Come andare a medaglia con gli investimenti

La Divina Federica Pellegrini, giunta alla sua quinta olimpiade, quest’anno a Tokyo si è aggiudicata ben due finali: abbiamo tutti applaudito la regina del nuoto, che in conferenza stampa ci ha regalato parole scaturite da vent’anni dedicati allo Sport. Insomma: se Federica Pellegrini gestisce il suo denaro come la sua carriera, allora vincerà di sicuro un altro oro.

Quali sono gli elementi – oltre al talento, che è importante, ma non fondamentale – che permettono a un atleta di raggiungere i suoi traguardi? Ne ho trovati quattro: gli obiettivi, la pianificazione, l’allenamento e il coach. Con gli stessi criteri possiamo gestire i nostri denari e sicuramente andare a medaglia.

Primo, gli obiettivi: è la cosa più difficile da focalizzare. Andare al mare non è un obiettivo, ma bensì un desiderio. Andare al mare in Sardegna, in un hotel a cinque stelle, dal 25 luglio al 10 agosto spendendo TOT euro: questo è un obiettivo. Mandare all’università i figli è un desiderio, accantonare 30 mila euro per le tasse di un ateneo è un obiettivo. Quando chiedo ai miei clienti i loro obiettivi, ottengo sempre desideri; solo attraverso le informazioni che ricevo a ogni visita riesco a trasformare il loro desiderio in obiettivo. Siamo tutti in grado di formare un obiettivo, ma bisogna allenarsi per saperlo fare.

Secondo, la pianificazione: finite le Olimpiadi del 2012 la Pellegrini ha pianificato il percorso per raggiungere le olimpiadi di Rio 2016. La pianificazione definiva i percorsi intermedi da fare, carichi di lavoro, meeting e competizioni a cui partecipare, Campionati Italiani, Europei, Mondiali e così via. Tutta la pianificazione del quadriennio era focalizzata su Rio. Tutta la pianificazione finanziaria di un risparmiatore deve essere focalizzata ad avere risorse per una vecchiaia tranquilla, passando per l’auto, la casa, lo studio dei figli e via discorrendo. Gli investitori purtroppo soffrono di quella che definisco “Sindrome da numero in basso a destra”: guardano cioè i rendiconti come un’entità unica, senza spacchettare gli obiettivi. Pensate se Federica Pellegrini, dopo aver vinto l’oro, in un meeting mettesse in discussione tutto il quadriennio olimpico perché la medaglia che riceve non è quella olimpica: sarebbe assurdo! Invece è proprio quello che fanno la maggior parte degli investitori: mettono in discussione le scelte perché non tengono conto di obiettivi e tempo. Un investitore olimpionico guarda l’obiettivo studio dei figli con occhi diversi rispetto all’accantonamento pensionistico, ma anche rispetto all’accantonamento per l’auto. Gli atleti hanno ben chiaro che ogni passaggio, ogni risultato, persino ogni delusione è uno step per arrivare all’obiettivo finale.

Terzo, l’allenamento: qualunque atleta che si rispetti si allena tutti i giorni. L’investitore che si rispetti dovrebbe allenarsi. Ci sono per l’investitore due tipi di allenamento: l’allenamento alla Finanza, che si fa leggendo e informandosi, per arrivare a un corretto legame con il denaro; il secondo allenamento, molto più pratico, è quello di accantonare ogni mese del denaro per il raggiungimento degli obiettivi.

Infine quarto, il coach: la carriera della Divina non è stata sempre vincente, anche lei ha avuto problemi. Tutti ci ricordiamo le crisi nelle sue specialità. Anche la Pellegrini è una persona come tutte le altre e come tutte le persone è soggetta alle emozioni, alle paure e a tutti quei fattori che possono mandare in tilt il nostro cervello. In ogni momento buio della carriera, Federica si è ancorata al suo coach: l’ha anche cambiato, a volte ci ha preso, a volte no, ma sta di fatto che quando le emozioni erano più forti della logica perdeva, quando il coach la riportava alla realtà, ponendole davanti pianificazione e allenamento al posto delle paure, lei tornava a vincere. Anche l’investitore dovrebbe avere il suo coach: i mercati non sempre vanno sempre allo stesso modo, possono succedere fatti che sconvolgono il tutto, possono esserci i momenti di crollo come quelli di boom dei mercati azionari. Qui subentrano le emozioni, che possono mettere in discussione tutto ciò che si è fatto: se il mercato scende si vuol vendere tutto, se sale si perde di vista la propria propensione al rischio aumentandola.

Tutti questi fattori, che sono anche chiamati Bias Comportamentali, hanno bisogno di un coach che vi rimetta in carreggiata con la corretta pianificazione e il giusto allenamento.

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Harakiri Cina?

Sembrerebbe che il Governo Cinese abbia fatto il famoso uovo fuori dal cesto: la scorsa settimana si è scagliato nuovamente su uno dei colossi Big Tech e nella fattispecie contro Tencent, una società che detiene i diritti musicali, accusandola di anti-competitività e dandole trenta giorni per adeguarsi. La società ha dichiarato che si adeguerà alla richiesta del governo di Pechino, facendo quello che le è stato chiesto e assumendosi le sue responsabilità sociali e garantendo d’ora in poi una sana competitività.

In un momento in cui la Cina sta facendo una guerra per la supremazia economica con l’altro colosso mondiale, gli Stati Uniti d’America, sembra una mossa sbagliata quella di scagliarsi contro una big tech, tenendo conto che già altre società tra le più grandi, Alibaba per esempio, sono finite nel mirino del governo centrale. La supremazia economica infatti passa anche per la tecnologia: il potere tecnologico sarà fondamentale nella crescita. Ecco perché sembra veramente avventata la mossa del governo condotto da Xi Jinping.

Un’altra situazione che sembra in antitesi con la logica di crescita è il fatto che i consensi del Governo Cinese nascano dal benessere che in gran parte è creato dai colossi della tecnologia. Se continuiamo con una visione solo politica e di breve periodo possiamo solo dedurre che Pechino abbia preso un abbaglio. Guardando un po’ meglio – come evidenziato da alcuni economisti e da alcuni gestori tra cui Oliver Fox di JP Morgan – a livello economico la mossa di Pechino serve a sfavorire un regime di monopolio e a lasciare aperte le porte per chi vuole sviluppare nuove idee o per nuove iniziative che un regime monopolistico potrebbe non favorire.

Pechino vuole lasciare la possibilità ad altri innovatori di affacciarsi sul mercato, con l’eventualità di nuove iniziative imprenditoriali e di conseguenza l’attrattiva per i nuovi investitori che un regime di monopolio sfavorirebbero. Come sempre un mercato trasparente, con una regolamentazione e più player al suo interno, è più appetibile di un mercato con solamente pochi giocatori che possono accordarsi e che non lascerebbero spazio a nuove iniziative – sullo stile della vecchia Cina, per intenderci.

Una situazione analoga è accaduta una cinquantina di anni fa in un altro Paese orientale, il Giappone, quando il governo di Tokyo scatenò una guerra feroce in termine di competizione tra le aziende automobilistiche. A distanza di mezzo secolo vediamo quali sono state le conseguenze: Toyota, ad esempio, è sul tetto del mondo. Senza quella guerra competitiva, scatenata dal Governo del Sol Levante, il colosso automobilistico giapponese si troverebbe oggi in questa posizione di predominio?

Dobbiamo perciò riformulare il giudizio sulle scelte di Pechino: una correzione nel breve periodo è sopportabile, se l’obiettivo finale è quello di una crescita nel lungo, con una maggiore competizione e la possibilità di attrarre nuovi investitori. La guerra è appena cominciata, ma Pechino sembra avere le idee chiare.

Intanto per gli investitori si apre un’opportunità data dalla contrazione dei valori delle aziende Big Tech cinesi, contrazione che rappresenta come sempre un’opportunità di acquisto per coloro che hanno orizzonti temporali corretti e capacità di accettare la volatilità del Mercato. 

Come ripeto sempre, le opportunità di mercato vanno colte senza snaturare quella che è la propria pianificazione. Non posso pensare di passare da zero a cento in un attimo e poi da cento a zero l’attimo dopo: quanto potrebbe durare il motore? Un breve tratto a grandi velocità ci può stare, senza mai dimenticare la velocità di crociera.

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Possibilità e probabilità: su che base investire?

C’è la possibilità che l’aereo che prenderemo nei prossimi giorni cada? E che probabilità abbiamo che cada? Sono due domande lecite. Alla prima si risponde “sì”, alla seconda che la probabilità di morire per un incidente aereo è 1 si 11 milioni.

La probabilità è un parametro che possiamo misurare, la possibilità invece no. Purtroppo molto spesso ci basiamo sulla possibilità che le cose accadano, piuttosto che sulla probabilità. Un investitore chiede: “C’è la possibilità che il mio investimento scenda?” E basa la sua scelta su questo.

Non esiste nessun investimento che non abbia la possibilità di scendere. Un titolo di Stato disinvestito in un momento sbagliato potrebbe avere un controvalore inferiore: anche in questo caso la nostra pancia, cioè le nostre emozioni, ci fregano.

Nel momento in cui il 98 per cento dei clienti dell’azienda A ha dichiarato di essere soddisfatto del servizio, le nostre sensazioni diventano positive: se lo dice il 98 per cento vuol dire che è un’azienda affidabile. Viceversa, se alla domanda “che probabilità ho che il mio investimento scenda del 10 per cento?” la risposta fosse il 2 per cento, la sensazione che ne ricaviamo è quella di insicurezza.

Sui mercati esiste la Teoria del Cigno nero, cioè che un evento inaspettato possa creare una perdita sul valore dei titoli. Il cigno nero spesso viene teorizzato a posteriori, si dice cioè che l’evento che ha creato il cigno nero era prevedibile. Certamente a posteriori è molto più facile, ma prima che il fatto accada? La teoria sviluppata da Nassim Nicholas Taleb spiega che è data un’importanza sproporzionata a questi eventi, che sono molto rari e difficili da prevedere, tanto che non si riesce, proprio per la loro rarità, a calcolarne scientificamente la probabilità.

La paura che un evento accada può portarci a non fare scelte: il timore che una situazione avversa si possa presentare è sufficiente per non farci scegliere, anche se la probabilità che questo avvenga può essere insignificante, ancor di più se ne sappiamo poco; viceversa se abbiamo confidenza con una cosa, la probabilità che avvenga non ci spaventa: conosciamo la guida e sappiamo che è statisticamente elevata la possibilità di avere incidenti, ma non ce ne curiamo.

Spesso i consulenti finanziari usano parametri oggettivi per valutare il portafoglio dei clienti: ad esempio il VAR, che definisce quello che è il rischio di un portafoglio; la deviazione standard, che stabilisce come il portafoglio si comporta nel tempo; l’Indice di Sharpe e altri parametri. Tutti strumenti che stabiliscono il rischio di un portafoglio. Tutti questi strumenti sono inutili per il risparmiatore, che dà maggior risalto alla possibilità piuttosto che alla probabilità, perché non conosce e perciò è spaventato.

Questa dissonanza tra dati oggettivi e sensazioni quindi come può essere colmata? La conoscenza approfondita del cliente e delle sue emozioni diventa perciò fondamentale nelle scelte di investimento.

Il cliente che non fornisce al consulente finanziario tutte le informazioni relativamente ai propri obiettivi, denari e depositi, si comporta alla stregua del malato che si reca dal medico e omette di indicare i sintomi che sente.

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A volte ritornano: il Bail-In

Lo scorso 6 luglio, nella sua relazione annuale alla Banca d’Italia, il governatore Ignazio Visco ha riportato a galla lo spettro del Bail-In. Lo stesso governatore, che alla fine del 2020 aveva lanciato un allarme sui conti e la tenuta degli istituti di credito con minor capitalizzazione, ha espresso i suoi dubbi sulla capacità dei piccoli intermediari di adattarsi ai cambiamenti che il sistema bancario sta subendo e sulla possibilità di non avere dissesti finanziari. Alla fine del 2020 faceva notare che i costi operativi ormai erano tali da valere i tre quarti dei ricavi.

Visco ha sottolineato che l’effetto della recessione si somma alle difficoltà strutturali dei modelli delle banche commerciali tradizionali, da cui deriva una seria possibilità che si generi qualche dissesto tra le banche con minor capitalizzazione e quindi meno facilitate a cambiare struttura. In Italia è ancora in vigore, come tra l’altro in tutta Europa, la legge sul Bail-In, cioè la direttiva che dice che in caso di fallimento di una banca entrano in ballo anche i correntisti (il BRRD, Banking Recovery and Resolution Directive).

Visco ha evidenziato che i piccoli istituti devono assolutamente trovare una strada per migliorare i conti e ridurre i costi. In caso di impossibilità delle banche di migliorare i conti potremmo assistere a due scenari: l’acquisizione da parte delle banche più patrimonializzate degli istituti più piccoli oppure il fallimento degli stessi e quindi l’applicazione del Bail-In. 

In tutto questo chi ne farà le spese? Come sempre il risparmiatore, che vedrà cambiare la sua banca perdendo perciò un riferimento, perché dovrà adattarsi a una nuova operatività; oppure, in caso di Bail-In, oltre a perdere i riferimenti, potrebbe perdere anche del denaro. Le ultime acquisizioni hanno creato non pochi problemi ai risparmiatori, come ho più volte evidenziato, ma peggio sarebbe un bail-in. In caso di attuazione della direttiva BRRD i risparmiatori che detengono azioni o obbligazioni della banca si vedranno attaccare il loro patrimonio.

Nel 2015 il governatore Visco chiese di chiarire la normativa ai cittadini, in modo che sapessero a cosa sarebbero andati incontro in caso di attuazione: sappiamo tutti come andò a finire tra il 2015 e il 2016, quando fallirono le prime quattro banche. Oggi gli investitori sono più edotti su ciò che potrebbe succedere, ma purtroppo ancora molti detengono titoli di piccoli istituti ritenendoli sicuri.

Un sistema, quello bancario, che sta subendo una trasformazione violenta: sono state chiuse dieci mila filiali negli ultimi dieci anni, chiuse un numero enorme di banche e cancellata una generazione intera di bancari. Nei mesi scorsi è stato anche lanciato un monito sul fatto che potrebbero sparire le filiali entro il 2026. In tutto questo, il risparmiatore resta disorientato. 

Negli Stati Uniti i risparmiatori hanno figure di riferimento che lavorano per loro che si occupano dei loro risparmi, gli Advisor, che li consigliano nelle scelte da compiere. In Italia i consulenti finanziari detengono poco meno del 20 per cento dei patrimoni delle famiglie, ma creano il 3 per cento in più di ricchezza ai loro clienti. I risparmiatori hanno una sola strada per gestire correttamente i loro denari: avere un consulente che difenda i loro risparmi da fusioni, Bail-in e chi più ne ha più ne metta.

Il consulente finanziario, come il commercialista, lo psicologo, l’avvocato e il medico, può essere visto come un costo oppure come un’opportunità. La scelta sta a voi.

Ti consiglio una nuova dieta: entra in pasticceria!

Passione, preparazione e attenzione al cliente: sono queste le caratteristiche che contraddistinguono i bravi professionisti

L’altro giorno parlavo al telefono con un’amica dietista: conoscevo già la passione che mette nel suo lavoro, ma durante la conversazione è emersa una rabbia e un dolore che mi hanno stupito. Mi ha parlato di un incontro avuto con una paziente, dal quale è emerso che la sua alimentazione era finalizzata a soddisfare la propria volontà di avere un fisico scolpito. Oltre ad averle fatto un piano di allenamento di due ore al giorno, il suo personal trainer le ha dato anche una dieta: “Poi – mi ha detto con amarezza la mia amica – quando l’alimentazione va a pallino arrivano da me ormai devastati. Che facciano il piano d’allenamento, ma lascino stare l’alimentazione. Ci vogliono anni di studio, altrimenti perché sarei diventata dietista, se bastava fare la personal trainer?”.

Del resto, come darle torto. Chi viene ai miei seminari sa che parlo spesso dell’amico carrozziere del cliente di turno che suggerisce titoli con guadagni ipotetici a due cifre, ma che comunque continua a fare il carrozziere. Ho l’impressione che sia la stessa cosa: suggeritore diverso, ma dinamica uguale. Pensate che i danni provocati da una dieta sbagliata possano essere maggiori di quelli provocati da investimenti sbagliati?

Negli anni ho visto investitori, che hanno fatto spesso e volentieri acquisti in azioni sbagliati su suggerimento di chi non ne aveva titolo, non avvicinarsi mai più al mercato borsistico. Gli stessi investitori che vedevano i loro risparmi crescere di pochi decimi negli anni successivi perché per paura investivano solo in liquidità, il tutto perché non si erano rivolti alle persone giuste. 

Potresti dover rinunciare a quello che ti piace fare quando sei in pensione perché non hai le risorse, ma questa è una scelta che fai a 20-30 anni se ad esempio eviti di fare un fondo pensione, e se non investi negli strumenti giusti perché hai paura degli investimenti a causa di scelte sbagliate fatte con suggerimenti sbagliati.

“Ogni ofelè fa el so mestè”, dice un famoso proverbio meneghino. La saggezza popolare milanese sottolinea che ogni pasticciere, cioè ogni artigiano, deve fare ciò che gli compete e non fare lavori di cui non sa. Lo scrivevo già ad agosto 2020 nel mio gruppo Facebook, e oggi lo voglio ancora ribadire. 

Apprezzo nella mia amica dietista l’onestà intellettuale di rischiare di perdere un cliente, ma di dire chiare le cose: come succede solo dopo aver fatto un’analisi approfondita delle necessità del cliente stesso e della sua situazione. Solo dopo questo si può dare una risposta, mai prima. 

La domanda che credo si senta rivolgere tutti i giorni è: “Quale dieta devo fare per dimagrire?” E se la conosco bene, prima di dare un consiglio fa un sacco di domande, perché ama il suo lavoro e i suoi pazienti. 

Un consulente finanziario si sente chiedere almeno una volta al giorno: “Che cosa posso comprare per guadagnare? Qual è il titolo giusto?” Personalmente comincio con fare domande: a cosa ti servono i soldi? Che orizzonte temporale hai? e via discorrendo.

Rischiare di perdere il cliente è una cosa che posso accettare: quello che non posso accettare è il rischio di dire al cliente quello che vuol sentirsi dire solo perché è più facile. 

Se non hai un consulente è ora di riflettere: o stai in balia dei consigli degli amici oppure decidi di pensare a te stesso e pianifichi i viaggi che farai in pensione molto in anticipo. Ho scritto più volte che è ora di avere un consulente, ma come mi ha scritto una mia cliente rispondendo al mio ennesimo messaggio di attenzione al phishing…: “Repetita iuvant: le cose ripetute giovano!”

Non rimanere in balia degli amici che suggeriscono titoli, ma che nella vita fanno altro: entra nella pasticceria giusta, dove i dolci li sanno fare bene, perché è il loro mestiere da sempre.

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Vuoi diminuire le diversità? Investi

Investire in cultura e formazione, calo dei mercati di giovedì ,diseguaglianza, hanno qualcosa in comune?

Apparentemente parliamo di tre cose completamente diverse, ma mi piacerebbe che le vedessi sotto un altro punto di vista.

Mi ha colpito questa settimana un intervento che ho sentito alla radio durante un dibattito sulla cultura.

I vari relatori che si sono susseguiti hanno guardato il fenomeno cultura/formazione sotto vari aspetti tra cui quello finanziario.

Si è parlato del settore come un possibile ingranaggio nella crescita del prossimo decennio,  infatti si stima un mercato che può crescere del 5,5% su base annua da qui al 2030.

Inserita come quarta voce nell’agenda 2030 la cultura in tutte le sue sfaccettature ,è destinata ad avere ed ad utilizzare una buona parte dei fondi per l’ESG che i governi stanno stanziando.

Un mercato che cresce del 5,5% su base annua è una ghiotta opportunità per gli investitori che vogliono redditività nel lungo periodo, infatti si parla di aziende e quindi di investimento in capitale variabile, cioè azioni.

Ma quali sono le aziende che sono interessate a questa crescita?

La pandemia ci ha insegnato lo smart working e credo che non sarà solo una meteora, le aziende hanno capito che costa meno  un PC a casa di un dipendente che un affitto di un immobile.

Questo nuovo paradigma cambierà a mio avviso anche la retribuzione, finirà il “ti pago per le ore che fai” a favore del “ ti pago per ciò che fai” un modello americano che sta prendendo piede nei nuovi contratti.

Se come si legge da più parti nell’arco di 10 anni le professioni che oggi conosciamo non ci saranno più ecco che cultura e formazione diventano fondamentali, una persona che ha ancora 10 anni di lavoro davanti e che non pensa di formarsi a mio avviso ha una visione limitata del suo futuro. 

Formazione online e di persona, lavoro da casa sono tutti argomenti che riguardano aziende della formazione/educazione, app e tanto altro.

Di nuovi modi di formarsi ho parlato in  Ed Tech e digitalizzazione. Opportunità d’investimento?.

Si parlerà nei prossimi anni anche di scuola sia per gli investimenti pubblici che per la sua utilità nel creare benessere, ho più volte sottolineato come i numeri dicano che un paese con cultura maggiore ha un benessere sia in termini monetari che di servizi migliore.

Nello stessa trasmissione si è parlato di cultura come determinante per far diminuire le diseguaglianze, insegnare ad una persona come può fare per guadagnare, lavorando, è molto meglio che dargli un pasto, quindi se vogliamo diminuire la diseguaglianza dobbiamo far crescere la scuola e la cultura.

È un dovere di tutti quello di portare avanti la cultura e l’educazione, che non vuol dire fare tutti i professori, ma insegnare con l’esempio, non buttare la carta per terra, ma nel cestino è cultura, raccogliere gli escrementi del proprio cane è cultura, non possiamo lamentarci degli altri se noi non diamo l’esempio, cultura ,diseguaglianza e benessere vanno a braccetto, quindi vuoi un mondo migliore e senza diseguaglianze? Investi, in cultura.

E veniamo a quello che è successo giovedì, i mercati hanno corretto. Il giorno dopo vedo alcuni clienti e quello che è successo mi ha fatto riflettere. Dopo esserci confrontati sulle motivazioni che stavano dietro alla correzione mi hanno detto, non mi sono preoccupato, ci hai insegnato che questi movimenti dettati da paure, variante Delta nella fattispecie, sono spesso frutto di movimenti speculativi. Una frase mi ha colpito particolarmente, riporto quanto detto da un cliente :

“ L’anno scorso a Marzo ero terrorizzato. Ero tuo cliente da poco Mi sono arrabbiato quando ad un messaggio mi hai risposto, guarda il video su YouTube che ho fatto oggi e poi chiamami. Ho pensato, ma che c… io non voglio un video, voglio parlare con te. Mia moglie mi disse, se ti ha detto così ci sarà una ragione. Ho guardato il video poi ti ho chiamato, ma avevo già una consapevolezza diversa perché molto me lo avevi già detto, e quella che doveva essere una chiamata solo di rassicurazione è diventata costruttiva. Quindi quando vedo correzioni importanti vado a rivedere il tuo video del 9 marzo 2020 quel giorno avevamo visto un meno 17 e tu professavi calma, e penso che queste correzioni sono speculazioni se durano pochissimo e occasioni di acquisto se durano un pò di più, vedi sono un buon allievo”. 

In quel momento avrei voluto abbracciarlo, faccio il consulente finanziario non solo per portare benessere economico ai miei clienti, ma anche benessere fisico diminuendo il loro stress dove mi è possibile, l’unico modo per farlo è dare cultura finanziaria. 

Vuoi un pò di benessere?

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Il ruolo chiave del Consulente nella Rivoluzione delle Banche

A novembre dello scorso anno, sempre tra queste pagine, mi domandavo: per ora in Germania … e quando da noi? Nell’articolo così intitolato commentavo il fatto che le banche tedesche avessero appena aumentato i costi sui conti correnti per far fronte all’ondata di liquidità sui conti stessi. Questo perché si tratta, di fatto, di una giacenza infruttifera oltre che per gli istituti anche per i clienti stessi, e quindi un costo.

Oggi anche in Italia si cominciano ad avere segnali sempre più importanti di una guerra al contante e alla liquidità. Nel mese di maggio Fineco Bank ha dichiarato che chiuderà tutti i conti con giacenza sopra i 100.000,00 € in mancanza di investimenti. Dal 1° luglio invece ING ha dichiarato la chiusura di tutti i suoi sessantatrè (63) sportelli ATM presenti sul territorio nazionale.

Perché tutto questo? Il denaro sui conti, come ho detto, non rende agli istituti di credito e ai clienti e le operazioni di sportello bancario sono un costo per le banche: ecco perché gli istituti stessi spingono affinché un numero sempre maggiore di operazioni sia fatta usando la tecnologia.

In un articolo apparso su Milano Finanza lo scorso 29 giugno si legge che in base a un report di Temenos, gruppo svizzero che lavora con 3.000 istituti e 1,2 miliardi di clienti, il 65 per cento dei manager bancari è convinto che entro il 2026 le filiali saranno morte. Intelligenza artificiale e cloud uccideranno infatti il sistema bancario tradizionale: quante operazioni già oggi si svolgono attraverso l’online o la firma su supporto tecnologico?A questa tendenza dobbiamo aggiungere le fusioni, i prepensionamenti, i famosi scivoli, la poca formazione dei neo inseriti e la frittata è fatta: ne scrivevo qualche tempo fa qui.

Sempre meno competenze e sempre più pressioni commerciali per vendere prodotti bancari: in tutto questo il cliente è solo una figura marginale e non quello che dovrebbe essere, cioè il centro del sistema. In tutto questo bailamme il cliente si ritrova quindi con sempre meno possibilità di ottenere una consulenza da parte della propria banca. A fronte di questa realtà, che per quanto triste sia non è altro che un segno dell’evoluzione dei tempi, la domanda sorge spontanea: quando si tratta di gestire il proprio patrimonio, qualsiasi siano le nostre possibilità e le nostre ambizioni, è ancora possibile restare senza un consulente finanziario?

Proprio oggi parlavo con una persona che mi ha candidamente confessato che, non avendo mai avuto grandi disponibilità, pensava di non essere cliente ideale per un consulente. Sono convinto invece, come ho già tra l’altro più volte scritto qui e altrove, che il consulente finanziario serva tanto a chi ha denaro quanto a chi deve formare un patrimonio: cambia solo l’approccio.

Sto seguendo un master in Finanza Comportamentale, perché è ormai indubbio che, in futuro, saranno sempre più i nostri atteggiamenti e non i Mercati a fare la differenza per i nostri risultati. Il consulente si sta trasformando sempre più in psicologo e confessore del cliente. Negli Anni ’50 del secolo scorso le tre figure chiave del Paese erano il banchiere, il sindaco e il prete: oggi abbiamo perso quasi del tutto questi riferimenti e il consulente può in parte ovviare a questa perdita.

Anche se non ce ne rendiamo conto, ogni giorno che passa la nostra vita cambia, così come cambiano le abitudini e i modi di vivere: adattarsi è un must. Pensare che le banche che stanno andando incontro a una rivoluzione possano essere le stesse vecchie banche che ci accompagnano da anni è un’utopia. La banca, come nei Paesi anglosassoni, sarà un fornitore di servizi, mentre per i nostri risparmi avremo sicuramente un consulente.

Se vuoi essere sorpreso dal treno dei cambiamenti che passa resta dove sei, se vuoi far parte del cambiamento…  

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Se vuoi sapere se il vino è buono, non chiederlo all’oste

“Le coincidenze non esistono!” dice sempre Leroy Jethro “LJ” Gibbs, lo storico protagonista della serie NCIS. E se è vero che non esistono le coincidenze, allora quello che mi è successo questa settimana è un buon pretesto per fare una riflessione.

L’altro giorno, uscendo dall’ufficio, ho incontrato una persona che conosco ormai da più di vent’anni. La prima volta che l’ho incontrata mi aveva parlato di come, nonostante nella vita si dedicasse ad altro e non alla Finanza, si occupasse personalmente dei propri soldi, perché non si fidava di nessun altro: e poi – aveva aggiunto – non aveva mai sbagliato nessun investimento, perciò perché cambiare rotta? 

Dopo i classici convenevoli e le riflessioni sulla situazione attuale, la chiacchierata è naturalmente scivolata sugli investimenti: e la mia conoscenza mi ha snocciolato numeri percentuali e risultati ottenuti che farebbero arrossire Warren Buffet. Mi ha spiegato che, in piena Pandemia, ha guadagnato moltissimo: e mi ha rimarcato, con un certo orgoglio, che come sempre non aveva mai sbagliato un colpo.

Come dice sempre mia mamma: le bugie hanno le gambe corte. Dopo essermi sinceramente congratulato per i suoi risultati, nel salutarlo gli ho chiesto se era ancora in contatto con un suo amico che, guarda caso, è anche mio cliente. Questo mio cliente, prima di affidarsi a me, aveva fatto qualche investimento con la nostra conoscenza, e mi ha raccontato di investimenti in una società della nostra zona fallita durante la crisi 2000-2003 e di un’obbligazione di una famosa società casearia che dava una bella cedola, ma che purtroppo ha avuto problemi con il capitale. Evidentemente anche gli infallibili possono sbagliare.

È stato con questi pensieri ancora in testa che, dopo cena, mi sono come sempre dedicato alla lettura di qualche articolo. Uno in particolare mi ha colpito. Il sunto era: “Se vuoi sapere se il vino è buono, non chiederlo all’oste”. L’oste infatti ti dirà sempre che il suo vino è il migliore sulla piazza e che non potrai trovare di meglio. Credo sia capitato a tutti di parlare con qualcuno che ha snocciolato risultati nel suo lavoro che farebbero impallidire chiunque: e lo fanno con una convinzione tale che sembrano veri. 

Sbagliano le operazioni i luminari, i rigori i campioni e i calcoli gli ingegneri. Negli investimenti, come nella vita, non esiste l’investitore che non ha mai sbagliato, non esiste il consulente che non ha mai sbagliato, non esiste il gestore che non ha mai sbagliato. I mercati non sono una scienza esatta: le Torri Gemelle, il Covid-19 sono eventi che non si possono prevedere e che possono minare un portafoglio. Quindi ha sicuramente ragione chi sbaglia meno e riesce a diversificare talmente bene da subire meno qualsiasi shock che si possa presentare sul mercato.

Il consulente ha due strade per fare meno errori e sono la formazione personale e la conoscenza del cliente: ecco perché continuo a studiare e mi attivo ogni giorno per avere sempre più informazioni dalle persone che incontro, perché è l’unica strada per fare bene la mia professione. La formazione e lo studio permettono di capire meglio come possono reagire i mercati agli shock e come avvantaggiarsi da questi momenti; la conoscenza dei clienti permette di capire come potrebbero reagire in determinate situazioni e quindi come aiutarli a superare le flessioni, dalle Torri Gemelle alla Pandemia.

Il lavoro del consulente non è quindi scegliere il titolo, ma bensì scegliere la strategia e gli strumenti che più si avvicinano al profilo dell’investitore. L’investitore non è solo denaro e aspettative, ma anche e soprattutto sogni, passioni ed emozioni: è da qui che parto per gli investimenti dei miei clienti.

Vuoi conoscere il mio metodo SFIDE che è la base per la conoscenza dei miei clienti?

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