Non importa che vinca Trump oppure Biden, l’importante è che qualcuno vinca.
E’ questa la frase che sembra non avere senso ma che però sta determinando in maniera chiara, oltre al ritorno del virus, la volatilità sui mercati.
La paura dei mercati non è se vinca uno o l’altro dei candidati, anche se la differenza di vedute dei due contendenti fa sì che la vittoria dell’uno dell’altro determini visioni differenti sulla crescita economica americana e di conseguenza sulla crescita o meno di determinati mercati piuttosto che di altri.
Anche i rapporti tra le due superpotenze Cina e USA saranno sicuramente influenzati dalla vittoria di uno dei due. Uno potrebbe continuare a fare la voce grossa mantenendo dazi che però per colpa delle restrizioni tra i paesi non hanno avuto grossi effetti e magari imponendone di nuovi, l’altro potrebbe intavolare nuovi trattati volti alla collaborazione e allo sviluppo.
Uno potrebbe continuare la politica di sviluppo economico migliorando ulteriormente la fiscalità nei confronti delle aziende e l’altro invece potrebbe voler sostenere proprio attraverso maggiori introiti fiscali sugli utili prodotti dalle società del WEB, le cosiddette FAANG, una più equa politica sociale.
Tutte queste variabile generano attese e tensioni. A questo ci dobbiamo aggiungere l’incertezza del voto.
L’incertezza che il mercato subisce, è legata soprattutto al fatto che buona parte delle scelte elettorali verranno fatte in maniera non tradizionale, cioè meno persone alle urne e più tramite voti postali. Questi ultimi proseguiranno ad arrivare anche dopo la scadenza elettorale del 3 novembre. Tutto questo, soprattutto se non ci sarà subito un evidente vantaggio da parte di una delle parti, alimenterà il vento dell’ambiguità in un paese in bilico, già spaccato in due da motivazioni politiche e sociali da diversi mesi.
Il mercato ha paura che si verifichi una situazione similare a quella già vista all’inizio degli anni 2000 tra Gore e Bush, quando quest’ultimo alla fine vinse per una manciata di voti dopo alcune settimane di polemiche ed insicurezza dovuta alla mancanza di una guida definita.
In un momento difficile come questo avere vacante il “trono” più importante del globo lasciando la locomotiva economica mondiale senza conducente potrebbe essere motivo di ulteriore volatilità.
Per un piccolo risparmiatore sfruttare come strategia di investimento la vittoria di uno o dell’altro non ha molta importanza nel lungo periodo perché i mercati ritroveranno la loro stabilità e la loro crescita; diverso potrebbe essere lo scenario di breve periodo dove sfruttare l’oscillazione del mercato statunitense, nel caso di un’elezione contrastata, con entrate programmate potrebbe rivelarsi la strategia vincente.
Se vuoi il mio parere, ti dirò che in un portafoglio ben organizzato entrambe le strategie dovrebbero essere utilizzate, in maniera diversa, con obiettivi diversi e con modalità, tempi e disponibilità diverse. In ogni caso ogni portafoglio può essere gestito con strategie differenti.
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