Se siamo meno colti siamo anche più poveri

Uomo vitruviano

La Rai pubblicizza la serie su Leonardo, forse la mente più fulgida che il mondo abbia mai visto. Sempre sulla TV di Stato, Roberto Benigni legge i versi del Sommo Poeta, Dante, di cui quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte. In questi stessi giorni Il Sole 24 Ore pubblica anche un’indagine in cui si fotografa l’impietosa situazione scolastica in Italia: e l’immagine che ne esce non è certo edificante.

Queste notizie, come tante altre che si succedono nell’ultimo periodo, restituiscono un quadro completamente dissonante: alla grandezza della nostra Cultura si contrappone infatti la pochezza della sua diffusione.

Un Paese senza cultura è destinato a non crescere: è noto infatti che le Nazioni dove il livello culturale è più alto hanno un grado di benessere maggiore.

Se, come nel famoso giochino de La Settimana Enigmistica, uniamo i puntini, scopriamo una Nazione, la nostra, che è stata eccellenza per tanti secoli nei più sconfinati campi del Sapere, e che oggi invece si trova indietro rispetto a molte altre che l’hanno inseguita per anni e che rischia, proprio per la propria carenza culturale, di non produrre benessere.

Fonte Il sole 24 ore lunedì 22 Febbraio 2021

Ma come siamo arrivati a tutto questo?

Nell’articolo apparso il 27 settembre 2019 a firma Gavosto/Molina su Lavoce.info https://www.lavoce.info/archives/61364/italia-bocciata-alluniversita/ si sottolineava come questa situazione sia figlia di due problematiche evidenti, cioè della poca richiesta di istruzione e della scarsa offerta. Se poi aggiungiamo la penuria degli investimenti pubblici nell’Istruzione – l’Italia infatti è al di sotto della media europea – il gioco è fatto. Questa scarsità di investimenti dimostra la poca lungimiranza della nostra Politica nei confronti delle nuove generazioni.

Ci troviamo così ad essere un Paese dove aumentano giornalmente i NEET.

Questa sigla è l’acronimo inglese, piuttosto complicato, che sta per “(Young people) Neither in Employment or in Education or Training” o anche “Not (engaged) in Education, Employment or Training” e identifica i giovani che non lavorano, non studiano, non sono interessati né a formarsi né a un’occupazione duratura. Un fenomeno che riguarda tutta l’Europa, ma nel nostro Paese si accentua e raggiunge punte vicine al 40 per cento nelle regioni meno sviluppate del Meridione d’Italia.

L’assurdo è che la probabilità di trovare lavoro in Italia per un laureato tra i 25 e i 64 anni, statistiche alla mano, è di 10 punti percentuali superiore rispetto ad un diplomato e il suo reddito poi è addirittura maggiore del 50 per cento.

Un altro dato riportato da più parti è la mancanza quasi totale dell’educazione adulta e di quella finanziaria in particolare, dove ci collochiamo, anche qui, tra gli ultimi Paesi in Europa e molto indietro nel mondo.

Le statistiche ci dicono che più l’investitore ha cultura, e di tipo finanziario nello specifico, maggiore è la probabilità che questi ottenga risultati migliori dai propri risparmi. Questo fa sì che un risparmiatore/investitore evoluto possa liberare risorse che a loro volta saranno il volano per accrescere produttività e ricchezza per tutti.

Da uno studio di Black Rock Investiments (il primo gestore mondiale) fatto in 13 Nazioni europee e su 27 mila soggetti intervistati, è emerso che gli Italiani sono un popolo di risparmiatori, ma non di investitori. Ci collochiamo al vertice per quanto riguarda il risparmio e in coda alla classifica per gli investimenti, perfettamente in linea con la nostra poca cultura finanziaria.

Sostenere che la Cultura sia solo un costo è un errore madornale: è invece un investimento per il futuro. Lo dimostrano per esempio i dati riportati dalla Regione Emilia Romagna sul proprio portale di statistica, che evidenziano come il progetto “Io sono Cultura” abbia portato il PIL regionale ad aumentare nel 2018 rispetto al 2017 del 4,5 per cento. “Ignorare è utile” non sembra insomma uno slogan di cui andare particolarmente fieri.

Puoi migliorare la tua cultura finanziaria e il tuo status di investitore seguendo la mia newsletter e i miei webinar.

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COSA SONO I MUTUI GREEN?

Si sente ormai da un pò di tempo parlare di svolta Green dell’economia e della produzione, ed oggi con l’etichetta Green abbiamo anche i mutui.

Ma cosa sono e a chi possono interessare?

Si rivolgono principalmente a quelle persone che decidono di acquistare una casa in classe energetica A o B, oppure che vogliono ristrutturare portando un miglioramento energetico di almeno il 30%, così come stabilito dalla Commissione UE.

In Italia le case con una classe energetica A o B sono solo il 10% del totale come si può rilevare dalle stime di ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie).

Malgrado l’esiguo numero delle abitazioni disponibili la percentuale di richieste salgono grazie anche a due fattori, uno il Bonus 110% due, il fatto che le banche hanno deciso di applicare a chi richiede un mutuo uno i sconto sul tasso, di solito lo 0,10%, se la richiesta soddisfa le direttive UE.

Come possiamo chiedere un mutuo Green quindi?

Ci sono due strade, se acquistiamo la casa bisogna presentare una certificazione energetica (APE) dove si evince che l’abitazione abbia una classe energetica Ao B, se invece non si tratta di acquisto, ma bensì di riqualificazione dovrò aspettare per l’adeguamento del tasso che i lavori siano ultimati e che il miglioramento energetico sia di almeno il 30%.

Come si può ben pensare le regioni dove l’attenzione ai mutui Green è più alta sono il Trentino e la Valle D’Aosta, seguite dal Veneto.

Sicuramente la vicinanza del Trentino all’Austria dove le case Ecosostenibili hanno una tradizione più lunga, aumenta l’interesse verso i mutui Green.

Sicuramente è appetibile il tasso sul mutuo, ancora di più il risparmio che andiamo ad avere in termini energetici e quindi di costi nella gestione della nostra casa.

Questi risparmi possono essere utilizzati per rivedere il mutuo in un’ottica finanziaria, come dovrebbe essere sempre, e non come un semplice debito da estinguere.

Dobbiamo pensare che un acquisto a rate potrebbe essere ottimizzato da un accantonamento a rate per ridurre l’incidenza del costo, quale miglior occasione di usare il proprio risparmio?

Se vuoi capire come pagare meno interessi sul mutuo……….

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Razionalizzare l’esperienza per farla diventare memoria

È passato ormai un anno dall’inizio della Pandemia di Covid19. In questi ultimi giorni mi sono fermato a riflettere su quello che ho scritto e detto lo scorso anno proprio di questi tempi: una cosasu tutte in particolar modo mi ha colpito, perché sembrava una vera e propria profezia.

Che differenza passa tra esperienza e memoria? Mi chiedevo allora.

Esperienza, nell’enciclopedia Treccani, è definita la conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione. L’esperienza va associata con l’esperimento, specialmente in campo scientifico. Come si può ben capire l’esperienza ha un certo fondamento scientifico: a meno che, come succede nell’epoca che stiamo ancora attualmente vivendo, la conoscenza diretta non abbia anche una forte connotazione emotiva, per cui le emozioni come la paura o l’incertezza nel futuro, ne alterano i risultati.

Ogni qual volta facciamo un’esperienza in campo finanziario, dalla crisi del 2000-2003, alla crisi del 2008, fino a quella che stiamo vivendo oggi, pensiamo che sia diversa, adducendo semprediverse motivazioni.

Nel 2000-2003 si diceva: “Questa è una guerra: adesso ci sarà la Terza Guerra mondiale, Internet è finito”. Facevano sembrare quella crisi diversa da tutte le altre, con paura che finisse il mondo, che l’Umanità si estinguesse come i dinosauri o altro ancora.

Nel 2008 si diceva: “Questa volta è diverso: è una crisi di sistema, non ci si riprenderà più, il sistema bancario è finito e i mercati non si riprenderanno più”. Sembrava fosse arrivata la fine del sistema economico finanziario conosciuto.

Oggi a cavallo della crisi 2020-2021 si dice: “Questa volta è diverso per davvero: il mondo non aveva mai dovuto affrontare prima una pandemia come questa, e non riuscirà a fermarla, l’economia mondiale esploderà, moriremo tutti…”

E mi sono limitato agli accadimenti degli ultimi vent’anni, quelli che ci ricordiamo meglio. Mentre le viviamo, però, tutte le situazioni sembrano nuove e subentra la paura del cambiamento, dell’impossibilità di gestirle, di capirle e chi più ne ha più ne metta.

Se guardiamo oggi alla crisi del 2008, ci limitiamo a verificarne l’impatto economico, rapportiamo i dati con la crisi precedente e analizziamo il drawdown (che non è altro che la correzione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario dal suo massimo al suo minimo) e le successive riprese: una volta che la pancia smette di interferire con il cervello, insomma, questo razionalizza e analizza.

Cosa succederà per la crisi attuale? Tra qualche tempo analizzeremo drawdown e ripresa con raziocino e dolori di pancia sempre minori, più la crisi si sarà allontanata. Questo non è altro chel’effetto della memoria: il ricordo di un evento, del suo impatto e delle conseguenze e cosa è successo subito dopo.

Nell’enciclopedia Treccani la Memoria è definita, in generale, come la capacità di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte.

Oggi possiamo ad esempio pensare all’11 settembre 2001 in maniera più razionale: sentiamo un dolore completamente diverso da allora, perché sappiamo come è finita, abbiamo cioè la risposta a tutti gli stimoli esterni che allora ci sono arrivati. In quel momento storico, però, mantenere la barra dritta è stato faticoso, perché l’esperienza non era ancora diventata memoria.

Come imparare a gestire l’esperienza in relazione alla memoria in campo finanziario? La figura del consulente serve proprio a questo: a fare in modo che l’esperienza sia superata nel migliore dei modi e diventi memoria per i propri clienti.

La razionalizzazione delle esperienze passate ormai diventate memoria e lo studio di quanto avvenuto aiutano il consulente a leggere quello che potrà avvenire, e quindi a dare le risposte migliori al proprio cliente.

Se vuoi scoprire se, oltre a una grande esperienza, ho anche una buona memoria.

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Perché la cancellazione del debito sarebbe un male per l’Italia?

In questi giorni si parla insistentemente della cancellazione del Debito pubblico: Francia e Italia hanno ventilato la cancellazione del debito detenuto dalle Banche Centrali.

A onor del vero, già il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, in una sua intervista datata 15 novembre 2020 a La Repubblica, l’aveva definita “un’ipotesi interessante”.

Al di là della ventata populista da cavalcare o meno, una situazione del genere potrebbe avere una ripercussione negativa sull’EuroZona in generale e sull’Italia in particolare.

Christine Lagarde, attuale presidentessa della Banca Centrale Europea, si è affrettata a dire che la cancellazione del Debito è illegale ed è inutile, togliendo così ogni velleità a chi vorrebbe cavalcare l’onda: lo vieterebbe infatti l’Articolo 123 del Trattato sull’Unione Europea.

Facciamo l’ipotesi assurda che il Debito sia invece cancellato e vediamo alcuni scenari che potrebbero presentarsi. I Paesi dell’EuroZona vedrebbero cancellati i debiti che sono al momento nella pancia delle Banche Centrali e, se per quanto riguarda i singoli bilanci tutto ciò è un bene, per l’EuroZona invece no, e per due motivi:

  1. Si metterebbero in pancia alla BCE perdite di bilancio ingenti, che potrebbero avere ripercussioni sulle manovre successive di aiuto o di altro genere;
  2. Si minerebbe la credibilità dell’EuroZona, allontanando così gli investitori stranieri.

Analizziamo lo scenario italiano.

Le cose dette per l’Europa valgono anche per l’Italia. La credibilità italiana potrebbe essere anzi minata ulteriormente dal fatto che il nostro Debito è quello più rilevante; inoltre paghiamo la scarsa credibilità del nostro sistema politico.

Gli investitori non verrebbero più volentieri ad investire il loro denaro nel nostro Paese, perché sarebbero portati a credere che, un domani, basterebbe un colpo di spugna a cambiare le carte in tavola. La poca certezza renderebbe troppo rischioso portare denaro nel Belpaese: risorse, queste, che sarebbero destinate ad altri Paesi, magari meno remunerativi, ma più sicuri.

Una delle mie perplessità maggiori è il timore che l’Italia, davanti a una situazione del genere, si potrebbe comportare come quel bambino che non è mai bacchettato per le sue marachelle, ma che è sempre perdonato: quel bambino continuerà allora a fare le sue bischerate sapendo che non ne pagherà mai le conseguenze. Rischiamo perciò di non lavorare per migliorare questa nazione, ma continuiamo a comportarci nello stesso modo ricreando debito e non valore.

Per i risparmiatori, l’azzeramento del Debito potrebbe essere una notizia deleteria per due motivi:

1. Per i possessori dei Titoli di Stato, che non saranno oggetto di cancellazione: si parla infatti di cancellare, come detto prima, solo quelli in pancia alle Banche centrali, che avranno inevitabilmente una ripercussione negativa sul capitale;

2. Chi invece investe in prodotti di risparmio gestito o nelle polizze, vedrebbe i propri fondi subire delle oscillazioni a causa dei titoli italiani in portafoglio che si deprezzerebbero.

Anche per gli imprenditori non sarebbe una bella notizia: non ci sarebbero più capitali esteri in entrata, con ripercussioni su tutta la filiera produttiva e distributiva.

Riassumendo: la cancellazione del Debito non serve alle nazioni per la credibilità, ai risparmiatori per il deprezzamento dei risparmi, agli imprenditori per la mancanza dei flussi di capitali; lasciando da parte le ripercussioni sull’Euro e anche quelle sociali. Proviamo infatti a pensare a un tedesco che veda cancellato gran parte del debito italiano, con contestuale buco di bilancio della BCE che si ribalta anche su di lui: probabile che, in un caso come questo, qualche tensione sia plausibile.

Il Recovery Fund, MES rivisto e corretto come ventilato da qualcuno, e una profonda ristrutturazione della Pubblica Amministrazione e della burocrazia italiana, sono sicuramente le strade virtuose che dobbiamo seguire per migliorare la nostra situazione.

Resta il nodo del debito alto e del rischio di deprezzamento per chi detiene titoli di debito dello Stato Italiano: prima o poi “l’effetto Draghi” diminuirà e si tornerà a parlare di sostenibilità del debito. Qualcuno ha già cominciato e quindi ci aspettano spread e deprezzamento.

Esiste un modo per difendersi da questa situazione? Investire per obiettivi e diversificando. Se vuoi saperne di più:

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Il segreto per essere un buon investitore? Essere un po’ Napoleone un po’ contadino

Vi starete chiedendo cosa c’entri Napoleone. Sul contadino invece avrete meno perplessità, perché è molto più semplice ricondurre un buon comportamento alla cara vecchia saggezza popolare, quella che guarda alle stagioni e al loro inesorabile avvicendarsi.

Ogni anno le stagioni hanno la stessa cadenza: inverno, primavera, estate, autunno. L’Uomo si è adattato a questa ciclicità e i contadini, va da sé, hanno anche stabilito con esse un rapporto particolare.

Gli agricoltori ci hanno sempre insegnato che la neve rende fertile il terreno nella stagione calda, che in primavera si semina, che in estate e in autunno si raccoglie e si prepara il terreno per l’inverno.

Così accade in finanza. L’inverno meteorologico, per esempio, può essere tranquillamente paragonato ai cali di mercato, momenti in cui il terreno si riposa e prende forza per una nuova stagione e l’economia prende fiato per una nuova espansione. Questa considerazione è condivisa da tutti gli investitori nei momenti di calma: perché allora, “ad ogni stormir di fronde”, tutti fuggono dal mercato, magari ai minimi?

La risposta è semplice: la paura di perdere tutto attanaglia e oscura la mente, fa perdere la razionalità che invece si palesa nei momenti di calma dei mercati. È un po’ come se il nostro contadino, contravvenendo alla sua proverbiale saggezza, si facesse prendere dal panico quando la temperatura scende sotto lo zero.

Diamo allora un’occhiata a questo grafico, che mostra i vari stati d’animo e le emozioni degli investitori, rapportati ai vari momenti dell’andamento dei cicli di mercato.

L’investitore solitamente vuole entrare nei mercati solo nei momenti di euforia e uscirne nei momenti in cui è terrorizzato oppure si sente sconfitto, facendo esattamente il contrario di ciò che dice la logica e insegna la saggezza popolare. Come fare allora per non incappare in questo errore? La risposta è semplice: diversificare, facendo sempre tesoro dell’esperienza del contadino.

Non esiste un agricoltore che nel suo orto pianta solo un tipo di verdura, ma in esso si troveranno svariati tipi di ortaggi. Se la stagione andrà male per i pomodori, l’agricoltore potrà mangiare le zucchine o altre tipologie di verdure. La stessa cosa va fatta con i nostri soldi: la scelta ottimale sarebbe utilizzare strumenti diversi, per ridurre il rischio di perdere e per difendere
il nostro portafoglio dalle oscillazioni di mercato: cioè non solo dalle nostre emozioni, ma anche dai tassi bassi oppure da entrambi. Una corretta diversificazione deve riguardare non solo il tipo di strumento, ma anche la durata degli stessi. Strumenti a breve termine, come ad esempio i Bot, e strumenti di lungo termine, come un fondo pensione, hanno durate e logiche di investimento diverse, che rendono diversa la loro modalità di utilizzo.

Dobbiamo inoltre tenere in considerazione il posizionamento geografico. Se investo tutto nel mercato europeo, e questo va bene, allora ho fatto centro: ma se va male? Suddividere gli investimenti in varie aree geografiche mi tutela da questo rischio: se va male l’Europa magari trarrò utili dai Paesi emergenti o dall’America.

Sì, ma direte voi: la storia del contadino l’abbiam capita. Cosa c’entra dunque Napoleone?
C’entra perché, arrivati a questo punto, non dobbiamo dimenticare di pianificare. E quando si tratta di farlo, la tattica di un Cristoforo Colombo qualsiasi – ovvero partire con le caravelle così, all’avventura – non è certo la strategia più indicata per programmare il nostro viaggio nel mondo dei mercati e della nostra vita.

Preferibile invece usare una strategia alla Napoleone, che non per niente è conosciuto come uno dei più brillanti strateghi della Storia: Napoleone non lasciava nulla al caso, pianificava ogni mossa e conosceva nel profondo sia gli avversari sia il campo di battaglia. Non solo: ogni soldato del suo esercito aveva la sua collocazione all’interno di un piano ben definito.

I nostri risparmi sono come i soldati di Napoleone: devono essere collocati all’interno del nostro esercito in modo logico e ordinato, secondo una corretta strategia. In prima linea collocherò i soldi che, tra sei mesi, mi serviranno per comprare l’automobile: da questo denaro mi aspetterò un ritorno minimo, ma che non retroceda. A fianco della prima linea, in perfetto stile napoleonico, metterò “la colonna”, cioè il denaro che mi servirà per l’acconto di una casa tra cinque anni e che mi difenderà dalle oscillazioni. In ultimo “il quadrato”, che avrà due funzioni, proteggere e difendere: sarà il denaro cioè che rappresenta gli investimenti a lungo termine e i soldi che potranno essere destinati all’università di mio figlio. Se voglio creare movimento, chiamerò la cavalleria, cioè le azioni che possono creare quel qualcosa in più, ma che devono essere inserite nel modo e nei tempi giusti. In fondo, nelle retrovie, i generali: ovvero il denaro che mi serve per la pensione.

La cosa probabilmente più difficile è dare un nome e un cognome al proprio denaro, ma è quello che bisogna imparare a fare. In Italia, da quando hanno avuto accesso a tutti gli strumenti finanziari che oggi conosciamo, gli investitori hanno commesso una serie di errori: uno su tutti ha visto l’utilizzo delle azioni nella stessa modalità con cui trattavano i Bot, uscendone scottati. Il nostro orto degli investimenti deve avere molte varietà di ortaggi, che non maturano nello stesso periodo e che servono per preparare piatti diversi a seconda di ciò che vogliamo mangiare; e dovremo dividere il nostro orto secondo una strategia degna di Napoleone, questo sarà il modo migliore per raggiungere i nostri obiettivi.

Se volete i consigli di uno stratega contadino, saggio e lungimirante, che sa in quale stagione seminare e raccogliere, ma che non esita a chiamare la cavalleria quando serve, non avete altro da fare che contattarmi, cliccando qui sotto e compilando il form. Arriverò alla carica!

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5g, Bitcoin, Blockchain rischio o opportunità?

Si parla sempre più spesso della nuova connettività 5G, di Bitcoin e di Blockchain tre argomenti che suscitano l’interesse di molti risparmiatori, ma cosa dobbiamo sapere innanzitutto?

Come sempre quando si approccia un investimento in un nuovo trend bisogna avere una buona conoscenza del prodotto ed un atteggiamento che non deve essere alla Braveheart, ma nemmeno alla “Attenti al lupo”.

#Connessione-5G

#I-Bitcoin

#La-blockchain

Facciamo alcune riflessioni insieme:

  • Sono mercati giovani
  • Nascondono opportunità, ma anche rischi
  • Hanno delle oscillazioni anche violente.

Andiamo con ordine, il 5G è sicuramente il mercato più giovane, ma paradossalmente quello che può essere più vicino a noi, infatti le connessioni dei prossimi anni saranno in 5G, un mercato in espansione dove tutti i maggiori player del mercato vogliono entrarci e quindi sicuramente nasconde delle opportunità di crescita importanti.

Probabilmente dei tre è quello che piace meno anche perché si è fatta un po’ di pubblicità negativa al 5G per via dell’impatto ambientale, credo che in un mondo che sta tentando di andare in direzione della sostenibilità qualche riflessione sull’impatto ambientale i governi se la siano fatta prima di concedere il via.

Nella mia visione romantica del mondo non penso che convenga a nessuno far morire il mondo,

Credo che avremo opportunità di investimento in questo settore con movimenti secondo me meno violenti rispetto al Bitcoin ad esempio, quello delle comunicazioni è un mercato più rodato ed anche regolamentato.

Il Bitcoin deve secondo me il suo fascino al mistero, questo alone che lo circonda lo rende sexy, è la stessa adrenalina che ci spinge a vedere un film horror e poi a non dormirci la notte.

Il Bitcoin è sicuramente un mercato di nicchia, non si approcciano tutti a questi strumenti, anche perché manca un fattore fondamentale per un risparmiatore consapevole, cioè la regolamentazione del mercato.

Le controparti, cioè coloro con cui negozio il Bitcoin non sono istituzionali, anche se le banche centrali stanno lavorando ad una loro criptovaluta, un rischio per i possessori di Bitcoin che potrebbero veder scendere in maniera violenta il loro investimento se sul mercato appaiono altre criptovalute e per di più regolamentate.

I risparmiatori per avere la scossa di adrenalina sono disposti a mettere sul piatto del denaro anche con il rischio di grandi oscillazioni, prima che una cosa succeda si pregusta il piacere del guadagno, ma per quel mercato bisogna essere investitori già sgambati e pronti a qualsiasi situazione, che siano disposti a vedere grandi guadagni, ma anche grandi perdite.

La Blockchain è la tecnologia su cui si poggia la digitalizzazione, viene definito registro digitale.

In un mondo dove i dati diventano sempre più importanti e commerciali un asset quello della Blockchain, molto appetibile, ed inoltre regolamentato, cosa che ne attenua le oscillazioni oltre naturalmente al numero di aziende coinvolte.

Importante come per il 5G non essere fuori da questo mercato che sicuramente è destinato a crescere nel tempo, non senza movimenti anche importanti comunque.

Ci sono due consigli che mi sento di dare nell’affrontare questi mercati, il primo è l’entrata nel mercato in maniera graduale proprio per avvantaggiarsi delle oscillazioni e in maniera scientifica appiattire i movimenti dei prezzi.

Il secondo consiglio è valutare esattamente il proprio rapporto rischio/rendimento, questo è il campo dove posso aiutarti, con il mio metodo S.F.I.D.E cerco di rendere semplice la finanza, di info/formarti e di renderti consapevole attraverso tutorial e guide di come affrontare il mercato.

Se vuoi approcciare in modo più sereno questi mercati….

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Quali rischi si corrono se salgono inflazione e tassi?

In questi giorni si è tornati a parlare di inflazione e tassi, come sempre si fanno analisi finanziarie di come queste due variabili impatteranno sugli investimenti. 

Sommando alle prime due la volatilità dei mercati abbiamo un quadro nel quale tre comportamenti degli investitori italiani diventano dei rischi veri e propri. 

Gli italiani popolo di risparmiatori hanno nel mantenere la liquidità sui conti correnti una delle abitudini che amano di più. 

Come sempre durante le crisi la giacenza sui conti correnti esplode, gli italiani ritengono in questo modo di difendere i loro risparmi. 

Non teniamo conto in queste scelte dell’inflazione, la quale erode il potere di acquisto del denaro lasciato sui conti correnti, con 50,00 € 10 anni fa si metteva nel carrello più merce rispetto ad oggi. 

Rischio liquidità, quella che è un’illusione di controllo non è altro che un modo per perdere denaro. 

Prendiamo il decennio 2010/2020 caratterizzato da un’inflazione bassa e in alcuni momenti negativa eppure 10.000,00 € del 2010 oggi hanno un potere d’acquisto di poco più di 9.000,00. 

Il secondo comportamento viene conosciuto in finanza comportamentale come Bias domestico, cioè il fatto di investire in strumenti che sentiamo vicini a noi quali i titoli di stato o obbligazioni bancarie anche se questo, bisogna dire per onestà, è un fenomeno in attenuazione. 

Lasciamo stare per i titoli di stato tutto il discorso legato al debito pubblico, se volete approfondire (Debito,ma con chi), e concentriamo l’attenzione sui tassi e sull’inflazione. 

Nelle due ultime aste i BTP sono andati a ruba malgrado un rendimento basso, avere 10.000,00 € in un titolo che rende l’1% (a volte meno) vuol dire portare a casa 1.000,00 € lordi in 10 anni, se compariamo il dato di prima sull’inflazione dell’ultimo decennio che ci dava una perdita di 1.000,00 € in potere d’acquisto, con il nostro BTP, al netto delle tasse ne usciamo in perdita. 

Molti investitori comprano BTP per venderli a prezzi più alti durante la vita del titolo, una specie di speculazione sulle oscillazioni politiche se così si può dire, ma questa cosa va bene se i tassi scendono, meno bene se i tassi salgono, perché? 

Un investitore di solito cerca di comprare titoli che gli danno buoni rendimenti, va sul mercato e vuole il tasso migliore. 

Un BTP con cedola all’1% sarà meno appetibile di un’obbligazione che rende il 2%, quindi se siete il possessore del BTP e lo volete vendere dovrete fare uno “sconto sul prezzo” e perdere, altrimenti l’investitore andrà su un titolo con cedola più alta dove guadagna di più.

Potete decidere, per non vendere in perdita, di tenere il titolo fino a scadenza dove però il vostro potere d’acquisto a causa dell’inflazione sarà più basso, quindi se i tassi salgono non voglio essere il possessore del BTP. 

Comprare un titolo a cedola bassa in questo momento mi dà due certezze, difficilmente potrò speculare sul prezzo e avrò una decurtazione del potere d’acquisto dovuto all’inflazione. 

La finanza è materia ostica, e malgrado faccia parte della quotidianità, dall’acquisto con la carta di credito al mutuo della casa ad esempio, non è argomento di cui gli investitori amano leggere, ecco un altro comportamento deleterio. 

La non conoscenza costa agli italiani. Rispetto ai risparmiatori europei hanno un rendimento inferiore dei loro risparmi, questo perché sbagliano l’approccio con gli investimenti, malgrado abbiano gli stessi strumenti a disposizione.

Solo il 30% degli italiani, da un indagine 2018 banca d’Italia, hanno una conoscenza base di finanza contro il 62% della media dei 37 paesi OCSE (https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_per_la_cooperazione_e_lo_sviluppo_economico).

Nei paesi anglosassoni dove la conoscenza di finanza è più alta i risparmiatori hanno un miglior rendimento degli investimenti. 

Non conoscere quello in cui si sta investendo potrebbe inoltre distorcere la realtà. 

Voglio riproporre una domanda di Ruggero Bertelli (università di Siena) proposta qualche anno fa ai lettori de Ilsole24ore, poi darò la mia interpretazione alle risposte. 

Immaginate di aver investito in un fondo bilanciato 100.000,00 €. A fine anno mi trovo con 115.000,00 €. Alla fine del primo trimestre dell’anno successivo mi accorgo che il valore è 105.000,00. In quale affermazione mi ritrovo di più? 

1.     Sto perdendo 10.000,00 € 

2.     Sto guadagnando 5.000,00 €, non sono soddisfatto 

3.     Sto guadagnando 5.000,00 €, sono soddisfatto 

4.     È passato troppo poco tempo per esprimere un giudizio sull’investimento. 

Se hai risposto 1 hai una visione distorta degli investimenti, cerco di dare la mia chiave di lettura. 

Provate a pensare di allungare una molla e di tenerla in tensione continuamente, otterrete il risultato di sfibrarla e quindi perderà elasticità.

Lasciare andare la molla ogni tanto e magari comprimerla leggermente questo le farà acquisire l’energia per andare ancora più in alto. 

Immaginare i mercati finanziari come una molla, ci può aiutare a pensare che i momenti di contrazione siano importanti per prendere nuova energia, ci può inoltre far vivere con meno angoscia quelle situazioni di volatilità che sono inevitabili sul mercato. 

Se hai risposto 2 la tua è una questione di aspettative, forse bisogna tarare meglio il rapporto rischio/investimento.

Se hai risposto 3 con molta probabilità hai investito senza aspettative.

Se hai risposto 4 probabilmente hai investito per obiettivi cosa che ti permette di avere una visione analitica del denaro, questa strada, e cioè quella della pianificazione è quella che porta i risparmiatori europei ad avere maggiori risultati.

In Europa l’uso di consulenti nelle scelte di investimento e pianificazione finanziaria è molto più alta che in Italia.

Un articolo di Advisor (https://www.advisoronline.it/consulenti-finanziari/carriere-e-professione/43431-consulenza-finanziaria-ecco-quanto-fa-guadagnare-ai-clienti.action) ci fa vedere come la presenza di un consulente fa guadagnare di più il cliente.

Avere una figura di riferimento fa stare inoltre più tranquilli durante le crisi e più informati sulle opportunità.      

-Se voglio andare di corsa vado da solo, se voglio andare lontano trovo un amico-