per la dieta: meglio andare da un nutrizionista e farsela fare su misura, che mettersi a cercare consigli su Internet e rischiare di rovinarsi la salute.

Un buon paziente conosce a grandi linee la sua malattia, ma la cura gliela darà solo un buon medico; un buon imprenditore conosce la sua azienda, ma il bilancio lo farà un buoncommercialista; un buon investitore conosce le sue finanze, ma gli investimenti glieli farà un bravo consulente.

Errare humanum est, ma perseverare non è sempre ovest.

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… E se lo dice il Re!

“I titoli di Stato sono spazzatura”, parole e musica di Bill Gross.

In una nota, colui che è considerato da tutti il Re delle Obbligazioni, si è espresso in questo modo molto colorito per segnalare la sua preoccupazione sui titoli di debito degli Stati, e di quelli americani in particolare. Quali sono le ragioni per cui Bill Gross, colui che in piena crisi mutui sub-prime consigliava il governo americano, si esprime in questo modo?

La sua preoccupazione parte dal rendimento dei Tresuary americani: i titoli di Stato statunitensi a dieci anni hanno infatti toccato recentemente l’1,29 per cento  di rendimento annuo. Gross esterna la sua paura che gli investitori che acquistano tresuary a dieci anni con un rendimento così basso – sotto l’inflazione, per intenderci – potrebbero trovarsi con una perdita capitale importante una volta che il rendimento dei titoli risalirà al 2 per cento. Cerchiamo di capire cosa può succedere. Immaginiamo di avere una bilancia: da una parte i tassi di interesse e dall’altra il valore del titolo;al salire di uno, corrisponde la discesa dell’altro: ma perché?

Pensiamo di acquistare il titolo all’1.29 per cento oggi e di pagarlo 100. Tra sei mesi il Tesoro americano emette un titolo al 2 per cento con rendimento che costa 100. Un nuovo investitore quale titolo prenderà? Sicuramente quello al 2 per cento. Quindi come posso io vendere il mio titolo all’1,29 per cento? Facile: faccio uno sconto sul prezzo, cioè lo ingolosirò facendoglielo pagare meno di 100. Ecco spiegata la prima preoccupazione di Gross: se i tassi salgono al 2 per cento,l’investitore vedrà una diminuzione di capitale importante.

Seconda preoccupazione: chi comprerà i tresuary quando la FED smetterà di comprarli? Ho già spiegato come le Banche centrali prima o poi faranno il tapering. Gross si chiede: con un’inflazione al 2 per cento e una prospettiva di crescita economica ancora importante, chi comprerà i titoli quando la FED smetterà di farlo? Domanda lecita: legge della domanda e dell’offerta, se nessuno li vuole il prezzo scende o addirittura non si arriva al collocamento, ed essendo i titoli di Stato un’entrata per lo Stato cosa potrà succedere?

Alla luce di quanto detto le preoccupazioni di Gross sono lecite: ma anche noi dobbiamo averle? Gross ragiona come un gestore, cioè colui che compra e vende giornalmente titoli, e il suo modo di ragionare va assolutamente bene per chi fa il suo lavoro, ma non per l’investitore.

Torniamo ai nostri titoli di Stato americani a dieci anni all’1,29 per cento: se li ho comprati per tenerli dieci anni e guadagnare quella cedola all’anno, la domanda nasce spontanea: mi interessa qualcosa della variazione dei tassi possibile dell’anno prossimo? La risposta è NO: io porto a scadenza il titolo incasso 100 e arrivederci. Quello che abbiamo appena visto è la classica diversità che passa tra strategia e tattica; la prima è tengo dieci anni e arrivederci, la seconda è: lavoro tutti i giorni sul differenziale compro/vendo.

Ultimo spunto di riflessione: se il denaro è messo a dieci anni per permettere a mio figlio di portare a termine gli studi, è strategia o tattica? Per me la risposta è una e una sola.

Vuoi fare strategia? Anche Napoleone non studiava da solo la sua strategia.

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Torri Gemelle, vent’anni dopo

Quando quell’11 settembre del 2001 arrivò la notizia dell’attacco alle Torri Gemelle, io ero in auto e stavo percorrendo l’autostrada: Radio 24 trasmetteva la notizia, ma era tanto il trasporto dei giornalisti nel comunicarla, che si faticava quasi a capire l’entità dell’attacco. A quei momenti seguirono ore e giorni complicati, in cui si faticava a essere razionali: eravamo tempestati dalle immagini dei due aerei che si schiantavano uno dopo l’altro contro i giganti di cristallo simbolo di una New York fino ad allora inattaccabile, cancellando in un momento centinaia di vite.

Ricordo che quella sera incontrai un cliente, che naturalmente era molto emozionato e scosso da quanto era successo. Avevamo fissato l’appuntamento per fare un piano d’accumulo di una cifra importante: voleva accantonare del denaro per risistemare, di lì a qualche anno, una parte della casa per destinarla a sua figlia. Durante gli incontri precedenti avevamo stabilito quasi tutto, e invece quella sera, quando arrivai, trovai sua moglie talmente impaurita della possibilità di una terza guerra mondiale che non voleva più investire nel mercato che avevamo stabilito, ma da tutt’altra parte.

Restai tre ore a casa loro, cercando di farli ragionare in modo razionale, provando a far loro capire che il mondo probabilmente non sarebbe finito, che lo scossone di quel momento sarebbe stato riassorbito e che acquistare sui ribassi era come andare al supermercato e trovare un 3 per 2; e che il mercato in cui volevano investire – un fondo di liquidità in attesa di capire come sarebbe evoluta la situazione – non era quello adatto.

Uscii con il contratto firmato e un orizzonte temporale, scritto sul frontespizio dalla moglie, che restava comunque scettica.

Nei due anni successivi il mercato scese sino a marzo 2003, cioè sino all’invasione dell’Iraq, e ogni volta che andavo dai miei clienti la moglie era sempre scettica e impaurita e a poco valevano le mie rassicurazioni: però avvenne che la mia determinazione, e probabilmente anche la grande fiducia che riponeva in me suo marito, fecero sì che continuarono a investire come avevo loro consigliato. Nel maggio 2007, quando vendemmo l’investimento, la cifra si era apprezzata tantissimo e la moglie del mio cliente mi disse semplicemente: “Se tu quel giorno non avessi insistito, ora non avremmo avuto questi soldi. Grazie!”

Nel settembre del 2001 non ero tranquillissimo neanche io, ma dovevo razionalizzare quel che succedeva, perché solo usando la ragione si possono analizzare le situazioni e capire quello che può succedere. Il mio lavoro è innanzitutto fare il bene del mio cliente e fargli raggiungere la meta in qualsiasi situazione.

La Storia insegna che dopo una catastrofe l’uomo reagisce e trova una strada e una soluzione e il mondo che troviamo dopo è migliore di quello che abbiamo lasciato. Oggi, a distanza di vent’anni da quel tragico evento, le emozioni si sono affievolite, ma rimane una macchia all’interno della vita di ogni persona che ha vissuto quei momenti. Chi si è fatto prendere dal panico e dalle emozioni, si lecca le ferite perché il Mercato americano praticamente ha triplicato, e chi ha venduto ha consolidato una perdita; chi ha avuto invece l’atteggiamento contrario, ha ottenuto dei guadagni.

Oggi alla radio si staparlando di Afghanistan, un argomento in voga anche nel 2001: mi sono allora chiesto perché l’impatto del ritorno del Governo Talebano sia stato meno dirompente sui mercati oggi rispetto ad allora.

Credo che una chiave di lettura, oltre a tutte le altre, possa essere l’esperienza: i mercati sanno che al problema talebano c’è una soluzione, l’abbiamo vista in questi anni, e quindi lo ritengono un evento, diciamo così, controllabile. Quello che spaventa i mercati è l’incertezza, e quindi Torri Gemelle, Mutui sub-prime, Debito sovrano e Covid19 – per citare i cigni neri più rilevanti degli ultimi vent’anni – portano nel breve a una correzione, che è solo un’interruzione momentanea del processo di crescita del mondo.

A chi storce il naso rispondo solo ricordando che “i settantenni di oggi fanno le cose facevano i cinquantenni solo 50 anni fa, e che il benessere delle persone sia migliorato è innegabile”. Quindi oggi, a distanza di vent’anni, mi restano le lacrime per le vittime di quel barbaro attentato e la consapevolezza che il genere umano si rialza e cerca di migliorare.

Se vuoi qualcuno che possa aiutarti a navigare quando l’onda dell’incertezza arriva…

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Sono folli questi imprenditori?

Qualche giorno fa, mentre leggevo un articolo apparso sulla rivista specializzata Focus Risparmio, mi sono fermato a riflettere su un dato che mi ha incuriosito molto: per il 2021 il Buy-back è visto in crescita del 35 per cento e il fenomeno sarà perciò molto più elevato rispetto ai due anni precedenti (2019-2020). Il Buy-back è un’operazione di riacquisto di azioni proprie, cioè: se da imprenditore faccio buy-back, significa che procedo al riacquisto di quote della mia azienda.

A questo punto sorge spontanea la mia riflessione: se si acquistano proprie azioni, malgrado la crescita dei Mercati dei mesi scorsi e l’aumento possibile della volatilità dei prezzi sul mercato azionario, i casi sono due, o gli imprenditori sono diventati tutti folli o vedono una crescita.

Già all’inizio del secolo, dopo i crolli del 2001-2003, abbiamo assistito a una serie di buy-back e l’Economia ha fatto alcuni anni di corsa; la stessa cosa è accaduta dopo le crisi Sub-prime e dopo la crisi del Debito Sovrano del 2011. Non voglio fare previsioni che possono essere smentite domani, ma sicuramente ci sono gli indizi che supportano la tesi che un’ondata di buy-back è un segnale di buone prospettive.

Il Sole 24 Ore pubblicava una settimana fa che il Debito (cioè i titoli di Stato e le obbligazioni) è arrivato al 75 per cento del PIL mondiale: una situazione allarmante. Non vige infatti la regola “debiti incrociati, annulliamo il tutto”, perché i Paesi più virtuosi potrebbero passare alla cassa, creando chiaramente problemi a chi i debiti li ha. In questi giorni invece dagli Stati Uniti giungono messaggi contrastanti sul Tapering, cioè sul fatto che la FED possa drenare liquidità: cosa che ha innervosito alquanto i Mercati. È lecito chiedersi se prima o poi le Banche Centrali non cercheranno di ridurre i loro interventi. Tutto questo scenario può avere effetti diversi sulle azioni e sulle obbligazioni, ma come sempre un investitore avveduto ha diversificato, cercando di proteggere il proprio investimento.

Quali sono gli scenari che possiamo perciò attenderci?

Resto personalmente scettico sul Mercato obbligazionario, che continua ad avere tassi bassi; persiste soprattutto un rischio di rialzo dei tassi da parte delle Banche Centrali, che potrebbe essere deleterio per il settore: quindi la ricerca di aree geografiche e settori del mercato obbligazionario diventano fondamentali. Oggi più che mai bisogna essere selettivi nel cercare il mercato obbligazionario. I Mercati emergenti e la Cina soprattutto, come ho già sottolineato in passato, possono essere un mercato da guardare in prospettiva.

Mi stuzzica maggiormente il concetto del Buy-back: è risaputo, anche i più intransigenti devono ammetterlo, che nel lungo periodo il Mercato azionario rende maggiormente di quello obbligazionario. Tutti i dati lo confermano. Il mercato azionario resta di certo estremamente volatile e quindi difficile da digerire per molti.

È sicuramente ora di fare un ulteriore passo come risparmiatori, anche se, a onore del vero, qualcosa si è già fatto: come si può vedere nel grafico qui riprodotto, gli Italiani si sono via via avvicinati al risparmio gestito, lasciando i titoli di debito italiani. Siamo cioè meno “BOT people”, ma per la poca conoscenza abbiamo commesso un errore: abbiamo infatti virato sui depositi, che per assurdo remunerano meno dei BOT.

L’unico modo per far sì che i nostri risparmi crescano in linea con quelli degli altri risparmiatori mondiali è avere consapevolezza delle cose e questa la si ottiene solo attraverso la conoscenza. Nel mio Metodo SFIDE troverete infatti la E di Educazione Finanziaria: ritengo sia questa la strada per avere un maggior benessere, perché, come evidenziato in molte ricerche, il maggior benessere passa dalla maggior cultura. Proprio per questo a breve sul sito ci sarà la sezione dedicata alla Formazione Finanziaria.

Come dice Robert Kiyosaki: “Se l’investitore non è esperto, qualsiasi suo investimento sarà rischioso. Quindi a essere rischioso non è l’investimento − è l’investitore”

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