BUONI POSTALI

▶️ Per anni rifugio primario dei risparmi degli italiani, oggi al centro di polemiche e dispute legali.
📍 I buoni fruttiferi postali sono stati per anni il parcheggio più gettonato dei risparmi degli italiani, ci si metteva di tutto, dai soldi del battesimo a quelli del matrimonio, si aspettava 20 o 30 anni per vederli raddoppiare o triplicare.
❇️ Non discuterò se un investimento con la stessa durata in un altro strumento avrebbe reso di più, ma sul fatto che gli italiani oggi sono stati traditi, ed hanno perso una delle certezze di investimento.
🔍 Andiamo con ordine, le poste hanno deciso unilateralmente di limare i rendimenti, hanno affisso le nuove condizioni negli uffici, non hanno l’obbligo di spedire a casa le variazioni, e gli italiani si sono trovati con meno soldi in tasca.
🆘 Le ultime “edizioni” hanno rendimenti infinitesimali e quindi non hanno più appeal per i risparmiatori.
Parlerò ancora dei buoni postali.
Questa è l’ennesima prova che solo una sana pianificazioni finanziaria può salvarci.

BASTA UN TIMBRO
📍 I BFP buoni fruttiferi postali, sono al centro di una controversia, Sul finire degli anni ‘80 la posta emise dei buoni della serie P\Q che riportavano un timbro sul retro piuttosto dubbio, infatti non venivano riportati, nei buoni trentennali,i rendimenti degli ultimi 10 anni.
🆘 I risparmiatori si sono trovati, una volta scaduti i buoni con decurtazioni del capitale atteso anche vicine al 50% come riportato in un articolo del sole 24 ore di sabato scorso.
✅ Da alcuni anni i contenziosi tra risparmiatori e Posta sono aumentati all’ABF, Arbitro bancario finanziario, e dal 2020 si sta assistendo ad un fatto strano, mentre prima Poste pagava regolarmente i contenziosi, perdeva nel 52% dei casi, oggi ha cominciato a non rispettare più i dettami di ABF e la controversia si sta dipanando in altre sedi giudiziarie.
A questa situazione aggiungiamo che i BFP perdono praticamente con tutti gli strumenti finanziari come rendimento su durate ventennali, durata che è la più gettonata tra i risparmiatori.
🤔 Mi chiedo come sia possibile allora che malgrado tutto questo i BFP siano ancora l’investimento con più masse in Italia e i “Post people “ continui a sottoscriverli.
Sembra strano, ma una ricerca ha evidenziato che i risparmiatori con meno cultura finanziaria sono i sottoscrittori di questi strumenti.

OGNI OFELE’ FA EL SO MESTE’

Nei giorni scorsi parlavo con una persona che mi diceva che un suo amico gli ha consigliato di investire in una società petrolifera perché per logica se sono scese molto saliranno anche molto.Ho esternato le mie rimostranze nel giocare tutto su un “cavallo” del genere, ma la risposta è stata il mio amico è uno che studia, a questo punto chiedo se fa l’analista finanziario, ma scopro che fa altro.Chi viene ai miei seminari sa che parlo spesso dell’amico carrozziere di un cliente che suggerisce titoli con guadagni ipotetici a 2 cifre, ma che continua a fare il carrozziere, ho l’impressione che sia la stessa cosa suggeritore diverso, ma dinamica uguale.Ieri mattina leggendo Il sole 24 ore scopro che Exxon, società petrolifera, esce dall’indice Dow Jones, indice che annovera i primi 30 titoli statunitensi, la stessa società solo pochi anni fa era il primo titolo del listino.Da tempo predico che se si vuole investire su società energetiche meglio puntare i fari su quelle legate ad energie rinnovabili che avranno molto più futuro rispetto a quelle petrolifere, nel Dow Jones però le società energetiche hanno visto ridurre il loro peso al 2,5% del listino, contro un 27,5% delle Big Tech, quindi prudenza.Stiamo assistendo a campagne per il clima, energie pulite e tanto altro, gli Emiri stanno diversificando gli investimenti per non farsi trovare impreparati, le società stesse diversificano, ENI pubblicizza carburanti ecologici, BP produce colonnine per ricaricare auto elettriche, e qualcuno vuole investire sui petroliferi? Forse si può pensare per una speculazione di breve, ma non ne sono molto convinto.Pensare che le società petrolifere potranno fare molta strada è lo stesso ragionamento fatto da chi pensava che le automobili non avrebbero mai sostituito i cavalli, sappiamo tutti come è finita.OGNI OFELE’ FA EL SO MESTE’ mai titolo fu più esatto, questo proverbio milanese sottolinea che ogni pasticciere, estendendolo ogni artigiano, deve fare ciò che gli compete e non fare lavori di cui non sa.

La mietitrebbiatrice SPA

Mi ricordo la prima volta che ho visto arrivare la mietitrebbiatrice a Varese.

Avanzava minacciosa, e devo dirvi che per un bambino sembrava veramente impressionante, sembrava una BCS come quella di mio zio Luigi, ma molto più grande, e se tuo papà ti ha detto –stai lontano dalla BCS perché taglia le gambe- figurati dalla mietitrebbiatrice.

Per quelli che non sanno com’è una BCS, nota macchina agricola di colore azzurro, immaginate un taglia capelli come quelli che si usano oggi, ma enorme.

Dopo la disamina sulle dimensioni e tipologia parliamo della mietitrebbiatrice, non tutti i contadini se la potevano permettere, infatti aveva un’unica funzione e la spesa per acquistarla diventava veramente onerosa.

Infatti quella che arrivò quel giorno a Varese giungeva da Parma, e avrebbe sostato in zona una settimana per mietere i campi dei contadini che si erano accordati per il pagamento e l’uso, con tanto di operatore della macchina agricola annesso.

Bisogna domandarsi di chi fosse la macchina. E qui viene a supporto il detto –contadino scarpe grosse e cervello fino-.

Infatti nel parmense, ma non solo lì, un gruppo di contadini si era messo d’accordo per acquistare la costosissima mietitrebbiatrice naturalmente dividendo le spese per l’acquisto e naturalmente anche l’utilizzo della stessa.

Nasceva perciò una cooperativa di persone che usavano alla bisogna un macchinario di proprietà comune, un po’ come la griglia per cuocere le costine condominiale che viene usata a turno su prenotazione.

I contadini però non si limitavano a questo, ma decisero di usare il macchinario non solo per i loro bisogni, ma anche per quei contadini che non avevano mietitrebbie a disposizione, cominciarono perciò a girare con il macchinario ed andavano per le varie provincie a mietere per chi ne facesse richiesta.

Naturalmente l’opera di mietitura non era gratuita, cioè spostamento, carburante, vitto e alloggio del o dei conducenti era a carico pro quota dei fruitori del servizio mietitura.

Il denaro che veniva guadagnato nel girare a mietere, tolto le spese restava ai contadini proprietari della mietitrebbia, e veniva diviso tra loro a seconda del capitale investito nell’acquisto del macchinario, ecco come nasce una S.P.A

Dobbiamo mettere in conto che dopo i primi contadini illuminati che hanno fatto questa scelta anche altri altrettanto furbi abbiano deciso di seguire questa strada, e a questo punto abbiamo fatto nascere la concorrenza.

Concorrenza, annate storte, piogge, freddo ed altro sono variabili che incidono, e infatti non tutti gli anni i proprietari della mietitrebbia ottengono risultati identici, quindi per poter restare ai vertici dovranno abbassare i prezzi, ottimizzare i costi o aumentare la qualità del servizio, a volte limando gli utili da dividere tra i proprietari a fine anno quando si tirano le somme.

Il mondo finanziario non è molto lontano da questo.

Ford alla fine dell’800 inizi ‘900 creò quasi dal nulla l’azienda automobilistica come la conosciamo oggi, al momento era l’unico ad avere la “mietitrebbia”,e al momento era addirittura senza soci.

Dopo poco tempo anche altre aziende si presentarono sul mercato, alcune con un unico proprietario, altre con più soci.

I contadini vendevano l’uso della mietitrebbia, le aziende le auto, alla fine dell’anno auto vendute meno costi sostenuti, uguale dividendo per il socio o i soci dell’azienda.

Molto diverso dal mondo rurale?

Passano gli anni le società diventano tante aumenta la concorrenza, per sopravvivere le aziende devono aumentare i prezzi, diminuire i costi, aumentare i servizi.

Crisi economiche e di altro genere, creano problemi alle aziende e agli utili delle stesse, ancora un parallelismo con il mondo contadino.

Il mondo azionario è sicuramente sensibile agli shock di mercato, ma proprio per la sua connotazione più facilmente riesce a rimettersi in linea con le valutazioni.

Faccio un esempio sempre partendo dai contadini, i nostri proprietari della mietitrebbia ne vogliono comprare una nuova e chiedono soldi In prestito ad un contadino con la promessa di renderli. Una normale obbligazione.

Comprata la nuova mietitrebbia purtroppo si rompe la prima che avevano acquistato, e ci vogliono soldi, si trovano di fronte ad un bivio, restituire i soldi al contadino, oppure riparare la mietitrebbia.

Consci del fatto che senza la prima macchina faranno fatica a rendere tutti i soldi al contadino e non riusciranno a pagare il secondo mezzo agricolo decideranno cosa fare: primo non percepiranno gli utili, secondo allungheranno i tempi nella restituzione al contadino.

Questo non è giusto, sono d’accordo, ecco perché entra in campo un nuovo giocatore nel mondo delle aziende, la banca.

La tanto vituperata banca garantirà il denaro a chi l’ha prestato, gli obbligazionisti, cioè i risparmiatori, fornirà liquidità alle aziende che restituiranno il prestito all’obbligazionista ( contadino) e potranno riparare la macchina e continuare a mietere, saranno debitori verso la banca.

Torniamo alle aziende automobilistiche. Poniamo il caso che l’azienda abbia chiesto ai risparmiatori del denaro attraverso un prestito obbligazionario denaro per costruire una nuova linea di produzione, i risparmiatori avranno una cedola di interesse e la restituzione del denaro alla fine, se succede che il mercato crolla la banca può finanziare l’azienda in modo che ripaghi il prestito al risparmiatore, assumendosi lei, con buona pace di tutti, il rischio per un eventuale default dell’azienda.

La situazione è certamente più complessa, entrando in gioco altri fattori, ma questa è la logica di base.

Ti aspetto sul mio canale Facebook per altre riflessioni.

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E se la gioia fosse nel viaggio?

Sto passando alcuni giorni di relax in Val di Mello, relax per la mente, ma non per il corpo visto le 5 h di cammino medie al giorno, come dicevano i latini “mens sana in corpore sano”.

Mi sono trovato a riflettere su due escursioni, la prima impegnativa con pendenze che arrivavano al 40%  e la seconda più tranquilla e godibile.

La prima escursione era la seconda volta che l’affrontavo e mi è parsa molto più impegnativa dello scorso anno, la seconda, mai fatta, me la sono goduta.

Durante il cammino la cosa bella è ascoltare i rumori della montagna, sentire gli odori godere le salite e le discese sino ad arrivare alla meta finale dove tutto quello fatto ha la sua sublimazione.

Quando, come mi è successo l’altro giorno, ti concentri solo sul risultato finale perché vuoi arrivare ti perdi tutto il gusto del cammino, ma perché succede questo?

Mi sono dato una spiegazione, si chiama allenamento, il COVID mi ha privato del movimento e quindi i miei muscoli poco allenati hanno sofferto l’ascesa e la mia mente ha portato tutte le energie sul risultato finale, con incorporata ansia di arrivare.

Mi sono detto che mi stavo comportando esattamente come farebbe un’investitore, che davanti ad un mercato duro, salite e discese anche repentine, non si gode il viaggio, ma va in ansia da risultato finale, viceversa quando come nella mia seconda escursione il terreno è più semplice si gode il viaggio.

Per quanto riguarda gli investimenti il mio allenamento è giornaliero e quindi muscoli e mente reagiscono in modo fluido e affrontano salite e discese con  il giusto approccio.

Essere consapevole di quello che il mercato può dare è frutto di allenamento, e quando sai come allenarti puoi aiutare gli altri ad allenarsi, ecco il perchè dei post, ecco i perché dei video ed ecco il perché dello studiare tutti i giorni, un personal trainer che non sa di cosa parla non è credibile.

Allenare i muscoli per la montagna o la mente per i mercati può e deve portare ad un unico risultato, godersi il viaggio.

Se pensi che possa essere il tuo personal training della finanza…..

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L’anno del dragone

Il titolo di oggi rievoca un celebre film degli anni 80, e sicuramente vi farà pensare subito al paese di cui il Dragone è il simbolo, analizziamo alcuni dati che contraddistinguono l’economia di questo paese e ci chiederemo se e perché investire in Cina.

Nei miei “Sorsi” ho parlato diverse volte della Cina, ma quasi sempre ho trattato i contrasti politici con gli USA e dei tanti litigi che in questi anni hanno portato a ripicche reciproche sotto forma di dazi.

Quello di oggi invece è una riflessione che nasce da un articolo che mi è passato tra le mani in questi giorni, di una società di investimenti svizzera, Pictet per l’esattezza, che mi ha fatto riflettere un po’.

In Cina vive un quinto della popolazione mondiale, il 39% delle aziende produttive sono di alta qualità, e in Cina si produce un sesto del PIL mondiale.

Se non fosse sufficiente le previsioni di crescita del FMI per questo nefasto e bisesto 2020 in Cina sono del 1%, certamente molto meno del 6/7% a cui ci aveva abituato negli ultimi anni ma decisamente meglio di quanto previsto per il PIL mondiale del – 5% circa e addirittura del nostro poco gratificante -10% e forse più.

Certamente la Cina che già oggi è la seconda potenza economica mondiale è destinata a raggiungere presto il più alto gradino del podio.

Con i programmi di sviluppo già in essere, primo tra tutti “Made in China 2025”, è destinata a lasciare il posto di eterna manifattura a basso costo per diventare in futuro una delle zone del mondo dove sviluppo tecnologico e sostenibilità la proietteranno ad essere protagonista assoluta dei prossimi decenni.

Già oggi la Cina è il paese dove si investe di più per le energie pulite e rinnovabili, più di USA e Giappone, e già oggi la Cina è da considerare tra i protagonisti tecnologici, pensate al 5 G o al recente lancio della navicella spaziale su Marte.

Sul mondo obbligazionario, malgrado la commercializzazione dei titoli in valuta locale (Remimbi) sia iniziata solo nel 2017 sono già stati collocati quasi il 3% agli investitori stranieri con un aumento stimato al 10-15%  nei prossimi anni con flusso di 300 miliardi su quello che è il secondo mercato obbligazionario e sicuramente destinato a diventare il primo.

E’ impensabile oggi pensare al mondo degli investimenti e della finanza e non tener conto della Cina e di tutto quello che la accompagna.

Di come la ricchezza che verrà prodotta nei prossimi decenni debba nella giusta percentuale far parte anche dei risparmi degli italiani perché che ci piaccia o no, è la crescita della ricchezza che crea benessere, sta a noi cogliere le opportunità che il mondo finanziario ci mette a disposizione.

Se vuoi approfondire il tema Cina, sai come rintracciarmi. Ciao.

Nei miei “Sorsi” ho parlato diverse volte della Cina, ma quasi sempre ho trattato i contrasti politici con gli USA e dei tanti litigi che in questi anni hanno portato a ripicche reciproche sotto forma di dazi.

Quello di oggi invece è una riflessione che nasce da un articolo che mi è passato tra le mani in questi giorni, di una società di investimenti svizzera, Pictet per l’esattezza, che mi ha fatto riflettere un po’.

In Cina vive un quinto della popolazione mondiale, il 39% delle aziende produttive sono di alta qualità, e in Cina si produce un sesto del PIL mondiale.

Se non fosse sufficiente le previsioni di crescita del FMI per questo nefasto e bisesto 2020 in Cina sono del 1%, certamente molto meno del 6/7% a cui ci aveva abituato negli ultimi anni ma decisamente meglio di quanto previsto per il PIL mondiale del – 5% circa e addirittura del nostro poco gratificante -10% e forse più.

Certamente la Cina che già oggi è la seconda potenza economica mondiale è destinata a raggiungere presto il più alto gradino del podio.

Con i programmi di sviluppo già in essere, primo tra tutti “Made in China 2025”, è destinata a lasciare il posto di eterna manifattura a basso costo per diventare in futuro una delle zone del mondo dove sviluppo tecnologico e sostenibilità la proietteranno ad essere protagonista assoluta dei prossimi decenni.

Già oggi la Cina è il paese dove si investe di più per le energie pulite e rinnovabili, più di USA e Giappone, e già oggi la Cina è da considerare tra i protagonisti tecnologici, pensate al 5 G o al recente lancio della navicella spaziale su Marte.

Sul mondo obbligazionario, malgrado la commercializzazione dei titoli in valuta locale (Remimbi) sia iniziata solo nel 2017 sono già stati collocati quasi il 3% agli investitori stranieri con un aumento stimato al 10-15%  nei prossimi anni con flusso di 300 miliardi su quello che è il secondo mercato obbligazionario e sicuramente destinato a diventare il primo.

E’ impensabile oggi pensare al mondo degli investimenti e della finanza e non tener conto della Cina e di tutto quello che la accompagna.

Di come la ricchezza che verrà prodotta nei prossimi decenni debba nella giusta percentuale far parte anche dei risparmi degli italiani perché che ci piaccia o no, è la crescita della ricchezza che crea benessere, sta a noi cogliere le opportunità che il mondo finanziario ci mette a disposizione.

Se vuoi approfondire il tema Cina, sai come rintracciarmi. Ciao.

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