Quando esco a passeggio col mio cane e gli metto la museruola, come dovrebbe essere fatto con tutti i cani di grossa taglia, le persone attraversano la strada, evitandoci. Non posso certamente biasimarle: vedere un cane con la museruola lo fa sembrare aggressivo, anche se nella realtà il mio cane non ha mai morso o attaccato in alcun modo nessun essere umano. Quello che percepiamo spesso è una realtà distorta o è semplicemente quella che ci costruiamo perché ci sta bene così: ci limitiamo ad attraversare la strada, senza pensare alle conseguenze.
Succede lo stesso anche con gli investimenti. Un esempio per tutti: abbiamo la percezione che tutti gli investimenti che hanno un rimborso a scadenza garantito siano sicuri e che invece quelli a capitale variabile siano rischiosi. Concettualmente non fa una piega, se non fosse che gli investitori, in nome di una sicurezza che è spesso solo presunta, si comportano in maniera contraria rispetto a quanto affermano.
Nel 2019 un’indagine di Invesco sugli orizzonti temporali degli investitori europei fece emergere che mediamente gli investitori del Vecchio Continente hanno un orizzonte di 6,9 anni, con il massimo di 10,2 anni degli Olandesi e un minimo di 4,9 anni degli – udite, udite! – Italiani. Gli stessi Italiani, che hanno 4,9 anni di orizzonte temporale, investono poi in BTP con durate che arrivano addirittura ai cinquant’anni. Questa sembra una contraddizione, e concettualmente lo è: ha le sue radici nella credenza di cui parlavo prima, e cioè che quando il capitale è garantito a scadenza allora è sicuro; il capitale variabile, invece, deve essere per forza di cose rischioso.
A investire in un titolo con cedola fissa, e ultimamente spesso anche bassa, di così lunga durata dovrebbe essere un investitore evoluto, che è disposto ad accettare oscillazioni anche importanti del capitale, dovute ai movimenti dei tassi. Sono purtroppo gli investitori che hanno una repulsione al rischio a investire spesso e volentieri in questo modo: non si rendono conto, perché sino a oggi hanno guadagnato sulla variazione dei prezzi, di quanto un innalzamento dei tassi potrebbe pesare sul loro capitale.
Quando faccio notare loro questa cosa, solitamente mi rispondono che comunque hanno il capitale garantito. È vero: ma tra quanti anni?
La mancanza di una reale educazione finanziaria (e sappiamo che anche in questo campo noi Italiani siamo un triste fanalino di coda) ci porta a prendere rischi che, grazie a una corretta diversificazione, sarebbero altrimenti facilmente evitabili; e a ottenere rendimenti che, in futuro, saranno sicuramente inferiori rispetto a quelli che gli investimenti in capitale variabile avrebbero garantito.
A conferma di questo fatto, basterebbe analizzare l’MSCI, ovvero il più grande indice azionario mondiale: noteremmo che, a vent’anni, il rendimento minimo è stato del 3,7 per cento annuo, che sale al 5,9 per cento a trent’anni. Tutti rendimenti al di sopra di quelli dei Bond, che negli ultimi vent’anni non superano il 2,7 per cento.
Quindi è sempre molto importante avere ben presente che solo una corretta pianificazione temporale ci può far creare un giusto mix di azioni e obbligazioni che ci permetteranno di ottenere il massimo risultato in tutti gli orizzonti.
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